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La nave Iuventa
Accuse infondate da parte del governo contro Iuventa. Con la conseguenza che nell’udienza preliminare in corso a Trapani, sabato scorso, l’avvocato dello Stato - che rappresenta il ministero dell’Interno e la Presidenza del Consiglio dei ministri nella richiesta di costituzione di parte civile è stato costretto a scusarsi, ammettendo di aver scritto falsità contro la ong.
Tutto è avvenuto quando gli avvocati della difesa hanno presentato una richiesta di esclusione delle parti, sottolineando i molti errori contenuti nell’atto, sia nella forma che nel contenuto. Tanto gravi da spingere i legali a minacciare una controquerela per diffamazione.
L’atto, infatti, conteneva riferimenti a reati per i quali gli imputati non sono stati accusati, tra i quali la presunta appartenenza a un'organizzazione criminale transnazionale. «La costituzione di parte civile nelle parti di cui abbiamo chiesto la cancellazione non ha nulla a che vedere né con il capo d'imputazione né con gli atti di indagine, che sono invece la base fattuale e giuridica da cui deriva la legittimazione a chiedere il risarcimento del danno al ministero dell'Interno - ha commentato l’avvocata Francesca Cancellaro -. Si tratta piuttosto del frutto fantasioso di un “copia incolla” mal concepito, forse tratto da un altro procedimento in cui il governo era precedentemente coinvolto. Una disattenzione nella redazione dell'atto che mostra scarso rispetto per gli imputati e per il tribunale».
Da qui la richiesta di scuse dell’avvocato dello Stato, che si è associato alla richiesta delle difese di cancellare interi passaggi dall’atto. Sulla costituzione di parte civile il giudice si pronuncerà il prossimo 25 febbraio. Il governo ha chiesto di prendere parte al processo per poter ottenere il risarcimento dei danni morali, economici e di immagine. «Tali danni - afferma l’esecutivo nell’atto di costituzione - consistono in pregiudizi di natura patrimoniale, tuttora in corso di quantificazione, riconducibili a tutte le condotte latu sensu riparatorie, e cioè: attività di vigilanza dei confini, attività di rintraccio dei soggetti illegalmente entrati nel territorio nazionale, attività di rimpatrio dei medesimi, nonché, in via generale, utilizzo di mezzi e risorse umane sottratte ad altri compiti istituzionali delle Forze dell’Ordine. (...) Ma sussistono altresì danni all’immagine (...) in quanto dalla condotta illecita degli imputati deriva la lesione di un bene giuridicamente rilevante, ossia il diritto fondamentale al conseguimento, al mantenimento ed al riconoscimento della propria identità come persona giuridica pubblica». Insomma, il governo ha ribadito l’intento di fare la guerra alle ong.
Nel corso dell’udienza, durata 10 ore, si è anche discusso delle interpretazioni, dopo la denuncia delle difese circa la scarsa qualità degli interpreti messi a disposizione. Qualità che nei mesi scorsi ha impedito ad uno dei principali imputati, il capitano Dariush Beigui, di sottoporsi all’interrogatorio da lui stesso richiesto.
Ciò nonostante la difesa avesse sottoposto all’autorità giudiziaria la problematica relativa al diritto dell’assistito di vedersi contestare le accuse in una lingua a lui comprensibile, come garantito dalla Direttiva 2010/ 64/ Ue, diritto già messo a rischio dalla mancata traduzione integrale degli atti del fascicolo: l’unico atto in tedesco messo a disposizione dalla Procura è, infatti, l’informativa riassuntiva di polizia giudiziaria, ma non i numerosi allegati. Proprio per tale motivo, nel corso della precedente udienza, il giudice aveva disposto una perizia, che di fatto ha dato ragione alle difese.
Il perito linguistico del Tribunale, infatti, dopo aver esaminato i video dei tre interrogatori, ha concluso che gli interpreti forniti dalle autorità di indagine non potevano ritenersi idonei, in quanto parti essenziali dell’interrogatorio non potevano essere comprese dall'imputato. La perizia ha dato conto di errori gravi di sintassi, grammatica, soggetto o verbo mancanti, frasi interrotte a metà, tali da non consentire di comprendere il senso, tanto da far concludere il perito interprete che la traduzione orale fornita durante gli interrogatori non fosse comprensibile.
Nonostante questo, il giudice ha respinto l'obiezione dell’avvocato Nicola Canestrini, che aveva chiesto la nullità della richiesta di rinvio a giudizio, affermando che pur essendo stati commessi molti errori questi possano essere considerati «mere irregolarità» che, comunque, «nel contesto complessivo, non incidono in alcun modo sul diritto di difesa dell’indagato e sull’equità del procedimento».
«Prendiamo atto della decisione del Tribunale - ha commentato Canestrini al Dubbio -, le battaglie vanno combattute anche se poi si perdono. Quello che mi stupisce è che il Tribunale sostituisce il suo giudizio a quello di un perito senza conoscere la lingua». «Il tribunale si rifiuta di garantire pienamente il nostro diritto alla difesa - ha sottolineato Kathrin Schmidt, capomissione della Iuventa -, di poter comprendere le accuse contro di noi, di assicurare una partecipazione effettiva e l'equità del processo. Questo accade in un caso che gode di grande attenzione da parte dell'opinione pubblica, per cui è facile immaginare le conseguenze devastanti nei numerosi casi contro persone migranti che invece non godono della nostra visibilità».