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Ventiquattro ore di sciopero: è quanto hanno proclamato le segreterie nazionali di Fim-Fiom-Uilm, insieme alle loro strutture territoriali ed alle rappresentanze sindacali unitarie del gruppo Arcelor ex Ilva, a partire dalle 7 di martedì 9 giugno in tutti gli stabilimenti del gruppo. I tre sindacati dei metalmeccanici ritengono «inaccettabile il piano industriale presentato da Arcelor Mittal al Governo» il 5 giugno scorso, non ancora ufficializzato alle organizzazioni sindacali, contenente esuberi all’interno dei vari siti. Inoltre rivendicano «con forza la piena occupazione, gli investimenti e il risanamento ambientale oggetto dell’accordo sindacale del 6 settembre 2018». Ritengono «ancor più grave che le decisioni dell’azienda si basino su un accordo tra la stessa Arcelor Mittal e il Governo siglato nello scorso mese di marzo ma a tutt’oggi a noi sconosciuto». Lo sciopero coinciderà con l’incontro previsto tra le segreterie nazionali ed il ministro dello Sviluppo economico Stefano Patuanelli. «Non sono accettabili gli esuberi dichiarati intorno alle 3300 unità e una produzione che si assesterebbe intorno ai 6 milioni di tonnellate annue - si legge in una nota di qualche giorno fa della Fim Cisl -. ArcelorMittal avrebbe fatto presente che lo scenario, rispetto all’accordo di marzo, è profondamente cambiato a causa del lockdown. Ottimo alibi per ritardare ancora la ripartenza dell’Afo5 e continuare a smantellare lo stabilimento e a non proseguire le opere ambientali. Nel frattempo, nell’indotto non si pagano stipendi da mesi e in molti casi non arrivano le risorse degli ammortizzatori sociali.L’accordo del 6 settembre 2018 prevedeva zero esuberi e 8 milioni di tonnellate nel 2023. Ora, esuberi, Cassa Integrazione e ritardi negli investimenti e i 10.700 al lavoro nel 2025 sono solo teorici e senza nessuna consistenza. Complimenti a chi ha tolto lo scudo penale dalla scorsa estate e ha dato un ottimo alibi all’azienda per disimpegnarsi».