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Il ministro della Giustizia Carlo Nordio e il presidente dell'Anm, Giuseppe Santalucia
Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, intervenendo a Cinque Minuti su Rai1, ha ribadito la necessità di separare le carriere tra magistrati giudicanti e pubblici ministeri. Nordio ha dichiarato: «Il pubblico ministero è una parte, mentre il giudice deve essere terzo, imparziale e apparire tale. Più un giudice parla, più rischia di compromettere questa apparenza di imparzialità. Meno parla, meglio è».
Il ministro ha inoltre anticipato che la riforma potrebbe avanzare rapidamente: «Conto di vedere un primo passaggio entro febbraio, con l’approvazione definitiva entro l’estate. Se non ci sarà una maggioranza qualificata, si procederà a un referendum. Su una materia così delicata, è giusto che siano gli italiani a decidere».
Posizioni divergenti con l’Anm
Le affermazioni di Nordio hanno suscitato la reazione del presidente dell’Associazione Nazionale Magistrati, Giuseppe Santalucia, che ha espresso il proprio disaccordo durante un convegno a Messina. Santalucia ha replicato: «I magistrati appaiono imparziali, ma esercitare il diritto di parola su temi di rilevanza pubblica, come una riforma o una legge, è un diritto riconosciuto anche dalla Corte costituzionale».
Secondo Santalucia, il silenzio imposto ai giudici sarebbe una regressione: «L’imparzialità non deve diventare il pretesto per mettere i magistrati ai margini del dibattito pubblico. Questa caratteristica apparteneva al periodo pre-costituzionale, ma oggi i magistrati hanno il diritto e il dovere di intervenire con sobrietà e argomentazioni solide».
Il referendum come prospettiva concreta
Nordio ha sottolineato che, in caso di mancata approvazione parlamentare, il referendum rappresenterebbe una soluzione auspicabile. Anche su questo punto Santalucia ha espresso dubbi: «I cittadini dovranno scegliere tra l’attuale equilibrio costituzionale, che ha garantito un bilanciamento dei poteri dello Stato, e un nuovo assetto che rischia di alterare questa armonia».
La separazione delle carriere, secondo il presidente dell’Anm, potrebbe indebolire il sistema giudiziario italiano: «La nostra Costituzione, dal 1948, ha permesso alla magistratura di essere un pilastro della democrazia nei momenti più difficili del Paese».
Un dibattito che coinvolge anche l’Europa
Nordio, durante l’intervista, ha sottolineato la coerenza della riforma con le politiche governative: «Domani incontrerò Eurojust e la Corte europea dei crimini internazionali per avviare un dialogo su problemi comuni con i colleghi europei».
La necessità di armonizzare le politiche giudiziarie a livello europeo è stata uno dei temi centrali del suo intervento: «È fondamentale definire un indirizzo politico e normativo omogeneo per affrontare sfide che non sono più solo italiane ma europee».
Decreto Paesi sicuri, no alle Corti d’Appello
La proposta di attribuire alle Corti d'Appello, anziché alle sezioni specializzate dei tribunali, la competenza sulle convalide dei trattenimenti dei migranti è definita «sostanzialmente irragionevole» dal Presidente dell'Anm, Giuseppe Santalucia. Intervenendo a Messina, Santalucia ha sottolineato come questa scelta rappresenti un tentativo di mettere «all'angolo» le sezioni specializzate.
Il ministro della Giustizia, Carlo Nordio, ha replicato che i giudici delle Corti d'Appello, per esperienza, sarebbero «presumibilmente ancora più garantisti». Tuttavia, i 26 presidenti delle Corti d'Appello italiane, in una lettera indirizzata alle alte cariche dello Stato, hanno espresso forte preoccupazione, definendo l’iniziativa un «disastro annunciato». Temono che questa modifica possa compromettere gli obiettivi del PNRR e aggravare l’arretrato dei processi.
Santalucia ha evidenziato che, dal 2017, le sezioni specializzate hanno gestito con competenza la materia, garantendo un esame approfondito dei diritti dei migranti. L’introduzione dell’appello sulle convalide, prevista dal decreto legge flussi, è accompagnata da emendamenti contraddittori che generano confusione. Secondo il Presidente dell’Anm, questa riforma non tiene conto né delle risorse né della preparazione necessaria delle Corti d’Appello.