Presidente Giorgia Meloni, Ministro Carlo Nordio, Presidente Giulia Bongiorno, Relatore Sergio Rastrelli: se non volete ascoltare le opposizioni, ascoltate il Presidente della Repubblica.

E, con lui, ascoltate la voce delle persone carcerate. Della Polizia Penitenziaria. E con loro quella di tutti i Garanti delle persone ristrette, dei Magistrati di Sorveglianza, delle associazioni di volontariato. Della Magistratura minorile, che vi dirà come anche gli istituti per minori stiano scoppiando (soprattutto per i nuovi ingressi di ragazzi, ingressi derivanti dal vostro "decreto Caivano").

Ascoltate la voce dell’avvocatura che in tutta Italia nei giorni scorsi hanno dato vita a iniziative di grande valore civile per dire basta all'angoscia quotidiana dei suicidi in carcere. Leggete il rapporto di Antigone. Le giornate di martedì e mercoledì sono state pesantissime.

Alla Camera avete affossato la proposta di legge a prima firma Giachetti, per un provvedimento di liberazione anticipata speciale certamente migliorabile (nella scorsa legislatura, quando stavo alla Camera, ne ero il secondo firmatario) ma comunque in grado di dare risposte qui e ora al dramma esplosivo del sovraffollamento. Mentre alla Camera facevate questo, al Senato, in Commissione Giustizia, avete detto 235 volte "NO". Duecentotrentacinque "niet" ad altrettanti emendamenti delle opposizioni, che avevano la volontà e l'obiettivo di riempire quel guscio vuoto del vostro decreto, del tutto inadeguato a dare (adesso! Se non ora, quando?) quelle risposte che le carceri e le persone detenute, il personale di polizia penitenziaria richiedono e meritano.

Avete detto no a emendamenti che prevedevano forme di liberazione anticipata speciale, risorse per l'aumento e la formazione del personale, per l'ingresso di psicologi, mediatori culturali. Ad altri che rafforzavano la socialità, il lavoro e la formazione negli istituti, come trattamento teso al recupero e al reinserimento sociale. Avete detto no a emendamenti che rendevano minimamente civile l'affettività in carcere con congiunti e conviventi, il numero delle telefonate alle famiglie.

No a emendamenti per aumentare e rafforzare Case famiglia ed ICAM, per cancellare la barbarie dei bambini dietro le sbarre. Avete girato le spalle a proposte di buon senso, che pur non risolutive dell'emergenza carceri, sarebbero stati segnali, passi in avanti, che avrebbero attenuato problemi, allentato tensioni. Che altro deve accadere perché vi rendiate conto del potenziale esplosivo che risiede nell'inferno delle carceri italiane? Il presidente Mattarella ha levato la sua voce alta e autorevole, umana e rigorosa, citando la drammatica lettera dei detenuti del carcere di Brescia (pubblicata giorni fa da Il Dubbio).

I suicidi si susseguono in modo angosciante. Ieri ho ricevuto una telefonata di una bravissima direttrice di un carcere. Con la voce rotta mi ha raccontato come i detenuti si siano rifiutati di rientrare nelle celle, come forma di protesta per l'inanità della "politica" (anche se, come abbiamo visto anche su questo tema, la "politica" non è tutta uguale). Mi diceva queste cose mentre al carcere di Venezia era ancora in corso l'ennesima rivolta dentro un istituto di pena. Sempre ieri mattina sono stato in visita a Regina Coeli, dove ho toccato con mano l'umana professionalità della Direttrice e del Comandante della Polizia Penitenziaria. Ho parlato con i detenuti. Alcuni esibivano con rabbia un giornale con titoli per loro drammatici, che dicevano come il Parlamento, anche questa volta, deluderà le loro aspettative. Anche quelle minime.

In quel carcere al centro di Roma ci sono oggi quasi milleduecento detenuti. La capienza è della metà e mancano quasi duecento agenti di polizia. I "nuovi giunti", coloro che varcano la soglia del carcere, vengono sistemati, per il sovraffollamento, in spazi adibiti alla formazione. Vengono ridotti, non solo a Regina Coeli, gli spazi dedicati alla socialità. Con tanti altri parlamentari del PD abbiamo toccato con mano, nei giorni scorsi, la pesantissima situazione di carceri come Sollicciano, Torino, Terni, Poggioreale, appunto Brescia e Venezia. Ma potremmo citarne altre decine. Ovunque esiste degrado. Ovunque il trattamento rieducativo è una chimera. Le prescrizioni minime di vivibilità , non rispettando le quali l'Italia è stata sanzionata dalla CEDU con la sentenza Torregiani, sono lontane dall'essere seguite. Diminuisce la sorveglianza dinamica e diminuiscono le ore di apertura delle celle.

Il caldo e l'afa di questo periodo rendono ancora più insopportabile la situazione. Ci sono migliaia di ragazzi tossicodipendenti che non dovrebbero rimanere in carcere ma essere curati in comunità. E troppi detenuti psichiatrici per i quali le Rems (quelle che ci sono) non hanno spazi né risposte. La rabbia è diffusa. Gesti di autolesionismo dilagano. Così come si moltiplicano le aggressioni agli agenti di polizia. Domenica scorsa, insieme ai parlamentari Cecilia D'Elia e Gianni Cuperlo, siamo stati a Rebibbia, a vivere da vicino l'angoscia di bambini dietro le sbarre.

Quella mattina " Repubbica" aveva denunciato la situazione di uno di questi "Giacomo". Con lui c'erano altri due bambini. Tre bambini carcerati per le responsabilità penali delle madri. Storie e condizioni sociali e giudiziarie pesanti, difficili... Ma, una volta di più, siamo usciti con la convinzione profonda che quei bambini di due anni, due anni e sei mesi, di nove mesi, non possono, non debbono stare dentro una prigione per responsabilità di uno dei genitori.

Presidente Meloni, Ministro, relatori: se non ora, quando? Non posso pensare che la vostra sia una scelta cinica legata a volontà politica, a una egemonia - dalle vostre parti - di quella subcultura del "buttiamo via la chiave" e del "lasciamoli marcire in galera", in quelle discariche sociali che sono le prigioni italiane. Allora andate davvero, in queste ore, in questi giorni, dentro queste prigioni. Condividete con chi vive lì dentro, o perché costretto o perché lì lavora.

Forse capirete che trattare persone che hanno sbagliato come persone da recuperare e non come scarti umani non è solo giusto umanamente. Non è solo doveroso costituzionalmente. È anche importante per la sicurezza della società: chi esce da una pena rieducato e reinserito, non torna a commettere reati. La prossima settimana, in aula, riproporremo tutte queste cose ed altre. Avete l'occasione per ripensare e cambiare il vostro atteggiamento di chiusura. Cieca e irresponsabile.