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Bis di Sandro Veronesi al Premio Strega, che vince con 200 voti, piazzandosi davanti a Gianrico Carofiglio, con il romanzo "Il colibrì" (La nave di Teseo). «Sto pensando alla mia famiglia, ai miei figli, a mia moglie, ai miei fratelli. Sto pensando al mio editore, a Elisabetta Sgarbi, a Umberto Eco che è stato così generoso da fondarla questa casa editrice. Sto pensando agli amici che mi hanno sostenuto, che hanno votato il libro. Sto pensando all'uomo nuovo, che poi è una donna. A tutte le persone nuove che ci sono e a tutte le navi in mare» ha detto Veronesi, già vincitore del Premio nel 2006 con "Caos Calmo", diventato un film di Antonello Grimaldi con Nanni Moretti. Veronesi ha voluto dedicare la vittoria a tutte queste cose, in questa edizione memorabile dello Strega, con in corsa una sestina e due titoli Einaudi ex aequo, al Museo Etrusco di Villa Giulia semi deserto, senza il grande pubblico degli anni scorsi. Una ottantina le persone sedute ai tavoli, in una serata bollente che ha visto il ritorno del tavolo della giuria e della mitica lavagna dove si segnano i voti sulla balconata del Ninfeo, come nelle dieci edizioni a partire dal 1953. Di vincere lo Strega due volte era successo finora solo a Paolo Volponi, nel 1965 con "La macchina mondiale" e nel 1991 con "La strada per Roma". «Solo l'amare, solo il conoscere conta, non l'aver amato, non l'aver conosciuto. La gente cambia, le persone cambiano. C'è un paesaggio diverso, nativi digitali che adesso leggono, che hanno un atteggiamento diverso e questo uno lo percepisce anche se qua dentro sembra che il tempo si sia fermato. Non mi ricordo nulla della prima volta, lo leggo sui libri che c'è stata una vittoria» ha sottolineato Veronesi della sua seconda vittoria. È la storia di una vita intera, quella di Marco Carrera, il protagonista del romanzo di Veronesi, colpita un po' più del normale da cose dolorose. Il colibrì scende in modo potente alla radici di quell'energia che annienta e fa rinascere. Ci racconta andando avanti e indietro nel tempo la perdita e l'amore, il destino e le scelte , la ricerca di se stessi, la psicoanalisi, i sogni, i simboli con tante suggestioni e citazioni letterarie. Al centro ci sono la famiglia, con tutte le sue mitologie. Nessuna battaglia con Gianrico Carofiglio, come si pronosticava alla vigilia, che per "La misura del tempo" (Einaudi) in cui troviamo un Guido Guerrieri diverso in un dramma giudiziario e in un romanzo di formazione, ha avuto 132 voti, ed è andato subito a stringere la mano a Veronesi abbracciato da Elisabetta Sgarbi, dalla moglie e da tutti gli amici, tra cui Dori Ghezzi, seduta al tavolo de "La nave di Teseo". Un abbraccio anche con Jonthan Bazzi, citato nel libro di Veronesi, all'ultimo posto della sestina formata con il suo ripescaggio, con 50 voti. E al terzo posto un altro titolo Einaudi, "Almarina", 86 voti, di Valeria Parrella, unica donna nella finale di questa edizione, con la storia dell'incontro tra Elisabetta Maiorano, professoressa di matematica nel carcere minorile di Nisida, vedova senza figli e la sua alunna Almarina, giovane ragazza romena stuprata. E l'ex numero uno di Mondadori Gian Arturo Ferrari è al quarto posto con "Ragazzo italiano", 70 voti, il suo libro d'esordio a 76 anni, in cui mescola vicende reali e inventate in un romanzo di formazione di matrice autobiografica. E al quinto Daniele Mencarelli, con 67 voti, già felice del Premio Strega Giovani 2020, per 'Tutto chiede salvezza" (Mondadori). Ai tavoli del giardino, anche l'assessore alla Cultura e vicesindaco di Roma Luca Bergamo. A presiedere il seggio Antonio Scurati, vincitore del Premio Strega 2020. Su 660 votanti hanno espresso le loro preferenze in 605. «Fa un bell'effetto perché un mese fa non ci saremmo aspettai di fare un evento così. Mi da l'idea di un nuovo inizio con magari più consapevolezza» dice Carofiglio. «Qui si sente che è passata la pandemia ed è giusto si senta perché abbiamo sofferto» sottolinea la Parrella. «Mi sembra più umano. Era davvero una bolgia. Le persone adesso si parlano , niente spintonate. È paradossale vedersi mascherati. C'è una calma strana» commenta la Sgarbi. «Sono più abituato alle cose vuote, da tre mesi. Non mi fa tanta impressione» sottolinea Veronesi.