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Doina Matei libera. La donna che è stata condannata a 16 anni per l’omicidio di Vanessa Russo, è libera.
Ha pagato i suoi conti con la giustizia e grazie alla buona condotta ha ottenuto uno sconto di pena.
Una giornata drammatica
Ha comunque passato 12 anni in carcere dopo quella drammatica giornata in cui con un ombrello conficcato nell’occhio aveva ucciso un’altra donna.
Ha 33 anni, è madre di due figli e ora ha un lavoro che svolge con grande dedizione.
Ma il fine pena firmato dal magistrato di sorveglianza di Venezia rischia di non corrispondere alla “sentenza” del processo mediatico.
La foto su facebook
Doina era stata protagonista un paio di anni fa per una foto su facebook che la ritraeva sorridente.
Fu subissata di critiche, ma soprattutto - e questo non è mai accettabile - di insulti, minacce e odio, come se quel sorriso fosse un’offesa per la vittima, come se il lavoro fuori dal carcere non facesse parte della pena.
Senza pietà
L’idea di fondo, per lei come per chiunque debba passare del tempo in carcere, è che ci debba essere una pena aggiuntiva, una punizione che la società decreta senza alcuna pietà.
Per fortuna però lo Stato di diritto esiste ancora e si ispira all’articolo 27 della Costituzione, quando parla di rieducazione del condannato.
La vendetta del processo mediatico
La vicenda di Doina ci racconta quindi questa doppia realtà: da una parte la furia del processo mediatico che non conosce regole se non quelle della vendetta; dall’altra il processo che avviene nei tribunali.
Personaggi positivi
Tra i protagonisti positivi di questa vicenda, che speriamo non provochi nuovi insulti, ci sono l’avvocato di Doina Matei e l’avvocato della famiglia della vittima.
Quest’ultimo ha usato parole che andrebbero scritte a caratteri cubitali: «Le sentenze si rispettano, come si rispetta l'ordinamento penitenziario» è stato infatti il commento di Alberto Feliziani.
«Mi inchino alla giustizia ha sottolineato -, la pena è stata espiata. Resta l'amarezza». Dal canto suo l’avvocato di Doina, Carlo Testa Piccolomini, ha spiegato che la sua assistita ora vuole essere dimenticata. È la richiesta più che comprensibile di una giovane donna che vuole rifarsi una vita. La legge glielo permette, riuscirà il circo mediatico a fare altrettanto?