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Recita nel film già campione di incassi con Paola Cortellesi. Pluricandidata a David di Donatello e Nastri d’Argento, ha vinto un Nastro nel 2014 per Allacciate le Cinture di Ferzan Ozpetek, il regista che l’ha consacrata. Da poco regista di un cortometraggio, Paola Minaccioni combina instancabilmente il suo lavoro al cinema con quello in TV ( l’ultimo programma è stato Be Happy su Rai3), in radio per il Ruggito del Coniglio su Radio 2 e in teatro ( lo scorso inverno in A testa in giù con Emilio Solfrizzi). A tutto questo bel da fare, l’attrice romana aggiunge anche la sua attività di volontariato con Emergency. Mentre la sua Signora Ruggero nel film di Milani mette in scena il peggio dell’Italia presuntuosa e laureata sul web, Paola Minaccioni descrive il lavoro sul film, il suo approccio ai personaggi e rivela i retroscena della sua prima esperienza da regista.
Vive una piccola Signora Ruggero in ognuno di noi?
Io mi sono divertita proprio perché mi hanno offerto un ruolo catartico che sintetizza molte derive che stiamo prendendo noi italiani non riconoscendo più le competenze altrui. L’idea che tutto sia accessibile a tutti è malsana e soprattutto quando si scelgono l’arroganza e la prepotenza per ottenere le cose e dietro questi atteggiamenti non c’è neanche un minimo di preparazione, nascono i mostri. Si pensa che avendo del denaro si abbia il diritto di parlare sempre, di dire la propria, io invece tornerei volentieri al tempo in cui le persone prima di parlare contavano fino a cinque, facevano una valutazione riguardo la propria preparazione sull’argomento trattato e poi eventualmente aprivano bocca. Le persone sono molto lontane da capire cosa in realtà le rende felici e va bene che tentiamo tutti di appartenere a un gruppo perché tutti tendiamo alla comunità però nessuno poi sviluppa i propri desideri, i propri talenti scegliendo quelli che ci comandano le mode.
Quanto c’è del suo lavoro in questo personaggio e come ha lavorato con Milani e Cortellesi?
Intanto ci ho messo le mie origini perché sono di Roma sud, dal quartiere Don Bosco che ormai è un quartiere multietnico, sembra di stare a New York, prova del fatto che le persone sono sempre più avanti di quello che mostrano i giornali o la politica. Nonostante io sia una romanaccia doc è la prima volta che al cinema porto la mia romanità, anche se in una visione negativa. Con Riccardo e Paola ci siamo divertiti tantissimo ad improvvisare e Riccardo mi ha dato carta bianca.
Come tiene in equilibrio le due Paola, quella del cinema d’autore e la caratterista?
Queste due parti sono dentro di me, diciamo che quando il progetto lo reputo valido non ho problemi a fare uno o l’altro. Io preparo i personaggi estremi esattamente come preparo quelli drammatici. Faccio sempre lo stesso lavoro, cerco di capire cosa porta questo personaggio nella storia, si parte sempre da obiettivo, percorsi e analisi del personaggio. Magari in alcuni casi alcuni caratteri sono più rischiosi perché apparentemente più facili.
Essere un caratterista è un limite o un’arte su cui puntare di più?
È un limite quando il carattere viene pensato come un ruolo monocorde a cui vanno applicate tutte battute di parola mentre può anche essere protagonista se ben sviluppato. In America hanno preso la nostra eredità e ne hanno fatto tesoro e ci sono stati attori come Philip Seymour Hoffman o Danny De Vito che da caratteristi sono diventati dei grandi attori. Nella scrittura in questi anni spesso i caratteri vengono tratteggiati in modo superficiale. Soprattutto le donne sono confinate sempre in ruoli prestabiliti e meno interessanti a livello interpretativo. Non faccio l’attrice per stare dalla parte dei buoni, faccio l’attrice per raccontare qualcosa che avviene in questi tempi.
Sta per arrivare il suo primo corto da regista e protagonista dal titolo Offro io
Che dire, è stata una cosa che è capitata e non ho cercato. L’ho lasciata capitare e sono contenta perché ti dà l’idea di aver fatto un po’ una creatura tua, è stata una bella esperienza, non vedo l’ora di farvelo vedere. Ho fatto un’esperienza globale, dalla produzione alla relazione con il set, è stato difficile però molto soddisfacente. Offro io si ispira alla storia di due coppie della Roma bene che escono per fare una classica uscita aperitivo- cinema- cena e in quei modi cortesi e le regole sociali di buona educazione in realtà si nascondono anche degli istinti alla prevaricazione e la situazione degenera. Spero che sia un corto divertente e che racconti un pezzettino dei nostri modi di relazionarci in questo tempo. Sono contenta che non parli di donne, perché ogni volta che una donna fa una cosa tutti sospettano che sia una cosa al femminile e questa cosa al femminile non so cosa significhi perché io sono una donna e tutto ciò che faccio è al femminile.
È stata paragonata alla grande Monica Vitti. Che ne pensa di questo accostamento?
Quali erano i suoi modelli quando ha iniziato?
Mi commuovo se ci penso. Tra i miei modelli c’è sia Monica Vitti che la mia proiezione di Monica Vitti anche se ho fatto comicità di tutti tipi. Io ho seguito e mi sono mangiata Franca Valeri, Anna Magnani, Anna Marchesini quindi grandi donne di cinema e TV, grandi caratteriste.
TV, Cinema, Radio, Teatro e impegno sociale, a volte in contemporanea, ma come fa a far tutto?
Io corro e poi mi sacrifico. Quest’inverno tornavo magari alle 11 di sera da un viaggio per la tournée teatrale, dopo 10 giorni fuori da casa, ma trovavo sempre il tempo di scrivere, alzarmi all’alba e andare a fare il programma in radio. Ho un grande riscontro di pubblico con Il Ruggito del Coniglio e mi diverto con gli amici e colleghi che fanno il programma con me. Per il mio impegno nel sociale, cerco di fare qualcosa anche attraverso i miei personaggi però quando posso e quando conosco il lavoro di un’associazione, ci tengo anche a fare un’esperienza personale. Emergency funziona davvero, ci sono un sacco di volontari che fanno tantissimo e credo che ci sia bisogno in questo momento di prendere una posizione.