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AUGUSTO ANTONIO BARBERA CORTE COSTITUZIONALE
Questa volta l'appello al Parlamento di ripristinare il quorum della Consulta è arrivato direttamente dal presidente della Corte costituzionale Augusto Barbera. Intercettato dai cronisti a Montecitorio, dove ha presenziato a un convegno, Barbera ha lanciato l'allarme sul fatto che, se le camere non porranno rimedio all'attuale situazione, a partire da fine anno si rischia una situazione di grave carenza di giudici, visto che oltre a Silvana Sciarra, “scaduta” ormai da un anno, terminerà il mandato di altri tre giudici.
Dato lo stallo ( con tanto di polemiche politiche) che si sta protraendo ormai da mesi, il più alto in grado tra i giudici costituzionali ha ritenuto di intervenire direttamente: «Auspico», ha affermato, «che il Parlamento riesca rapidamente ad eleggere i giudici della Consulta in scadenza perché siamo già in ritardo e corriamo dei rischi di avere un collegio che è sottoposto a un qualunque virus, del raffreddore o dell'influenza». Come è noto, il Parlamento in seduta comune, dopo ben dieci votazioni, non è ancora riuscito a rimpiazzare Sciarra, non avendo mai raggiunto il prescritto quorum di due terzi degli eletti per le prime tre votazioni e tre quinti a partire dalla quarta.
A ottobre, un tentativo di forzatura sul nome di Francesco Saverio Marini, consigliere giuridico di Palazzo Chigi, operato dalla premier Giorgia Meloni, non è andato a buon fine a causa della mancanza dei consensi necessari, e da quel momento la situazione è tornata all'impasse. Il prossimo 21 dicembre, inoltre, scadranno il presidente in carica Barbera e i suoi vice Franco Modugno e Giulio Prosperetti, per i quali è già andata a vuoto una votazione. E' ragionevole ritenere che la situazione potrebbe sbloccarsi quando i quorum per eleggere tutti e quattro i posti vacanti saranno allineati, il che significa che mancano ancora due scrutini. A quel punto, è verosimile che il lotto dei papabili potrà essere composto inserendo nomi in quota maggioranza e opposizione.
Per arrivare prima possibile a questo scenario, domani è stata convocata un'ulteriore votazione a Montecitorio, alle ore 14, che rappresenterà così l'undicesimo scrutinio per sostituire Sciarra e il secondo per Barbera, Modugno e Prosperetti. Quel che appare certo, è che la maggioranza reclamerà per sé due posti, mentre non è ancora chiaro se i due restanti verranno scelti tra un nome in quota opposizione e un tecnico. In questi casi, però, le sorprese sono sempre da considerare, e non sono esclusi blitz che portino più di due nomi alla maggioranza o più di uno alle opposizioni. Quanto ai nomi, per FdI quello di Marini resta ovviamente in campo, assieme a quello del membro laico del Csm Felice Giuffré, ma nel perimetro del centrodestra sono stati fatti anche i nomi del viceministro della Giustizia Francesco Paolo Sisto e del senatore Pierantonio Zanettin, entrambi avvocati e di FI. Sul versante opposizione, tra i nomi graditi al Pd ci sono il costituzionalista Andrea Pertici e il giurista Massimo Luciani, mentre Giuseppe Conte avrebbe fatto circolare i nomi del suo ex- segretario generale a Palazzo Chigi Roberto Chieppa e di Filippo Donati. Come indipendenti, sono già circolati i nominativi, tra gli altri, dell'ex- sottosegretario Roberto Garofoli.
Sul fronte degli appelli ad una rapida elezione del collegio dei giudici costituzionali, ieri è stata la volta dell'Unione Nazionale delle Camere degli Avvocati Tributaristi: «Non possiamo restare indifferenti all’insensibilità del Parlamento verso il problema», si legge nella nota di Uncat, «che non investe solo questioni legate al modo di esprimersi della democrazia politica ma, soprattutto, al modo di ' sentire' il ruolo della Corte Costituzionale, della quale, pertanto, invochiamo la piena e sollecita funzionalità, come avvertito dal Capo dello Stato.
La Corte, infatti, nel caso in cui, scaduti gli altri tre giudici, si trovasse ad operare nel numero di undici, rischierebbe la paralisi ove l’undicesimo componente dovesse non poter essere presente ad una udienza. L’esigenza/ necessità dei partiti che sono rappresentati in Parlamento di condizionare in qualche modo la produzione giurisprudenziale della Corte contrasta, infatti, col senso intimo e profondo di questa somma Istituzione che in sé non è levatrice di una dottrina della Costituzione.
Se non si ha conoscenza né esperienza del lavoro della Corte Costituzionale non si comprenderà mai che, come è stato autorevolmente osservato in passato da presidenti emeriti, quel lavoro è una continua ricerca del punto costituzionale di convergenza delle decisioni. Ignorare questi fondamenti», conclude la nota, «significa far del male alla democrazia, agli operatori del diritto, ai magistrati ed agli avvocati chiamati a confrontarsi con le leggi e ad applicarle».