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MICHELE AINIS - COSTITUZIONALISTA E SCRITTORE
«Io non devo anticipare le sentenze dei giudici: quel che posso dire è che il nostro tempo è diventato più crudo ed è un tempo di crisi del diritto internazionale. Ebbene, questa crisi non va assecondata né giustificata». Parola del costituzionalista Michele Ainis, che non si sbilancia sulla sentenza prevista per oggi del processo Open Arms contro Matteo Salvini ma, aggiunge, «un atto politico non è svincolato dal rispetto delle leggi».
Professor Ainis, tra poche ore arriverà la sentenza sul caso Open Arms che vede protagonista Matteo Salvini: come si concilia il diritto internazionale con quella che l’allora ministro dell’Interno chiamava «difesa dei confini»?
Innanzitutto occorre dire che il diritto internazionale è ormai diritto nazionale, perché ci sono due norme della nostra Costituzione che ne affermano l’incorporazione nel diritto interno. Sono da un lato l’articolo 10 che scrissero i costituenti e cioè che l’ordinamento giuridico italiano si conforma alle norme del diritto internazionale, genericamente riconosciuto, che significa anche quello consuetudinario. Dall’altro c’è la norma che è stata aggiunta nel 2001 con la riforma del titolo V nel quale, articolo 117, si dice che le leggi dello Stato e delle regioni devono rispettare non solo la Costituzione ma anche gli obblighi internazionali.
Tra questi c’è il soccorso in mare, che l’Italia ha sempre effettuato anche se poi si contesta a Salvini il sequestro di persona per le decine di migranti rimasti sulla Open Arms per giorni: che ne pensa?
Qui c’è in gioco un principio molto antico che è il diritto naturale, il quale è diverso da quello positivo cioè scandito da norme scritte. Il diritto naturale riguarda ciò che si ritiene dover essere rispettato per la natura stessa dell’uomo. E cioè l’obbligo di soccorrere naufraghi e profughi in mare. E riguarda anche il valore essenziale primario della vita, della salute e della libertà degli essere umani. Quindi il soccorso alle imbarcazioni in difficoltà in mare è sempre stato praticato. Lo è a maggior ragione oggi perché è trasposto in vari documenti internazionali.
Cioè?
Beh, basti pensare alla convenzione di Ginevra, che abbiamo ratificato nel 1954, e altri più recenti come la convenzione di Amburgo su ricerca e soccorso in mare ratificata nel 1989 o la convenzione sul diritto del mare ratificata nel 1994 e la stessa carta dei diritti fondamentali dell’Ue. Insomma, ci sono una pioggia di atti normativi che vincolano ciascuno Stato, e quindi anche l’Italia, a rispettarli.
E sul sequestro di persona? Salvini ne parla come di un atto politico…
È come se un ministro in carica, Salvini o chi per lui, decidesse che lei non può uscire di casa per un mese. Può farlo, poi saranno i giudici a valutare se si tratta di un atto politico. Ma anche se così fosse, un atto politico non è svincolato dal rispetto delle leggi. I giudici di Palermo ritengono si sia trattato di un atto amministrativo ed è stata documentata la contrarietà del presidente del Consiglio dell’epoca, cioè Giuseppe Conte, rispetto alla decisione di un suo ministro e quindi c’è responsabilità individuale. Detto ciò, io non devo anticipare le sentenze dei giudici. Quel che posso dire è che il nostro tempo è diventato più crudo ed è un tempo di crisi del diritto internazionale. Ebbene, questa crisi non va assecondata né giustificata.
Pensa che la sentenza di oggi potrebbe avere ripercussioni sulla futura gestione dei migranti in Italia e in Europa?
Certamente avrà un effetto di inasprimento, ammesso che ce ne fosse bisogno, delle tensioni tra politica e giustizia. Noi viviamo nel tempo della paura, per la crisi climatica, per le guerre, e anche per i fenomeni migratori, perché quando questi sono di massa ci fanno sentire in pericolo riguardo alla nostra identità. Questo tempo della paura ha fatto soffiare in tutto il mondo un vento di destra che sta mettendo in forte crisi la democrazia. Se pensiamo ai quattro Stati più potenti del pianeta, due sono autocrazie se non proprio regimi autoritari, cioè Russia e Cina, altri due sono democrazia, cioè India e Usa. Ma negli Usa ha vinto Trump anche cavalcando una continua polemica con il potere giudiziario e promettendo di riformare i muri per respingere i migranti. In India governa Modi che è artefice di politiche discriminatorie e persecutorie verso la minoranza musulmana, che poi sono centinaia di milioni di persone. Tutto questo è negazione dei principi liberali e democratici.
Salvini ne sta facendo una questione politica, e anche il centrosinistra sembra vederla allo stesso modo…
Credo che in questa situazione ci sia anche una responsabilità della sinistra anche italiana. Perché certamente non si può accogliere tutti, bisogna gestire i flussi e la difficoltà ma senza tradire del tutto i principi della democrazia che ci è stata consegnata dai padri costituenti. Il diritto del più forte è un vecchio tema che investe tutta la civiltà giuridica a partire al 700 e il diritto stesso è uno strumento che serve ai deboli, non ai forti. Il principio di eguaglianza sostanziale presente in Costituzione sostanziale cos’è se non un soccorso per i più deboli e una loro difesa? Se si fa una ricognizione delle norme costituzionali si vedrà che molte di queste sono destinate alle categorie deboli, dai disoccupati ai malati, fino ai bambini e agli stessi migranti.