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Evento Ucpi. Glauco Giostra personifica una grandezza e una delusione. La grandezza degli “Stati generali dell’esecuzione penale”, di cui è stato coordinatore, e la delusione per il nulla di fatto che ne è venuto.
Così, la sua relazione all’evento nazionale dell’Ucpi sul carcere risente di un meditato pessimismo. «Dobbiamo procedere di bolina: sui diritti, e in particolare su un’idea di pena rispettosa della Costituzione, il vento non è favorevole», ricorda.
È molto applaudito, dagli avvocati accorsi all’auditorium del Palazzo di giustizia napoletano, che l’Unione Camere penali presieduta da Gian Domenico Caiazza ha scelto come luogo clou della propria astensione nazionale.
Il convegno dell'Ucpi
Il titolo della manifestazione racchiude quella «frustrazione», come la definisce affettuosamente Caiazza, del professor Giostra: “Emergenza carcere: riportare l’esecuzione penale nella legalità costituzionale”.
Finora si è mancato l’obiettivo. «Aver lasciato incompiute le proposte degli Stati generali è stato un atto di inaudita irresponsabilità politica», dice il presidente dell’Ucpi, con riferimento sia all’attuale che al precedente governo.
Ma la realtà va guardata in faccia. E ha i connotati di una «faglia culturale», dice Giostra: «Da una parte la minoranza, la nostra, che vuole le garanzie, l’inclusione, i limiti al potere, ossia lo Stato di diritto, dall’altra la maggioranza che sceglie l’autocrazia, il populismo».
Una nuova narrazione
Si tratta, secondo il professore della Sapienza, di una «democrazia emotiva». Il punto è che «bisogna accettarlo e cambiare il registro della nostra narrazione».
Come? «Anche noi che vogliamo affermare la legalità costituzionale nell’esecuzione della pena dobbiamo farlo in nome della sicurezza sociale. Dobbiamo ricordare che le misure alternative riducono la recidiva», incalza Giostra, «ed enfatizzare il reato commesso da chi ha scontato la pena in cella fino all’ultimo giorno. La slogancrazia», è la sfida del coordinatore degli Stati generali, «va combattuta con gli stessi mezzi: foto, facebook, spot. Tutto, meno i discorsi da universitari che si rivolgono a chi è già convinto...».
Nella strategia dei “garantisti”, in fondo, non è una rivoluzione.
Proprio Caiazza ne aveva fatto un architrave al congresso delle Camere penali che lo ha eletto a ottobre.
Non esita ad approfittare dell’assist di Giostra: «Dobbiamo bombardare l’opinione pubblica di informazioni su cosa avviene in carcere» .
Il presidente dell’Ucpi cita anche la dirigente radicale Rita Bernardini, intervenuta un attimo prima: «Il buonismo non c’entra, dobbiamo far capire che l’obiettivo è abbattere la recidiva», appunto.
Una tragedia annunciata
“Emergenza carcere” d’altra parte non è uno slogan. Caiazza ricorda: «Siamo all’ultimo tratto di una tragedia annunciata», quella del sovraffollamento, attestato ormai oltre la soglia dei 60mila reclusi, quasi 15mila in più rispetto ai posti effettivamente disponibili.
«Tra poco sarà il principio di realtà a dare le carte, con l’ingigantirsi del disastro», assicura il leader dei penalisti, «e noi non arretreremo di un passo. Anche perché l’attenzione dei media per l’attività dell’Ucpi dimostra il valore della nostra battaglia».
Oltretutto, come spiega proprio Bernardini, «bisogna smetterla di dare per scontato che, tanto, le persone non capiscono le cose... Cominciamo a spiegare che grazie ai tagli lineari della legge Madia, per esempio, gli educatori in carcere sono scesi da quota 1.376, ed erano già pochi, agli attuali effettivi 804. I misfatti vanno conosciuti», insiste la dirigente del Partito radicale, «la nostra democrazia si degrada perché il diritto alla conoscenza è negato».
Un modo paradossale di essere ottimisti? Forse. Come quello interpretato da Riccardo Polidoro, che nell’Unione Camere penali guida l’osservatorio Carcere: «Negli ultimi giorni abbiamo contano almeno una decina di rivolte negli istituti: è un segnale importante, l’esasperazione spinge a gesti che hanno un prezzo alto in termini di trasferimenti e di liberazioni anticipate perdute».
Una scelta non casuale
Napoli, scelta non a caso per la manifestazione di ieri, con Poggioreale è forse l’epicentro di questa tensione.
Ma le verità si possono raccontare anche con la pacatezza di Mauro Palma, presidente dell’Autorità garante dei detenuti, a sua volta applauditissimo: «Tra gli oltre 60mila reclusi attuali ce ne sono 5mila che scontano una pena, non un residuo, inferiore ai 2 anni: mancano interventi per evitare che si arrivi al carcere». Aggiunge il garante: «Oggi ci si concentra solo sul prima del detenuto, sul reato che ha commesso, e invece bisognerebbe focalizzarsi sul dopo».
Semplice. Ma il punto è trasferire il messaggio all’opinione pubblica. Ci si riesce con la “slogancrazia” rovesciata da Giostra.
Combinata con l’esortazione di Ornella Favero, direttrice di Ristretti orizzonti: «Ciascuno di noi, da solo, non può fare molto. Dobbiamo unire le forze, se vogliamo farci sentire».
Sui social battuti dai giustizialisti ma non solo su quelli, evidentemente.