Secondo il professor Marco Pedrazzi, «quanto è accaduto rappresenta una svolta nella brutalità della guerra»

Il colore della morte è nelle immagini di Bucha. Cielo plumbeo. Alberi brulli. Corpi di persone uccise disseminati qua e là lungo le strade della cittadina dell’oblast di Kiev. C’è pure il corpo esanime di una persona crivellata di colpi mentre si spostava in bicicletta, vicino ad alcuni villini che potrebbero essere quelli di una qualunque cittadina italiana. Ma il simbolo di questo massacro è il corpo di una donna che cercava di sfuggire alle violenze dei soldati dell’Armata russa in ritirata, resisi conto di non riuscire a sfondare nei dintorni della capitale ucraina. Indossava un piumino blu. La sua mano è stata immortalata dalla fotografa Zohra Bensemra della Reuters. La sua femminilità e delicatezza non vengono del tutto cancellate dalla brutalità. Le dita smaltate di rosso spiccano sul terreno ricoperto da alcuni detriti. Una fotografia che ferma un ultimo attimo di esistenza sulla martoriata terra d’Ucraina, che fa i conti con i crimini di guerra e i crimini contro l’umanità. Il team di inquirenti avrà bisogno di tempo per ricostruire ogni aspetto della strage consumatasi domenica. Ne è convinto Marco Pedrazzi, ordinario di Diritto internazionale nell’Università di Milano “Statale”. «Le scene che abbiamo visto - commenta - suscitano orrore. Per identificare i crimini e ancor più per individuare gli autori e i responsabili occorreranno indagini approfondite. Se verrà dimostrato che questi fatti sono ciò che appaiono a prima vista e quali sono riportati nelle cronache, siamo in presenza di condotte che si qualificano sia quali crimini di guerra, in quanto omicidi ed altri atti di violenza commessi contro civili inermi, sia quali crimini contro l’umanità, trattandosi di un attacco contro la popolazione civile, che pare presentare i caratteri della sistematicità e del compimento su vasta scala, integrando l’ipotesi dello sterminio. Ma qualunque conclusione non può che essere rinviata ai processi che, sperabilmente, seguiranno». A questo punto tutti confidano nella giustizia internazionale e negli strumenti legali che potrà presto mettere in campo. «È chiaro – evidenzia l’accademico - che la Corte penale internazionale, nelle indagini che sta svolgendo sugli avvenimenti in Ucraina, non potrà che prestare particolare attenzione ai gravissimi fatti di Bucha. Tra le situazioni verificatesi finora, quanto verificatosi in questa città sembra costituire un fatto chiave, un punto di svolta nella brutalità del conflitto. Non dobbiamo peraltro dimenticare che le giurisdizioni ucraine stanno indagando su questi fatti, che l’Ucraina ha giurisdizione e che la Corte penale internazionale non può intervenire in casi che siano oggetto di indagini o processo davanti a giudici interni, a meno che lo Stato in questione dimostri di non avere la volontà o la capacità di condurre le indagini o il processo in modo genuino». La situazione in Ucraina è comunque in continua evoluzione. «È anche possibile – aggiunge Pedrazzi - che nel prossimo futuro si assista ad una sorta di divisione dei compiti fra giudici interni, non solo ucraini, visto che indagini sono avviate anche in altri Paesi, e giudici internazionali, nel senso che i primi si concentrino su funzionari di rango minore mentre i funzionari di grado più elevato siano lasciati nelle mani della giustizia penale internazionale. Tutto dipenderà, comunque, in primo luogo, dalle azioni che saranno poste in essere dai magistrati interni» . Silvana Arbia, magistrato apprezzato in tutto il mondo e negli anni scorsi Prosecutor del Tribunale penale internazionale per il Ruanda, invita prima di ogni cosa a non farsi travolgere dall’onda emotiva. «Con le atrocità che ho visto in tanti conflitti in varie parti del mondo – afferma -, il mio pensiero e la mia riflessione sono costanti tutti i giorni e tutti i minuti sull’Ucraina, sull’intero popolo ucraino inclusi i fuoriusciti. Non penso però sia giusto né utile alle vittime, strumentalizzare, a fini di impatto mediatico, immagini e scene infernali per scatenare reazioni emotive volatili ed effimere su comuni spettatori per indurli a favorire l’escalation della guerra. Ho già ripetutamente espresso la mia opinione sui crimini internazionali ipotizzabili nel conflitto in atto tra le forze russe e quelle ucraine, e i crimini contro l’umanità e i crimini di guerra da identificare in relazione al conflitto armato internazionale, per quanto concerne gli eventi dal 24 febbraio 2022, mentre per quelli precedenti si può far riferimento anche al conflitto armato a carattere non internazionale. Il genocidio finora non mi pare ipotizzabile. Sulla base delle informazioni che riceviamo, da vagliare attraverso la raccolta di materiali ed elementi di prova che l’Ufficio del Procuratore presso la Cpi sta conducendo in anticipazione della formale apertura delle indagini se autorizzata dalla Pre- trial Chamber assegnataria della situazione Ucraina, non emergono elementi sulla possibile esistenza di crimini commessi con l’intenzione di distruggere in tutto o in parte un gruppo etnico o un gruppo razziale o un gruppo nazionale o un gruppo religioso in quanto tale». Arbia si sofferma sul metodo di lavoro che gli inquirenti adotteranno. «Le immagini di Bucha – rileva - dovrebbero indurre a porre in essere senza ritardo le operazioni atte a dare nomi alle vittime, ai potenziali testimoni, a conservare l’autenticità degli elementi di prova e quant’altro utile per perseguire e punire i responsabili di crimini gravissimi. La responsabilità di tali crimini è non solo di chi li commette, ma anche delle persone in posizione di autorità militare e o civile, rispetto agli esecutori. Ampia giurisprudenza elaborata dai Tribunali penali internazionali ad hoc ci consente di imputare a tali persone la responsabilità di non aver impedito e o di non aver punito gli esecutori. Oltre alla responsabilità delle forze occupanti di proteggere i civili. Sul piano politico e diplomatico Stati Unite e Ue devono impegnarsi a usare tutti i buoni uffici per avvicinare le parti e prevenire, con la cessazione dei combattimenti, ulteriori atrocità. Ma senza ritardo».

CORPI DI UOMINI SENZA VITA, GIACCIONO A TERRA A BUCHA

VADIM GHIRDA