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Lo si trova facilmente: digitate su Google “21 giugno, il giorno di Luca Coscioni” e comparirà un video autoprodotto da Maria Antonietta Farina Coscioni, la sua compagna, e dall’Istituto di cui è presidente. E’ stato girato a Porto Santo Stefano, sullo sfondo un cielo e un mare straordinariamente azzurri. Uno scenario di pace e di serenità che Luca Coscioni amava molto, una sorta di “rifugio”, dove affrontare e superare i momenti di grande difficoltà causati dalla malattia che lo aveva colpito, la Sclerosi Laterale. Nel mare di Santo Stefano le ceneri di Luca sono state disperse. Il 20 febbraio di dodici anni fa, la morte. Una mattina solstizio d’estate, il giorno più lungo dell’anno, la “sepoltura” in quel mare che amava tanto: «Un momento di emozione fortissimo, condiviso con le persone che ci sono state vicine», racconta Maria Antonietta.
Cosa vuoi ricordare di quei giorni?
Ho ascoltato mille volte le parole di Marco Pannella quando a “Radio Radicale” ha dato la notizia che Luca era morto: «Ci ha lasciato la forza di combattere. Luca era un leader perché era in prima linea. Era in prima linea ed è caduto. E’ stato ammazzato anche dalla qualità di questo paese, dalla sua oligarchia, che lo corrompe e lo distrugge». Ecco, mi sembrano le parole giuste, necessarie, per quanto dure.
Come è cominciata la vostra storia? Non quella sentimentale, anche quella importante certamente; il vostro impegno politico.
Quando Luca si ammala ha 28 anni. Prima era un vero campione, nel senso vero della parola: appassionato di motocross, maratoneta… docente all’università della Tuscia. Diciamo che mi corteggia in modo originale, ed efficace, visto come poi è andata. Si ammala; e con la malattia ecco che emergono le sue qualità e doti di guerriero; o di leader, come lo definisce Pannella. Era molto esigente e determinato.
Dev’essere stato tremendo, quando gli hanno diagnosticato la Sla.
Certo, non è stato facile. Ci siamo sostenuti a vicenda, e quando mi ha chiesto di sposarlo, non ho esitato un istante, gli ho detto subito sì.
Un leader, hai detto…
Già prima padroneggiava la tecnologia; si è ulteriormente specializzato. Grazie a Internet abbiamo viaggiato praticamente in tutto il mondo, esplorato i siti di altri paesi, allacciato e stretto rapporti con i maggiori esperti, scienziati e ricercatori in Europa e negli Stati Uniti.
Luca a un certo punto non solo ha perso la sua mobilità ma anche la voce… Internet è stato essenziale, insieme a uno dei primi sintetizzatori vocali; vivevamo in provincia, a Orvieto, ma grazie a una tecnologia sofisticata, con software e harware particolari, comunicavamo in tutto il mondo.
E tu? Ti immagino come la sua più preziosa e devota collaboratrice…
Ero io a tradurre i suoni emessi da Luca, che uscivano sempre più lenti; ricordo bene i pregiudizi su possibili errori e incomprensioni delle mie “traduzioni”. Mi chiedevo sempre: perché i traduttori di una lingua straniera sono accettati e riconosciuti, e noi ci troviamo a dover sempre dare garanzie di attendibilità?.
Quando incontrate Pannella e i radicali?
Nel Duemila. Luca legge su un giornale che i radicali hanno deciso di eleggere una parte del loro comitato attraverso elezioni on- line. Grillo non era ancora nato… Tutti possono partecipare a quelle elezioni, e Luca presenta una lista antiproibizionista, per la libertà di ricerca, scientifica e non. Viene eletto. Poi diventa presidente dello stesso comitato.
E Pannella?
Pannella nulla sapeva delle problematiche relative alle malattie gravi e senza scampo come la Sla, ma intuisce subito che occorre dare una dimensione politica a questi temi che in un modo o nell’altro riguardano tutti noi. Ci sono le elezioni, Luca si candida, e grazie a lui cominciano a farsi strada temi e questioni che gli altri partiti non hanno il coraggio di affrontare.
C’è chi dice che Pannella strumentalizzi il dolore e la sofferenza dei malati come Luca… La verità che il contrario: è stato Luca a utilizzare i radicali imponendo le sue battaglie e le sue visioni. Se anche gli altri partiti si fossero dimostrati sensibili e disponibili, Luca li avrebbe utilizzati. La verità è che avevano paura di urtare le sensibilità d’oltretevere, o chissà chi. Quando si stava per siglare un accordo con l’Ulivo di Romano Prodi, giunse il veto: il nome di Luca non doveva comparire. Pannella non accettò quell’odioso ricatto.
Giorno dopo giorno le condizioni di Luca si fanno più gravi.
Sì: il respiro più affannoso, sente che gli manca l’aria. Deve decidere se respirare attaccato a una macchina, oppure no.
Decisione non facile…
Ancora oggi ricordo le telefonate di Marco, anche alle due, alle tre di notte. Parlava a lungo con Luca, lo implorava di fare la tracheotomia. Luca sapeva della totale disponibilità mia e del partito a sostenerlo, aiutarlo. Ne era pienamente consapevole. Il problema che si poneva era se vivere o no attaccato a una macchina. Quante discussioni con Marco, il neurologo, il pneumologo.
Ti va di parlare di quel 20 febbraio?
A dire il vero, no. Però, d’altra parte, è anche bene che si sappia come sono andate le cose. Quella mattina Luca sviene. Un attimo prima riesco a chiedere a Luca se vuole che lo portiamo in ospedale. Dice di no. Sa che probabilmente gli faranno la tracheotomia. Accetta che si chiami il medico, ma non vuole andare in ospedale. Quando arriva il rianimatore gli comunichiamo la volontà di Luca. Tentiamo invano di rianimarlo, lui non riprende conoscenza. Sono stati momenti dolorosissimi. Né io né Marco potevamo imporre a Luca quello che Luca non voleva. Mi è costato un’enorme sofferenza, ma non ho potuto che chinare il capo, e rispettare la sua richiesta.
Sono passati dodici anni. Non pensi che questo paese debba scusarsi, finalmente, con Luca?
Luca ha patito una quantità di ingiustizie e di amarezze. Per esempio quando è stato escluso dal Comitato nazionale di bioetica voluta dall’allora governo Berlusconi. Non eravamo solo noi a volerlo. Luca venne escluso nonostante fosse riuscito a muovere e commuovere tante persone: scienziati, ricercatori, professori. Aveva il sostegno di ben cento premi Nobel, un appello in suo favore venne sottoscritto da più di mille ricercatori di tutto il mondo. Quell’esclusione fece molto soffrire Luca: era convinto di poter dare un contributo importante.
A sinistra le cose non sono andate meglio.
E’ stato continuamente censurato. Non gli è stato permesso di intervenire nella vita politica italiana. In occasione delle elezioni regionali il centro- sinistra rifiutò l’accordo: Pierluigi Castagnetti e Prodi bloccarono tutto perché le liste radicali portavano il nome di Luca.
Una qualità di Luca…
Era cocciuto, determinato. Aveva deciso di fare da cavia, a Torino ha sperimentato l’autotrapianto di cellule staminali. Ha messo tutto se stesso per la lotta di libertà di cura attiva e passiva e per la ricerca scientifica.
Peccato che non ce l’abbia fatta a essere eletto parlamentare.
Il Parlamento ne avrebbe avuto lustro… e certamente avrebbe animato una quantità di problematiche che sembrano interessare poco o nulla la politica politicante.
Grazie a te, comunque un Coscioni c’è, negli atti parlamentari.
Grazie a Pannella, che ha voluto candidarmi e mi ha imposto nella rosa dei radicali che dovevano essere eletti. In nome di Luca e dei tanti Luca ignoti ho cercato di condurre le battaglie che ancora oggi mi vedono impegnata: la tutela dei malati, la conquista di nuovi diritti per loro e le loro famiglie, la libertà di ricerca scientifica contro gli assurdi dogmatismi e divieti che ancora tanti vogliono imporre.
Per questo hai fondato e presiedi l’Istituto Luca Coscioni?
Ci siamo dati un obiettivo, uno scopo: approfondire la ricerca, la riflessione e l’impegno culturale, civile e politico rappresentati dal percorso umano ed esperienziale di Luca. Promuoviamo la riflessione e il dibattito sui rapporti tra scienza, democrazia e partecipazione pubblica; l’obiettivo è favorire il dialogo tra ricercatori, scienziati, operatori del diritto e del mondo dell’informazione e cittadini.
Chiudila tu, come preferisci, questa conversazione… Allora ti dico che ora più che mai è importante parlare delle questioni che riguardano la vita e la morte, la dignità e il rispetto di cui ognuno di noi ha diritto; che ancora la politica ufficiale ha cura di evitarle. Non se ne parla, non se ne discute, non ci si confronta, non ci si scontra. Sui giornali e nelle televisioni, sia pubbliche che private, nessun serio dibattito, nessuna seria informazione, nulla: un deserto.
Di recente sei stata molto vicina a Marina Ripa di Meana.
Un caso da manuale, il suo. Non ce la faceva più. Il tumore la distruggeva, voleva andare in Svizzera e morire in “esilio”. Le ho spiegato che poteva farsi sedare a casa sua, e andarsene serenamente. Non ne sapeva nulla. Prima di morire mi ha affidato un testo che richiama tutti noi alle responsabilità che abbiamo, e di cui non ci si può liberare con una scrollata di spalle. Questa donna esuberante e piena di vita ci ha raccontato quello che ogni giorno accade a tantissime persone: Il passaggio chiave del testo: è questo: “Non sapevo, non conoscevo questa via… che si può percorrere la via italiana delle cure palliative con la sedazione profonda”. Il suo estremo appello: “Fallo sapere, fatelo sapere, che si può tornare alla terra senza inutili, atroci sofferenze”.
Gira gira, sempre al diritto di conoscenza…
Il diritto umano e civile alla conoscenza, per cui si sono battuti fino all’ultimo Pannella e Luca.