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«Non può dirsi che Sposato Carmelo sia un soggetto che viva abitualmente, anche in parte, con i proventi di attività delittuose, essendo egli imprenditore edile, titolare di imprese del settore, né che egli sia dedito alla commissione di reati». È un epilogo che ribalta completamente le sorti di un imprenditore calabrese, Carmelo Sposato, quello che scrivono i giudici della sezione misure di prevenzione della Corte d’Appello di Reggio Calabria. Gli stessi che poco prima di accogliere le tesi difensive del 50enne di Taurianova (RC) precisano: «Sarebbe oggi arbitraria e non fondata su elementi indiziari significativi ogni affermazione di pericolosità sociale del proposto. Con la diretta conseguenza ulteriore dell’assenza dei presupposti per l’applicazione sia della misura di prevenzione personale sia di quella patrimoniale». Dopo anni di calvario giudiziario, caratterizzati da accuse e sequestri dei beni, la Corte d’Appello accogliendo il ricorso degli avvocati di Sposato restituisce all’uomo anche la dignità.
Una storia nella storia quella di Carmelo Sposato, l’imprenditore edile che dopo la sentenza di primo grado aveva tentato il suicidio per la sofferenza di un iter giudiziario che sembrava lontano dal portare giustizia. La sua odissea inizia il 12 dicembre 2017. All’alba di quel giorno, gli agenti bussano alla sua porta per eseguire un’ordinanza di custodia cautelare: “Terramara Closed”, questo il nome dell’operazione della Dda reggina, ha l’obiettivo di smantellare la cosca Sposato-Tallarida, accusata di controllare appalti pubblici e privati nel settore edilizio attraverso intimidazioni. Le accuse, pesantissime, dipingono Carmelo come un boss, coinvolto in una fitta rete di reati. Gli viene contestato anche un tentativo di estorsione all’allora sindaco di Taurianova «per costringerlo – si legge nelle carte - a porre in essere una concessione pluridecennale a favore delle imprese mafiose degli Sposato per la gestione del cimitero comunale e altri appalti pubblici, di cui meglio in atti, nonché il reato di trasferimento fraudolento di valori in concorso».
Dopo l’arresto, mentre il Tribunale del Riesame di Reggio Calabria nel gennaio 2018 conferma integralmente l’ordinanza cautelare, la Corte di Cassazione invece valuta le prove a carico di Sposato e trovandole insufficienti a sostenere l’accusa rinvia per un nuovo esame. Un primo segnale di speranza arriva nell’autunno del 2018, quando il Riesame annulla l’ordinanza cautelare per mancanza di gravità indiziaria e Sposato può tornare in libertà. Il sollievo per la scarcerazione non significa la fine delle sofferenze giudiziarie. L’imprenditore si dichiara innocente, ma il giudizio di merito di primo grado lo condanna a 15 anni di carcere. Il Tribunale di Palmi accoglie la tesi della Dda, evidenziando come «la posizione imprenditoriale di Sposato Carmelo fosse originata dal nulla, con il rapido conseguimento di importanti incarichi e – scrivono i giudici di primo grado - di lucrosi affari da parte dello stesso».
È di nuovo dicembre. Mancano pochi giorni a Natale 2021 e per effetto della sentenza di primo grado gli agenti della Polizia bussano di nuovo alla sua porta per riportarlo in carcere. Sposato apre e prima di essere portato nella fredda cella chiede di andare in bagno. L’uomo saluta i familiari e in bagno ci va accompagnato dalla disperazione, da quel senso d’ingiustizia che gli blocca la gola e la vita: si taglia le vene. Lo soccorrono i poliziotti, viene trasportato in ospedale e sottoposto intervento chirurgico ai tendini. È salvo.
L’imprenditore torna in carcere, ma la battaglia legale non si ferma. I suoi avvocati, Antonio Romeo e Guido Contestabile, fanno appello, decisi a dimostrare l’infondatezza delle accuse. Nel febbraio del 2024, arriva la sentenza: la Corte d’Appello di Reggio Calabria, presieduta da Olga Tarzia, accoglie l’appello dei difensori e ribalta la sentenza di primo grado. Carmelo Sposato viene assolto con formula piena, riconoscendo l’insussistenza del fatto. L’assoluzione rappresenta non solo un atto di giustizia per l’uomo, ma anche la rivincita per moglie e figli, costretti a vivere in un limbo per anni, senza alcuna certezza sul futuro.
La sua, però, è una storia nella storia e mentre il processo penale fa il suo corso, la sezione prevenzione del Tribunale reggino decide di applicargli la sorveglianza speciale, confiscandogli tutto il patrimonio, anche quello della moglie. Si torna di nuovo in un’aula di Tribunale, in quella della sezione misure di prevenzione della Corte d’Appello di Reggio Calabria, dove gli avvocati Romeo e Contestabile impugnano la decisione. La battaglia questa volta è sulla contabilità e la difesa di Sposato mette in piedi un pool di tecnici e consulenti composto da Francesco Deraco e Rosamaria Femia, che ricostruiscono l’intera contabilità «ben oltre un ventennio» delle imprese di Sposato. Ogni entrata e uscita è tracciata. «In conclusione vanno accolti gli appelli proposti dal proposto Sposato Carmelo», si legge in una sentenza depositata pochi giorni dal Tribunale di Reggio Calabria, Sezione Misure di prevenzione, che ha rigettato la proposta di applicazione delle misure di prevenzione personale e patrimoniale e restituendo a Sposato e alla sua famiglia tutti i beni patrimoniali e aziendali.