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IL LEADER MOVIMENTISTA: «LUIGI? PATETICO»
«Potrei riavvicinarmi al Movimento, ma ad una condizione, che è l’unica accettabile per i tanti delusi, me per primo, di queste ore: uscissero dal governo e facessero opposizione». Mentre Giuseppe Conte si lecca ancora le ferite per la scissione, Alessandro Di Battista entra a gamba tesa sul dibattito pentastellato e detta le sue condizioni per un eventuale suo ritorno. Anzi, la condizione: la fine dell’esperienza di governo con Draghi. Perché è il momento «delle scelte scomode, difficili e radicali», dice Dibba, intervistato da Tpi. it, il giornale con cui da tempo collabora. Ma il leader più amato dalla base pentastellata, non si limita a chiedere l’addio del M5S all’esecutivo, detta anche i tempi: «Lo strappo andrebbe fatto subito, ora, prima dell’estate. Non può essere una svolta dell’ultima ora, magari poco prima del voto. Mi siederei al tavolo con Conte se uscisse dal governo prima dell’estate. Anche se sedersi non significa rientrare». Ma sedersi al tavolo con Di Battista, per Conte, significherebbe poter contare su un volto ancora popolare per un certo elettorato, su una macchina da campagna elettorale, in grado di contenere l’emorragia di consensi ancora più accentuata dopo la scissione di Di Maio. E propio all’ex compagno di partito e di scampagnate parigine alla corte dei gilet gialli, Di Battista dedica parole al vetriolo: «Quella di Di Maio è stata una conferenza stampa patetica. Lo conosco bene, Luigi non crede a quello che dice», spiega. «Fa questa battaglia per tenersi aperta la prospettiva di una carriera politica. La sua e quella di alcuni, tra quelli che l’hanno seguito, che hanno questa priorità. Oggi lo guida lo spirito di convenienza. Evidentemente per lui conta più la carriera delle idee per cui ha combattuto quando guidava il Movimento». Di Battista è di nuovo in campo, a Conte l’onere di aprirgli il portone di un partito in crisi d’intentità.