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Come si comporta una vittima di violenza domestica? Quali gesti, quali espressioni, quali parole sono considerati coerenti con gli abusi subiti, quando bisogna raccontarli? Una vittima al di sopra di ogni sospetto non ride, ma neanche si dispera. Ci vuole sincero dolore ma anche moderazione per convincere il pubblico, e le “smorfie” esibite da Amber Heard nel processo contro Johnny Depp di certo non rientrano nel catalogo stilato dagli spettatori del web, che poi sono diventati anche componenti “speciali” della giuria. Lo si capisce benissimo dalla docuserie in tre puntate arrivata su Netflix un paio di mesi fa, a distanza di un anno dal “processo del secolo”, forse il più seguito negli Usa dai tempi di O.J. Simpson.
In molti, e da ogni parte del mondo, sono entrati in aula attraverso le telecamere durante i sei mesi di udienze culminate nel verdetto del giugno 2022. L’attesa della sentenza, per un intero week end, ha tenuto l’America col fiato sospeso. E anche dopo, quando i giochi ormai erano fatti, le tifoserie non hanno mai abbondato il campo: qualcuno, e a dire il verso la maggior parte delle persone, ha esultato per la sconfitta di Amber Heard; altri hanno puntato il dito contro un sistema legale che mette a tacere le vittime che osano sfidare il potere. In questo caso il potere mediatico di una star del cinema, Johnny Depp, che ha chiesto di riabilitare in tribunale la propria reputazione.
Ora, che la battaglia legale tra i due attori fosse più vicina a uno show è stato chiaro da subito. Ma riguardare il processo dalla prospettiva offerta da Netflix dà le vertigini: non soltanto per quella miscela letale che ha reso il caso il modello perfetto di giustizia spettacolo, ma anche per gli effetti che una “banale” causa per diffamazione sembra aver avuto sulla società.
L’epilogo è noto: Amber Heard è stata condannata per diffamazione dalla giuria del tribunale di Fairfax, in Virginia, per un editoriale del 2018 pubblicato sul Washington Post con il titolo “Mi sono esposta contro la violenza sessuale e ho affrontato l’ira della nostra cultura”. Nell’articolo l’attrice non cita mai l’ex marito, ma si definisce come un «personaggio pubblico che rappresenta gli abusi domestici». I giurati hanno ritenuto che il riferimento a Johnny Depp fosse evidente, oltre che diffamatorio, perché di quelle violenze non ci sono prove. Il danno è quantificato nella cifra di 15 milioni di dollari. Al contempo la giuria ha riconosciuto un risarcimento di 2 milioni di dollari a Heard, perché vittima a sua volta di diffamazione. Per l’avvocata-eroina di Depp, Camille Vasquez, in ballo c’è il buon nome del suo cliente, contro il quale l’attrice ha messo in scena “la migliore interpretazione della sua vita”. Per Heard, invece, la sua sconfitta è la sconfitta di tutte le donne.
I due alla fine hanno patteggiato. La star dei Pirati dei Caraibi si è ripreso il suo posto sul set, dopo esserne stato brutalmente escluso nel 2016. Il matrimonio allora era già finito, dopo appena 15 mesi, il movimento MeToo sarebbe esploso di lì a poco. Amber Heard ne diventa il simbolo, uno fra i tanti: la prima foto del suo volto tumefatto è uno choc per tutti. L’opinione pubblica si schiera con l’attrice, Hollywood cancella Depp con un tratto di penna. Qualche fan però non si arrende, vuole vederci chiaro. Comincia la macchina del fango.
Con il processo la vita coniugale dei due finisce in piazza insieme ad ogni dettaglio intimo e agghiacciante emerso dalle prove delle rispettive difese. Ci sono i video, le registrazioni vocali, gli sms con gli amici, le testimonianze di collaboratori e familiari. Tutto finisce in pasto a TikTok, comprese le dichiarazioni alla sbarra di Amber Heard, manipolate e rilanciate sui social come arma di umiliazione. La disinformazione intorno al caso è senza precedenti, come lo è l’interesse in rete di chi commenta passo dopo passo il processo. Su Tik Tok l’hashtag #justiceforjohnnydepp raccoglie 20 miliardi di visualizzazioni, #justiceforamberheard “appena” 77.5 milioni. La domanda a cui la Corte è chiamata a rispondere - “può Amber Heard definirsi una vittima di violenza domestica?” - non ha più alcun valore. In ballo c’è molto di più, e il pubblico ha deciso: l’attrice ha preso in giro tutti - fan, femministe, vittime di violenza domestica. La vera vittima è Johnny Depp, ma la vittima siamo anche noi - è il ragionamento - perché abbiamo creduto a questa manipolatrice seriale e violenta, e ora dobbiamo anche pagare il conto di una falsa denuncia.
Subito dopo il verdetto un gruppo di sostenitrici di Heard pubblica una lettera aperta per prendere le distanze dall’attrice, che con il suo piano diabolico avrebbe ingannato e danneggiato l’intero movimento.
In quello stesso giorno è morto il MeToo, scrive Michelle Goldberg sul New York Times: «L’attrice instabile - che a volte era violenta nei confronti di Depp, e che non ha mai mantenuto la promessa di dare in beneficenza l’intera cifra ottenuta dal divorzio - è molto lontana dall’essere la vittima perfetta. Ciò l’ha resa il bersaglio perfetto in reazione al MeToo». Dal Saturday Night Live Chris Rock riadatta lo slogan: “Credi a tutte le donne, tranne che a Amber Heard”. Il movimento ha mangiato la sua creatura infedele, senza mai fare mea culpa.