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Fughe di notizie «organizzate», vere e proprie fake news, diritto di difesa violato, confessioni estorte. C’è tutto questo nel Qatargate, un mare magnum di violazioni che emerge direttamente dalle carte e che viene confermato dall’intervista rilasciata da Pierre Monville, avvocato di Francesco Giorgi - marito di Eva Kaili ed ex braccio destro di Antonio Panzeri - al quotidiano La Libre.
L’intervista fornisce uno spaccato inquietante della giustizia belga, fondata sulla presunzione di colpevolezza e dove l’onere della prova spetta all’indagato. E nel caso di Giorgi, per convincerlo a “confessare” gli inquirenti usano la figlia come pungolo. Non basta, però, una semplice ammissione di colpevolezza: la richiesta è quella di puntare il dito contro Kaili, che una volta arrestata - pur essendo stata scagionata dagli stessi servizi segreti che non sono riusciti a stabilire un collegamento con la presunta associazione a delinquere - viene ingannata con la falsa notizia di essere stata tradita dal marito.
L’incontro con la figlia
Giorgi rimane chiuso in cella per due settimane, senza mai mettere piede fuori. Non si trova formalmente in isolamento, ma praticamente lo è, dato lo sciopero delle guardie che coincide con il suo arrivo in carcere. Saint Gilles è un vero e proprio inferno: i detenuti possono mangiare una sola volta al giorno e Giorgi rimane con gli stessi vestiti addosso per un mese. Per lui niente tv, per volontà dei secondini, perché «è un corrotto». Quando si trova davanti agli inquirenti decide di autoincolparsi, con lo scopo di dimostrare subito l’innocenza di Kaili. Alla quale, nel frattempo, viene detto che nel caso in cui non confessi la detenzione preventiva potrà durare anche un anno: non c’è nessun limite in Belgio.
Saint Gilles non è un carcere adatto alle visite dei parenti, soprattutto se sono dei bambini. Non ci sono strutture adeguate e così, per consentirgli di vedere sua figlia, a Giorgi viene concessa una “gita” al commissariato di Bruxelles, dove la bambina arriva in compagnia dei nonni. L’incontro dura un’ora. E intanto due poliziotti filmano tutto. Una volta finito l’incontro, Giorgi viene riportato in carcere. E una volta arrivati a Saint Gilles, nella zona priva di telecamere dedicata agli incontri con gli avvocati, viene invitato a confessare e, soprattutto, ad accusare Kaili, altrimenti vedrà crescere la figlia dietro le sbarre.
Giorgi è disperato. E per consentire a Kaili di tornare dalla figlia si dice disposto a rinunciare al braccialetto elettronico, purché lo diano a sua moglie. Quando è il momento di Kaili di trovarsi davanti agli inquirenti, l’interrogatorio inizia però in modo brutale: stiamo trovando una soluzione per dare tua figlia ai servizi sociali, le dicono. Ma lei resiste.
Le incursioni nella strategia difensiva
Ma c’è anche molto altro in quello che le difese stanno ribattezzando “Belgiangate”. Monville parla dopo quella che sembra l’ennesima fuga di notizie scientificamente organizzata per ribaltare la narrazione degli ultimi mesi, durante i quali diversi quotidiani hanno iniziato a far emergere le stranezze dell’inchiesta. A finire sui giornali sono soprattutto gli appunti difensivi. Ovvero la strategia degli avvocati di Giorgi.
«In questa storia i giornalisti hanno preso il posto degli inquirenti - spiega Monville -. Hanno una copia completa del fascicolo. E vediamo, in tutti gli articoli, che ne hanno anche una copia aggiornata. Elementi coperti dal segreto difensivo del mio cliente gli sono stati rubati per essere inseriti nel fascicolo dell'indagine in violazione delle regole procedurali fondamentali». Ad aprile Giorgi chiede di essere ascoltato nuovamente dagli inquirenti. L’appuntamento è per giorno 27, ma il giorno prima l’ex assistente parlamentare cambia idea. Monville, il giorno stabilito, lo accompagna in procura e comunica la decisione. Ma proprio in quel momento gli investigatori stanno perquisendo casa di Giorgi, in assenza di elementi nuovi che giustifichino tale azione. «Abbiamo appreso anche che nell'appartamento di Francesco Giorgi erano stati collocati dei microfoni - aggiunge l’avvocato -. Ciò significa che quando sono andato a trovarlo per parlare con lui in via confidenziale per preparare la sua difesa, siamo stati intercettati. E indovinate cosa? Ebbene, nel corso di questa perquisizione sono state sequestrate le memorie della difesa di Francesco Giorgi. Questo era anche l'unico scopo della manovra: recuperare documenti ultra-confidenziali sui quali il signor Giorgi aveva deciso di non commentare. A parte il fatto che si tratta di documenti riservati che non avrebbero mai dovuto essere sequestrati, abbiamo constatato con stupore che questi elementi sono stati aggiunti al fascicolo dell'indagine senza alcuna ulteriore formalità e senza riferirsi al Presidente dell'Ordine degli Avvocati che avrebbe assolutamente dovuto essere consultato. L'intera strategia di difesa di Francesco Giorgi è stata quindi smascherata ed è ora accessibile a tutti, stampa compresa. Non ha più alcun margine di manovra per potersi difendere secondo le elementari regole del diritto».
Un’assoluta assurdità, commenta Monville: «Nei miei 33 anni da avvocato, non ho mai visto cose del genere. Mai». Monville solleva subito la questione davanti al procuratore, che comunica alla difesa di aver seguito la procedura. Ovvero, di aver mandato tutto al bâtonnier - che rappresenta l’avvocatura all’interno del Palazzo di Giustizia -, chiamato a stabilire se quell’acquisizione sia consentita. Ma tutto finisce nel fascicolo - e poi sui giornali - prima ancora di una risposta. Che non arriva mai. Un fatto assurdo perfino per la giustizia belga, al punto che i vertici dell’avvocatura - secondo quanto trapela - si sarebbero detti «sbalorditi» dalla gravità della situazione.
I soldi in casa
Il punto dolente della vicenda Giorgi-Kaili è la valigia carica di soldi trovata in casa. Soldi, spiega Monville, che stando alle prove «non appartengono al signor Giorgi ma al signor Panzeri che di fatto ha affidato i suoi soldi ai suoi assistenti parlamentari». Giorgi, inoltre, «aveva prestato dei soldi al signor Panzeri qualche anno fa e quest'ultimo ha deciso di restituirglieli, in contanti, a partire dal 2022». Ma la procura, sul punto, non ha fatto alcuna indagine.
«Su questo argomento sulla stampa si trovano solo oscure allusioni. Nessuna verità». Eppure basterebbe affidarsi alle intercettazioni: dai dialoghi tra Panzeri e Giorgi, infatti, emerge chiaramente che è il primo a gestire il tutto. Tant’è che un giorno chiede al suo collaboratore quanti soldi ci sono nella cassaforte. Giorgi, però, risponde che non ne ha idea. E Panzeri lo informa che dovrebbero essere «più di 500 o 600» migliaia di euro.