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Aula di un processo
Il futuro lavorativo di circa 6mila precari impiegati nel PNRR Giustizia è appeso a un filo. La Legge di Bilancio 2025, recentemente approvata, ha infatti previsto solo una stabilizzazione parziale del personale assunto per il piano di riforme della giustizia, lasciando migliaia di lavoratori in una situazione di incertezza.
Nonostante le ripetute richieste avanzate dai sindacati e dagli stessi lavoratori, il governo non ha dato risposte esaustive sulla possibilità di garantire la stabilizzazione per tutti. La finanziaria, attualmente in vigore, prevede risorse per la stabilizzazione di 6mila precari, una misura che USB ritiene insufficiente e che lascia fuori una parte significativa del personale attualmente impiegato.
Un braccio di ferro che va avanti da mesi
La questione è stata al centro del dibattito sindacale per mesi. USB e i lavoratori precari del Ministero della Giustizia hanno più volte sollecitato il governo affinché fosse definito un piano di assunzione stabile, attraverso assemblee, scioperi e incontri istituzionali. L'assemblea nazionale del 2 dicembre 2024, che ha visto la partecipazione di rappresentanti dell’amministrazione e di esponenti politici del Parlamento, aveva dato nuovo slancio alla mobilitazione.
A marzo 2024, con il decreto PNRR 4, era stata autorizzata la stabilizzazione del personale, ma le risorse stanziate restano limitate: al momento, i piani finanziari prevedono 6.000 stabilizzazioni, di cui 3.000 inserite nella Legge di Bilancio 2025.
Sciopero nazionale il 31 gennaio 2025
Di fronte a una soluzione ritenuta inadeguata, l’Unione Sindacale di Base (USB) ha deciso di alzare la voce proclamando uno sciopero nazionale per oggi, 31 gennaio 2025. L’astensione dal lavoro coinvolgerà tutti i lavoratori precari del PNRR Giustizia, con manifestazioni nelle principali piazze del Paese per chiedere la stabilizzazione completa del personale.
"Senza stabilizzazione, non c’è giustizia", è lo slogan che accompagnerà la protesta, con l’obiettivo di mantenere alta l’attenzione su una vertenza che riguarda non solo il futuro di migliaia di lavoratori, ma anche il corretto funzionamento del sistema giudiziario italiano.