PHOTO
CANDIDATA CON FDI
GIUSEPPE BONACCORSI L’IRA DI FRATELLI D’ITALIA PER LA CANDIDATA “BEFFATA” DALLA PROCURA
GIUSEPPE BONACCORSI
Fin dove può essere teso senza rompersi quel sottile filo che regola i rapporti tra politica e giustizia? L'ultimo caso della guerra tra due poteri dello Stato arriva da Catania dove, tre giorni prima del voto, il 22 settembre, è stata arrestata l'ex assessore alla Cultura Barbara Mirabella, in quota all'ex sindaco meloniano Salvo Pogliese. In quel frangente molti esponenti, seppure con toni pacati, parlarono di giustizia ad orologeria. Ma è quello che è avvenuto dopo, a cinque giorni dal voto, con la scarcerazione della indagata ad aver destato maggiore scalpore. Al punto che in ambienti Fdl e di tutto il centrodestra oggi si parla di clamoroso corto circuito o di malinteso tra gip e procura sulla tempistica del provvedimento, riproponendo il dilemma se sia idoneo che la magistratura debba o no procedere quando non c’è un concreto pericolo di fuga o inquinamento delle prove per di più alla vigilia di una elezione.
Facciamo un passo indietro.
Mirabella viene arrestata con l'accusa di corruzione per aver favorito la concessione di un complesso congressuale pubblico catanese al presidente della società italiana di chirurgia, Francesco Basile ( anche lui raggiunto da una disposizione di sospensione dal lavoro, ma non di arresto come sembra avesse chiesto la procura), dietro compenso a una società a lei collegata. Il gip firma l’arresto che viene effettuato in prossimità della volata finale per il voto, con Mirabella candidata all’Ars nel partito di Meloni. Passano cinque giorni dal voto e Mirabella viene rimessa in libertà. Sulla revoca dei domiciliari il suo difensore, Enrico Trantino - anche lui assessore della ex giunta Pogliese in quota Nello Musumeci - commenta ufficialmente: «A seguito degli esaustivi chiarimenti dell’ex assessore nel corso dell’interrogatorio il gip ha disposto la revoca degli arresti per cessazione delle esigenze cautelari». Trantino da quel momento ha preferito mantenere un profilo bassissimo in vista del procedimento. Ma in un post su Facebook si lascia scappare: «Tutto torna. Ma gli effetti collaterali sono devastanti». E più avanti: «Ps. ( dopo aver letto alcuni commenti). I giudizi sommari non mi piacciono mai. Anche nei confronti di chi prende certe decisioni specie se difficili», che suona anche come un chiaro messaggio rivolto al suo partito per invitare alcuni esponenti ad abbassare i toni.
È quello che accade subito dopo la scarcerazione a rinfocolare le polemiche.
Nulla da obiettare sul provvedimento, avvalorato, secondo la procura, da una lunga serie di intercettazioni, ma tutto da contestare sulla tempistica, fino a spingere il partito a ipotizzare addirittura che l’arresto potrebbe aver danneggiato Fdl nella corsa all’Ars. A tenere alta l’attenzione arrivano le parole del segretario provinciale Fdl, Alberto Cardillo che qualche ora dopo la scarcerazione di Mirabella ha dichiarato: «Cinque giorni dopo cosa è cambiato rispetto a tre giorni prima delle elezioni?».
Aggiungendo: «Nel rispetto della giustizia e del suo corso dicemmo immediatamente che la misura adottata era sproporzionata perché Mirabella non ricopriva alcun ruolo di responsabilità pubblica e non c’era pericolo di fuga, posto che era in pienissima campagna elettorale». Secondo Fdl, alla vigilia del voto Mirabella era accreditata sui 2500- 3000 voti. E oggi, a distanza di poco più di una settimana dal voto, Cardillo rincara: «Sicuramente Barbara se avesse potuto completare la campagna elettorale avrebbe ottenuto maggiori consensi rispetto a quelli che ha ugualmente ottenuto. 800 persone l’hanno votata nonostante quanto accaduto.
Per mille voti non è scattato all’Ars il nostro terzo seggio».