«Io sono stato vittima e testimone di queste atrocità, orrori che ho già raccontato alla Corte penale internazionale ma il Governo italiano mi ha reso vittima una seconda volta, vanificando la possibilità di ottenere giustizia sia per tutte le persone, come me, sopravvissute alle sue violenze, sia per coloro che ha ucciso sia per coloro che continueranno a subire torture e abusi per sua mano o sotto il suo comando». Così Lam Magok, vittima e testimone delle torture del comandante della polizia giudiziaria libica Osama Almasri, che ha presentato, tramite l'avvocato Francesco Romeo, una denuncia contro il Governo italiano.

«Una possibilità che - prosegue Lam - era diventata concreta grazie al mandato d'arresto della Corte penale internazionale e che l'Italia mi ha sottratto. Faccio questo - conclude Lam - nella convinzione che l'Italia si possa ancora definire uno Stato di diritto, dove la legge è uguale per tutti, senza subire sospensioni o eccezioni, e dove le persone definite pericolose a causa dei crimini commessi vengano consegnate alla giustizia e non ricondotte comodamente nel luogo dove hanno commesso e continueranno a commettere atrocità. Il silenzio del ministro Nordio - commenta ancora Lam Magok - è stato chiaramente funzionale alla liberazione di Almasri».

Nella denuncia di Lam Magok, ospite di una struttura di Baobab Experience, si ipotizza il reato di favoreggiamento. E si sottolinea come «l'inerzia del ministro della Giustizia, il quale avrebbe potuto e dovuto chiedere la custodia cautelare del criminale ricercato dalla Corte penale internazionale, e il decreto di espulsione firmato dal ministro dell'Interno, con l'immediata predisposizione del volo di Stato per ricondurre il ricercato in Libia, hanno consentito ad Almasri di sottrarsi all'arresto e di ritornare impunemente nel suo Paese di origine, impedendo così la celebrazione del processo a suo carico».

«Esiste un comunicato ufficiale della Corte penale internazionale del 22 gennaio 2025 che - secondo il legale Francesco Romeo – dimostra che le autorità italiane erano state non solo opportunamente informate dell'operatività del mandato di arresto, ma anche coinvolte in una precedente attività di consultazione preventiva e coordinamento volta proprio a garantire l'adeguata ricezione della richiesta della Corte e la sua attuazione. In quello stesso comunicato si riporta inoltre che le autorità italiane hanno chiesto espressamente alla Corte penale internazionale di non commentare pubblicamente l'arresto di Almasri, dimostrando, quindi, di esserne a conoscenza».