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Sulla croisette del primo giorno del 72esimo Festival di Cannes si è riversato tanto sole e tanta tensione carica sia di aspettative per il film di apertura, The Dead don’t die, lo zombie movie di Jim Jarmusch sia del malcontento che per il secondo anno consecutivo caratterizza la stampa internazionale.
Per salvaguardare il diritto dei registi in selezione di godersi la loro “festa” di proiezione del film con tanto di red carpet di sfarzi e consensi, ai giornalisti non è più permesso, come nelle altre kermesse, di vedere i film prima. Il risultato è l’impossibilità di fornire le notizie in tempo reale con i lettori a pagarne le finali conseguenze.
Polemiche a parte, il direttore del Festival Thierry Fremaux, dopo qualche assenza di troppo dell’anno scorso ( chi ricorda l’esclusione di Netflix dal concorso ricorderà anche che tra i film esclusi c’era Roma di Alfonso Cuaron che ha vinto a Venezia ed anche l’Oscar come Miglior film straniero), si è premunito ed assicurato che i grandi nomi ci fossero e non finissero per andare alla concorrente rassegna in laguna.
Per elencarli si può cominciare dall’ultimo annunciato, in forse fino all’ultimo: l’attesissimo C’era una volta a... Hollywood di Quentin Tarantino con Brad Pitt, Leonardo DiCaprio e Margot Robbie. Ed ancora altri habitué del Festival di Cannes a cominciare da Pedro Almodovar con Dolor y Gloria che segna il ritorno di Antonio Banderas più bravo che mai e di Penelope Cruz dopo Gli Amanti Passeggeri
e poi i fratelli Dardenne con Le Jeune Ahmed, Ken Loach con Sorry we missed you, Xavier Dolan con Mathias & Maxime, Terrence Malick con The Hidden Life e Abdellatif Kechiche con Mektoub, my love: Intermezzo.
Per aggiungere quel look dark, psichedelico e insolito alla manifestazione ci pensa sempre Nicolas Winding Refn che questa volta presenta una serie TV, Too Old to Die Young, prodotta da Amazon e che qui si fa portavoce anche di un indiretto messaggio di inclusione di serie e piattaforme in modo da placare le polemiche di chi accusa Cannes di volersi vincolare al passato.
I francesi non possono mancare e il Festival può contare sicuramente sui migliori: Claude Lelouch con Les plus belles années d'une vie con Monica Bellucci, Arnaud Desplechin con
Roubaix, une lumière con la brava Lea Seydoux, Bruno Dumont con Jeanne in selezione nella sezione Un Certain Regard.
Anche se punta al cinema di qualità, quel cinema d’autore che non sempre arriva nelle nostre sale, il Festival di Cannes si alimenta naturalmente del traino delle star popolari, rappresentante da un particolare trio formato da Elton John, protagonista di Rocket Man, film sulla sua vita diretto da Dexter Fletcher, Diego Armando Maradona per Maradona di Asif Kapada e Sylvester Stallone, pronto a farci vedere un’anticipazione su Rambo V.
E gli Italiani sempre tanto presenti e amati? La risposta è che sono un po’ meno numerosi degli altri anni ma molto, molto buoni. A capitanare la squadra italiana il maestro Marco Bellocchio che in concorso porta Il Traditore con Pierfrancesco Favino nei panni di Tommaso Buscetta. Nella rassegna Un Certain Regard l’opera prima di Lorenzo Mattotti, il film di animazione tratto dall’omonimo romanzo di Dino Buzzati, La famosa invasione degli orsi in Sicilia, che vanta la partecipazione “vocale e recitativa” di Toni Servillo, Antonio Albanese e Andrea Camilleri. A portarci indietro nella storia del cinema la sezione Cannes Classics che grazie a Mario Sesti con il documentario Cinecittà- I mestieri del cinema. Bernardo Bertolucci: No End Travelling ed a Enrico Cerasuolo con La passione di Anna Magnani si arricchisce del cinema italiano da cui tanti registi attingono e che ci rende orgogliosi.
E infine, a sigillare la presenza del nostro paese alla kermesse della Costa azzurra, l’italiano più internazionale che c’è: Luca Guadagnino. Nella sezione parallela del Festival, la Quinzaine Des Realizateurs, il regista di Chiamami con il tuo nome, porta The Staggering, un mediometraggio al femminile con Julianne Moore, Marthe Keller, Mia Goth, Kyle MacLachlan e Alba Rohrwacher.
In pieno post # MeToo, il Festival di Cannes l’anno scorso si era impegnato, a favorire la parità di genere all’interno della sua organizzazione partendo dalla selezione fino alle fila degli organizzatori e dei programmatori.
Sono quattro le registe in concorso, otto a Un Certain Regard e tre nelle proiezioni speciali. Distribuita in maniera equa anche la giuria principale con Alejandro Gonzalez Inarritu a presiederla e lo stesso numero di donne e uomini : l’attrice americana Elle fanning, la regista Kelly Reichardt, la nostra Alice Rohrwacher, l’artista Enki Bilal, i registi greco Yorgos Lanthimos, Maimouna N’Diaye e Pawel Pawlikowski. ù Ed è proprio ad Alice Rohrwacher che è andata la domanda, in conferenza di presentazione della giuria, sul problema della disparità di genere. La regista in accurato francese ha risposto: «È inutile chiedere ad un naufrago di spiegare come sia approdato su una spiaggia deserta. Le domande andrebbero fatte a chi ha fabbricato la nave, a chi ha venduto i biglietti. Le cause di alcune condizioni vanno ricercate indietro nel tempo, non si possono certo cambiare in un giorno».
Il succo della questione per la vincitrice del premio alla miglior sceneggiatura con Lazzaro Felice nella scorsa edizione di Cannes è proprio a voler trovare l’origine delle disuguaglianze, all’inizio del processo, ai due pesi e due misure se un regista che propone un progetto è donna o uomo. A combattere una battaglia ancora più importante, il messicano Inarritu che, con la fierezza e la capacità di un artista premio Oscar, ha commentato il dilagare delle ondate populiste e il muro di Trump parlando di conoscenza: «Non sono un politico ma come artista posso dire che il problema sta nell’ignoranza delle persone. Se non si conoscono i fatti, è facile essere manipolati». E con i migliori auspici, l’entusiasmo giovane dello sguardo di Elle Fanning e qualche polemica, il Festival di Cannes numero 72 è giunto già al secondo giorno.