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E’ sul bisogno “di tornare a pensare con il cuore senza barriere e preconcetti o tabù e senza altro dogma, che sta la ricerca costante del bene. Io appartengo a quegli esseri umani che hanno bisogno di pensare, e sottolineo bisogno: non necessità”. È il messaggio che Vito Mancuso, teologo e filosofo, autore de il libro "Il bisogno di pensare" (edito da Garzanti), ha lanciato a Napoli, alla Biblioteca Nazionale, nel corso di una conversazione con Fabrizio Valletti, il gesuita che lavora a Scampia, e Francesco Mercurio, direttore della Biblioteca. Gli aveva aperto la strada una sollecitazione proprio di Valletti riguardante l’importanza di una visone del mondo improntata “sull’emergentismo” per fare in modo che “anche le pietre non siano inerti”. Per meglio spiegare il concetto, Valletti si era soffermato sull’emergenza educativa sottolineando che “occorre avere la pazienza di capire quello che è giusto e capire come nasce nel cuore dell’uomo il senso della giustizia, passare dal pensiero e trasformarlo in progetto”. Per poi continuare: “Quello che è difficile oggi è uscire dall’atteggiamento di malanimo, di disfattismo e passare invece alla progettualità. Perché un’azione buona richiede impegno e progettualità: é con l’equità che si costruisce. A Scampia c’è una grande compulsione di fronte al male – ha proseguito padre Valletti - per cui molte persone reagiscono, si prestano. Tuttavia la generosità si ferma all’assistenza. Noi dobbiamo costruire progetti affinché le persone manifestino capacità di autonomia, cioè di poter camminare con le gambe proprie. Faccio l’esempio della Scuola Calcio Arci Scampia che lavora molto bene sul territorio suscita un grande fascino nei ragazzi. A questo però si dovrebbe accompagnare un progetto con il quale i ragazzi vengono indirizzati verso un percorso di inserimento lavorativo. La Scuola Calcio fa già molto aggregando tanti ragazzi, oltre 400, l’energia della gioia è possibile solo con la relazione”. Il filosofo e teologo Vito Mancuso ha ascoltato con interesse le parole del religioso. “Parlare nella vostra città - ha spiegato - non è la stessa cosa che parlare altrove. Ho vissuto due anni significativi della mia vita studiando teologia a Napoli. Il Cardinale Maria Martini mi disse ‘Fai due anni accademici fuori da Milano, scegli Roma o Napoli. A Napoli potrai vivere con un importante teologo Bruno Forte. Scegli tu”. Scelsi Napoli. Mi accolse il volto sorridente di Bruno Forte, e studiai anche con Francesco Strofaldi, il teologo laico”. Mancuso ha parlato di bellezza, di sublime, di pensiero che si trasmette gratuitamente. È su questo e su tante altre considerazioni che ha incentrato la sua riflessione dinanzi ad una platea attenta e silenziosa. Ma è anche il fil rouge del suo ultimo lavoro che consegna al lettore un saggio corposo ed intenso, un invito alla riflessione sull’amore, perché l’amore è la forza più potente che c’è, “una guida capace di orientarci in quei momenti in cui siamo chiamati a scegliere se resistere strenuamente oppure arrenderci al flusso dell’esistenza”. Il primo approccio è stato con la bellezza. “Vi invito a contemplare la bellezza e la grazia di questo soffitto, ci troviamo nella Sara Rari della Biblioteca Nazionale. E’ una bellezza che ti pulisce, che consola, è come un Adagio che crea movimenti rasserenanti, l’anima si dilata diventa spaziosa e quando si dilata entra la grazia”. E da qui ha proseguito con una riflessione sull’ambito teologico, sulla giustizia e sul fronte dell’Estetica: “La giustizia che supera la legalità che serve il reo, se la persona capisce diventa grazioso, non è la repressione che pulisce. Ma è il pensiero che nasce che dalla sensazione “aisthesis” in greco, che ha generato la parola estetica, con una concessione della verità. E’ il contatto reale che genera il bello”. Di qui è passato alla riflessione sui nostri tempi. “Siamo nell’epoca delle macchine che noi stessi abbiamo inventato, cosa ci può salvare, ci si domanda? Solo il pensiero, il contatto con la natura. Parlare della Giustizia, conoscere l’antinomia. Lo spirito di animazione, l’emergentismo, vorrei concentrarmi su questa domanda: Chi ero 31 anni fa? Dal punto di vista spirituale, che cosa pensavo realmente? A quale religione appartengo. Per spiritualità intendo particolare disposizione costitutiva che si chiama libertà, carattere, temperamento”. La domanda è se “esiste la libertà a livello di corpo”. La risposta di Mancuso è stata semplice: “Bisogna camminare nei binari prestabiliti, con un corpo determinato che ha carattere e forma”. C’è però un’altra domanda, fondamentale, che occorre porsi: “Dov’è la libertà a livello psichico?” E per rispondere su questo punto, Mancuso ha fatto riferimento al giudice Livatino, ammazzato giovanissimo dalla mafia: “Quando Livatino rifiutò la protezione armata lo fece pensando agli uomini della sua scorta e alle loro famiglie che sarebbero state uccise in caso di agguato. Mise cioè così a disposizione la sua energia di bene. Noi siamo anche capaci di queste azioni di nobiltà”. Si tratta di considerazioni dove è possibile rintracciare i concetti di spirito creativo, di libertà, consapevolezza e responsabilità. “Io vorrei servire con la mia vita – ha sottolineato Mancuso - perché viviamo in un momento di grande pessimismo su noi stessi. Il pensiero deve essere terapeutico: se è sano cura la vita, poiché dentro di noi coabita un coacervo di contraddizioni”. E poi un suggerimento: “Facciamo pendere la bilancia dalla parte positiva, il pensiero è come la colonna sonora della vita. Io sono determinato per il bene della bellezza e perché l’animo umano è capace di vedere e creare attraverso l’etica, l’estetica, la legalità e la giustizia”. Ma come si fa ad afferrare queste categorie concettuali e di azione? Ecco la risposta di Mancuso: “Alimentando una visione filosofica e teologica. La teologia ha bisogno della filosofia per sostenere un dialogo profondo con le altre religioni. Confronto che si sostiene solo se si è disposti a mettersi in gioco. Perciò sono eretico, non mi interessa appartenere ad una scuola, so soltanto che non mentirò mai, voglio custodire la bellezza dell’animo umano. E’ passato il tempo di appartenenza di squadra, sono cadute le ideologie, si gioca ogni volta corpo a corpo”. Qual è la bussola da seguire? “Utilizzando il discernimento. Le virtù cardinali sono: prudenza e cautela, virtù diplomatiche. Fu Platone a parlare delle prime virtù cardinali: la prima è lo sguardo che si posa sul reale, che vede quello che c’è è quello che non c’è; la seconda è la volontà che deve esercitare giustizia, servire l’equità; la terza è la forza è l’impeto; la quarta: sii aperto, non essere intollerante!” E alla fine Vito Mancuso ha letto quella che lui definisce “quasi una lista della spesa” che si trova alla fine del suo libro “Il bisogno di pensare”: “Non vergognarsi di piangere, avere una regola di comportamento, fare esercizi corporei e spirituali, ringraziare la vita. Indignatevi! Ma lo si può fare solo coltivando un’idea di giustizia. Occorre svuotarsi e poi rientrare dentro se’ stessi”. Durante la conversazione, ad un docente che sottolineava che oggi molti ragazzi non hanno “colonne sonore” e che c’è “una crisi di testimonianze forti”, Mancuso ha risposto: “La crisi può essere risolta da una sacra alleanza interdisciplinare, ci deve essere spiritualità ma anche libertà”. Ultima annotazione: “Ai ragazzi di oggi dico: curate il vuoto che è all’origine delle cose, un vuoto che non è un niente! Se abbiamo capacità di fare silenzio diventiamo creativi. Curiamo il pensiero come atto educativo, diceva Giovanni Gentile. Educarci dunque al pensiero e al silenzio. Ripenso all’insegnamento di Carlo Maria Martini: mi educò al silenzio; un silenzio forte”.