«Non ho rivelato alcun segreto e svolgo il mio ruolo di parlamentare nell'esclusivo interesse dei cittadini e delle cittadine e dell'accertamento della verità». Così si difende Stefania Ascari, la componente “contiana” della commissione parlamentare Antimafia, dalla notizia pubblicata da Felice Manti de Il Giornale. E si difende addirittura dando praticamente dell’ingenuo a Michele Santoro che si sarebbe fatto fuorviare dall’ex pentito Maurizio Avola. Eppure, evidentemente, la parlamentare del Movimento 5Stelle non ha ben compreso la lettera dettagliata di Santoro stesso, dove cercava di farle capire che la verità dei fatti sono completamente diverse dalle domande che lei stessa le pose in audizione, rilevando, di fatto, alcuni punti espressi dall’avvocato Fabio Repici in audizione, voluta segreta proprio da quest’ultimo.

Stefania Ascari ha dichiarato, dipingendosi come una vittima: «Chi, come me, vuole lavorare per portare a termine inchieste importanti al servizio della verità viene regolarmente bloccato e delegittimato». Tuttavia, fino a prova contraria, la delegittimazione sistematica ha colpito prima di tutto la presidente Chiara Colosimo e, successivamente, chiunque metta in luce fatti che contrastano ipotesi e congetture. Il perseguimento della verità è senza dubbio uno scopo nobile, ma non può essere confuso con supposizioni o con la confusione generata da una scarsa conoscenza degli argomenti trattati.

Per fare chiarezza: la denuncia per violazione del segreto era un atto doveroso da parte della presidente della Commissione antimafia. Non ha alcuna rilevanza il fatto che gli atti relativi ad Avola non siano segreti, poiché sono già a disposizione delle parti coinvolte in un procedimento davanti al Gip Santi Bologna di Caltanissetta. La questione centrale riguarda invece la parlamentare pentastellata, che durante l’audizione di Michele Santoro in commissione Antimafia ha divulgato alcune informazioni che l’avvocato Repici aveva riferito in seduta segreta.

La questione diventa ancora più rilevante nel momento in cui la commissaria Ascari ha formulato domande che non corrispondono al vero. Questo aspetto è aggravato dal fatto che l’avvocato Ugo Colonna, legale di Avola, non ha modo di difendersi, poiché l’audizione dell’avvocato Repici – sotto sua richiesta - è stata secretata. Inoltre, non possiamo sapere se la commissaria Ascari abbia riportato con precisione i sospetti o le eventuali accuse avanzate da Repici durante quella seduta. Potrebbe essersi trattato di un malinteso; in tal caso, sarebbe doveroso da parte sua scusarsi con l’avvocato. Il problema resta irrisolto.

L’avvocato Colonna, con una lettera, ha chiesto a Chiara Colosimo di essere convocato dalla Commissione per completare la sua audizione interrotta. La richiesta è diventata ancora più urgente alla luce di quanto avvenuto durante l’audizione di Michele Santoro, quando l’onorevole Ascari gli ha rivolto una serie di domande specifiche. Tra queste, gli è stato chiesto: «Se conoscesse l’imprenditore Sebastiano Buglisi e la Eds Infrastrutture Spa, società che il 20 gennaio 2020 ha assunto il collaboratore di giustizia Maurizio Avola, scarcerato il 10 gennaio 2020; se fosse a conoscenza del fatto che in quella società, dal 1987 al 1990, avessero lavorato Giovanni Rao ed Eugenio Barresi, capi mafia barcellonesi; e, infine, se sapesse se Avola avesse subordinato le sue dichiarazioni rese all’Autorità giudiziaria di Caltanissetta, il 31 gennaio 2020, a condizione di essere assunto presso la società indicata». E sono queste domande che, come vedremo, risultano prive di qualsiasi fondamento. Infatti, sembrano puntare a minare la credibilità di Avola riguardo alle sue note dichiarazioni sulla strage di Via D’Amelio, attualmente oggetto di approfondimento davanti al gip di Caltanissetta, considerando che la procura non ha ritenuto attendibili le sue parole.

Le insinuazioni sollevate dall’onorevole Ascari lasciano intendere che Avola sarebbe ancora favorito da un individuo in combutta con la mafia barcellonese. Tuttavia, questa tesi è smentita dai fatti. Sia l’avvocato Colonna sia l’imprenditore Sebastiano Buglisi hanno inviato una lettera alla commissione Antimafia, corredata di documentazione, per confutare tale ricostruzione. Non esistono elementi che dimostrino che, all’inizio del 2020 o precedentemente, Avola abbia concordato di rilasciare dichiarazioni false sulla strage subordinandole alla sua assunzione presso la Eds Infrastrutture spa. Analogamente, non ci sono prove che colleghino Buglisi o la sua azienda a contesti criminali, mafiosi o di altro tipo.

Il cavaliere Buglisi, oltre a essere un imprenditore rispettato, si è distinto negli ultimi trent’anni per la sua ferma opposizione a ogni forma di estorsione, denunciando episodi di danneggiamento, incendi, furti, minacce e richieste illecite. Queste denunce hanno contribuito all’identificazione e alla condanna di importanti esponenti della mafia dei Nebrodi e del gruppo mafioso barcellonese. La sua impresa, la Eds Infrastrutture spa, è inserita da anni nella “White list”, un certificato di legalità riconosciuto, e gode della massima valutazione possibile nel rating di legalità rilasciato dall’Autorità Garante.

A prescindere dall’infondatezza delle accuse contro Avola, Buglisi e la sua azienda, le affermazioni diffuse dalla componente dell’Antimafia Stefania Ascari rischiano di mettere in pericolo la sicurezza dell’imprenditore. Buglisi, infatti, è stato pubblicamente indicato come colui che avrebbe agevolato l’inserimento lavorativo di Avola, un collaboratore di giustizia che, con le sue accuse, ha portato alla condanna di numerosi affiliati di Cosa nostra, inclusi membri di alto livello. Questo tipo di ricostruzione non solo manca di fondamento, ma ignora il contesto documentato: la richiesta di inserimento lavorativo per Avola risale al 2018, ed è stata presentata per favorire il suo reinserimento sociale dopo venti anni di detenzione, in conformità a quanto previsto dalla legge. Anche l’assunzione di Giovanni Rao ed Eugenio Barresi presso la Eds Infrastrutture spa viene presentata in modo distorto. Al momento del loro impiego, entrambi erano incensurati e non vi erano elementi che potessero collegarli ad attività mafiose. Pertanto, l’accostamento tra queste assunzioni e la presunta connivenza con ambienti criminali risulta privo di qualsiasi riscontro.

La ricerca della verità è uno scopo nobile, ma richiede analisi critica e rigoroso approfondimento. Fidarsi ciecamente delle parole altrui non dovrebbe mai essere un'opzione, soprattutto per chi ricopre ruoli istituzionali come i membri dell’antimafia. Le insinuazioni pubbliche rischiano non solo di danneggiare la reputazione di chi si è concretamente impegnato contro la mafia, ma anche di gettare ombre sulla gestione di informazioni sensibili.

Pur senza attribuire malafede all’onorevole Ascari, appare evidente che un approccio superficiale, anche se involontario, può causare gravi conseguenze. Resta centrale la questione dell’audizione secretata: per questo, l’avvocato Colonna ha richiesto la trascrizione integrale dell’intervento del suo collega Repici e di poter completare la sua testimonianza, interrotta e mai conclusa.