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“M’aggio ‘ntussecato”: questo avrà detto qualche magistrato napoletano dopo aver sentito o letto le dichiarazioni di Nicola Gratteri in audizione presso la quinta Commissione del Consiglio superiore della magistratura davanti alla quale si è presentato per aspirare a divenire procuratore del capoluogo partenopeo.
Sembra, infatti, che in procura di Napoli non tutti i magistrati stiano preparando un benvenuto caloroso all’attuale procuratore di Catanzaro, qualora domani fosse confermata la sua nomina. Fonti autorevoli della magistratura ci partecipano il malcontento e il dispiacere che hanno suscitato le sue parole al Csm.
Gratteri ha fatto chiaramente capire che qualora ottenesse il posto non sarebbe solo un capo dell’ufficio ma si calerebbe in altre diverse figure. A partire da un ibrido tra un coach motivatore e uno psicologo: «La procura di Napoli - ha detto - è la più grande d'Italia e ovviamente c'è tanto lavoro. Ci sono tendenzialmente dei magistrati anziani, sostituti di 50-60 anni, ci sono molti che hanno finito la Dda e sono tornati all'ordinaria, quindi sono tendenzialmente depressi». Ma, alcuni si chiedono: «Come fa a costruire un tale ritratto della procura se neanche la conosce? Dovrebbe prima prendere posto - ci dicono - vedere come funzionano realmente le cose e poi giudicare ed eventualmente procedere con dei correttivi».
Invece Gratteri, senza avere alcuna cognizione dell’ufficio, è pronto già ad esportare il modello Catanzaro a Napoli: «Io a Catanzaro ogni mattina arrivo in ufficio alle 8,10 e alle 8,30 i colleghi vengono a prendere il caffè da me e facciamo riunioni, possiamo parlare di cose poco importanti o di cose importanti. Se capisco che qualcuno ha un problema lo richiamo e discutiamo del suo problema, sia che possa riguardare l'ufficio sia che riguardi la vita privata». Insomma, un capo ma anche un padre a cui chiedere consiglio per i problemi casalinghi. Inoltre, ha sostenuto, a Catanzaro «giro nelle stanze e vado a trovare i magistrati, a trovare gli impiegati, a vedere cosa fanno e a ognuno faccio la tac, la risonanza magnetica per capire cosa sta facendo, se sta lavorando o non sta lavorando. Se non lavorano li chiamo, gli parlo oppure chiedo direttamente “Signora, cosa sta facendo?”, oppure al collega “Come mai non sei in ufficio? Sono le 10, non ti ho visto, ci sono problemi? Sei di turno? Sei in udienza?”. Solo in questo modo riesco ad avere il controllo dell'ufficio e io questo lo voglio fare anche a Napoli».
In realtà, da quanto appreso, la procura di Napoli non sarebbe affatto afflitta da fenomeni depressivi, «anzi sarebbe più attiva che mai nella lotta alla criminalità organizzata». Come emerge dal bilancio sociale 2020-2021, elaborato quando c’era Giovanni Melillo, ora al vertice della Procura nazionale antimafia, l’indice di ricambio che «rappresenta una dimensione rilevante per valutare il dinamismo dell’azione della Procura» e «mette in rapporto il numero di procedimenti definiti con il numero di nuovi procedimenti iscritti nella stessa annualità» aveva «un indice superiore al 100%» il che «dimostra la capacità di definire un numero di procedimenti maggiore del numero di notizie di reato iscritte nello stesso periodo, e quindi di non generare arretrato».
Il bilancio ha mostrato anche «la velocità di smaltimento dell’arretrato, più elevata tra i procedimenti verso ignoti nel biennio considerato (75,3% nel 2020 e 77,3% nel 2021) rispetto a quelli verso autori noti (66,8% nel 2020 e 67,3% nel 2021) evidenziando, in entrambi i casi, un miglioramento della capacità di assorbimento dei fascicoli». Dunque né inquirenti depressi né scansafatiche. Eppure Gratteri è convinto che occorra fare di più e meglio. Questo scenario da lui delineato e profetizzato per un eventuale futuro da alto dirigente sembra aver «offeso e irritato» non poco i colleghi della procura partenopea, che non si ritrovano affatto nelle descrizioni di Gratteri, anzi il contrario.
Ad esempio, il ruolo all’interno della Dda è a termine nella stessa procura, quindi è fisiologico poi tornare a svolgere funzione di magistrato ordinario. E questo, ci spiegano sempre le nostre fonti, non significa dover essere degradati. Inoltre se molti hanno scelto di non far carriera, che avrebbe comportato lasciare Napoli, è perché probabilmente hanno fatto una scelta di vita: continuare a vivere nella loro città, la cui vivibilità sta migliorando, hanno deciso di non sradicare le proprie famiglie. Tuttavia questo non vuol dire che siano meno volenterosi e entusiasti del lavoro.
Invece Gratteri mostra la sua ossessione per la Dda: «Al ragazzo o alla collega di un anno o due anni di servizio cointesto anche fascicoli di Dda o fascicoli di misure di prevenzione, così loro sentono l'odore della Dda, sono stimolati, eccitati a poter accedere presto alla Dda. Solo in questo modo si motivano. Se io tengo il sostituto per cinque anni a occuparsi di balconi abusivi, quello non si affeziona all'ufficio, pensa che il pomeriggio alle tre deve andare in palestra, pensa che alle due deve andare a fare canottaggio. Invece io gli do qualcosa, gli faccio capire che è importante, che tutti sono importanti, faccio fare le contestazioni in dibattimento anche a ragazzi che hanno due anni di servizio e ci sono ragazzi che hanno due-tre anni di servizio e hanno anche dieci cointestazioni di Dda». Dicendo queste parole, per alcuni, «Gratteri creerebbe una gerarchia all’interno della procura tra magistrati requirenti di serie A, di serie B, di serie C e questo non è affatto opportuno». Questi mugugni fanno pensare che qualora Gratteri arrivasse a Napoli non si escluderebbero affatto scintille. Il Csm che deciderà ne è consapevole?