Sembra essere già entrata nel vivo la campagna elettorale per il rinnovo dei vertici dell’Anm. Le elezioni del “parlamentino” sono previste a fine gennaio: seguirà la scelta di presidente, segretario e vicepresidente. Secondo alcune indiscrezioni, i giochi sarebbero ormai chiusi: il segretario di “Magistratura indipendente” Claudio Galoppi dovrebbe essere il nuovo presidente del “sindacato”, in virtù di un accordo con le correnti progressiste di “AreaDg” e “Magistratura democratica”, con “Unicost” fuori dalla partita e la carica di segretario assegnata al gruppo guidato da Giovanni Zaccaro.

Un’ipotesi smentita, però, da fonti della sinistra giudiziaria, secondo le quali invece l’atteggiamento di Galoppi, giudicato troppo indulgente nei confronti dell’Esecutivo, rischierebbe di trasformarsi in un boomerang. Una lettura che si può riassumere così: la magistratura si sente sotto attacco da parte del governo e della maggioranza, tra le riforme approvate, come il ddl penale Nordio, e quelle in cantiere, come la separazione delle carriere e gli interventi sulle intercettazioni. Senza dimenticare le accuse di presunti complotti ai danni di politici sgraditi. Così, secondo questa interpretazione, chi andrà a votare a gennaio potrebbe cercare figure in grado di non scendere a compromessi con il legislatore: circostanza che penalizzerebbe Galoppi.

Le correnti, dunque, a distanza di sicurezza sembrano avere già affilato le armi. I pretesti sono i più vari: dalla nuova circolare sulle nomine fino alla paternità della lotta sindacale per garantire il diritto alla malattia anche per i magistrati, la battaglia si gioca a colpi di comunicati. E allora basta buttare un occhio alle dichiarazioni degli ultimi giorni per comprendere che la partita si preannuncia già molto tesa. Il primo spunto polemico viene dalla “riforma” interna al Csm sulla circolare che disciplina gli incarichi direttivi e semidirettivi. Un’occasione, secondo molti, per guarire le ferite inflitte alla credibilità della magistratura dalle degenerazioni correntizie, figlie del “caso Palamara”, per restaurare l’immagine delle toghe e assicurare alle procure una guida a prova di ricorso al Tar. Un’utopia, forse. O almeno così sembrano dire le stesse toghe.

Le proposte in campo, come anticipato dal Dubbio, sono due: una più radicale, che propone un sistema a punteggi quasi logaritmico, che dunque limita all’osso la discrezionalità, e una proposta più soft, che propone correttivi al sistema attuale, con una distinzione tra indicatori specifici e generali il cui rapporto verrebbe meglio specificato. E mentre Area, Md e Unicost sembrano già schierate in maniera netta per la proposta “rivoluzionaria”, Mi prende le distanze. Criticando anche la scelta di portare all’esterno le proposte, che restituisce una prima geografia del futuro voto, con 13 sì quasi certi per la proposta radicale.

Se per Unicost si tratta di «un’occasione storica», manifestando la propria preferenza per «l’esercizio anticipato della discrezionalità al momento della individuazione dei criteri di scelta», per Mi si tratta di un «grande bluff», tanto da definire le dichiarazioni degli ultimi giorni - ovvero quelle di Unicost, la prima corrente ad esporsi - «proclami propagandistici». Per la presidente Loredana Micciché e il segretario Galoppi, con l’introduzione di punteggi fissi per ogni parametro «un qualsiasi algoritmo potrebbe sostituirsi alla scelta del Csm per designare anche il primo presidente della Corte di Cassazione», un’eventualità non consentita dalla Costituzione. E gli escamotage per aggirare anche questa regola, aggiungono, non mancherebbero.

«È evidente che la graduazione dei punteggi variabili in aggiunta a quelli fissi, attribuiti con il meccanismo “ fino a”, permetterà di alterare la graduatoria in favore del prescelto». Motivo per cui, «sotto le spoglie di un epocale rinnovamento» si nasconderebbe «una discrezionalità senza regole, con il ritorno ad un passato già negativamente sperimentato». Il j’accuse di Mi non ha lasciato indifferente il vicepresidente del Csm Fabio Pinelli, che ha scritto una lettera ai consiglieri esprimendo preoccupazione per la diffusione delle due proposte. Meglio confrontarsi «in Consiglio», ha sottolineato, onde evitare quello che ai suoi occhi appare «un concreto rischio di una impropria interferenza sulle scelte che ciascuno di noi è chiamato ad operare», tale da «condizionare l’attività del Consiglio e le specifiche determinazioni dei singoli Consiglieri» e compromettere «l’immagine di autorevolezza dell’azione consiliare, personalizzando tesi ed opinioni, nutrendo inevitabili protagonismi, alimentando polemiche di parte in una poco commendevole ricerca del consenso».

L’atmosfera, dunque, è tesa. E forse lo scopo reale della lettera di Pinelli è proprio quello di calmare gli animi, per evitare che i lavori del Consiglio vengano “piegati” a logiche di propaganda. Ma un dibattito esterno, per l’indipendente Andrea Mirenda - spettatore delle diatribe tra correnti -, è inevitabile. «I due progetti a confronto» sono stati «giustamente portati all’esterno in assenza di divieti (e ci mancherebbe altro) - ha evidenziato in una mail ai colleghi -. Io appoggerò la scelta per il “sistema dei punteggi”, nell’auspicio (prudentissimo) che ciò possa contrastare, almeno in parte, il Far West del mai cessato nominificio», come dimostra, ha sottolineato, la recente stangata del Tar alla nomina del presidente del Tribunale di Sorveglianza di Roma.

«Basteranno i punteggi ad eliminare la lottizzazione correntizia che premia puntualmente il sodale di turno? - si è chiesto - Temo davvero di no. Il correntismo è capace di farsi un baffo di qualsiasi regola, presente e futura, comunque essa sia formulata». E «senza sorteggio e senza rotazione, possiamo stare tranquilli che non ci sarà alcun Sol dell’Avvenire, alcuna rinascita, alcun vero rinnovamento».

L’altra querelle interna alle correnti è nata sabato scorso, durante un convegno organizzato da Mi sull’AI, quando il ministro Nordio ha annunciato che la disposizione in materia di congedo straordinario per malattia dei magistrati entrerà nella prossima Legge di Bilancio. Il guardasigilli ha ringraziato il segretario Galoppi per avergli sottoposto la questione e ha rivendicato la sua iscrizione ad Mi dal 1976. «Una storica battaglia di Magistratura indipendente», ha scritto poi il gruppo su Facebook. Ne è nato un acceso ping pong, attraverso note ufficiali, tra Mi e Unicost.

Quest’ultima ha rivendicato il fatto che il raggiungimento dell’obiettivo appartenga invece «all’Anm tutta» e ha stigmatizzato una presunta trattativa separata tra i vertici di Mi con via Arenula che avrebbe come contropartita un «impegno ad una maggiore accondiscendenza rispetto alle riforme costituzionali in cantiere» da parte di Mi per inseguire «presunti ritorni elettorali». Accusa «diffamatoria», è stata la reazione della corrente conservatrice. Insomma, il clima è infuocato. E la strada fino alle urne ancora lunga.