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La Fondazione Pietà de’ Turchini è tra i protagonisti dell’Oude Muziek di Utrecht, il più prestigioso Festival di Musica Antica d’Europa che dedica la sua 38° edizione a Napoli. Domenica 1 settembre sarà in scena la “prima” di “Adriana Basile, Giulia De Caro, Anna Maria Scarlatti. Famosissime armoniche del regno di Napoli”, uno spettacolo- concerto scritto e diretto da Angela Di Maso, con la voce recitante di Cristina Donadio, il soprano Cristina Fanelli e l’ensemble Talenti Vulcanici diretti da Stefano Demicheli, i costumi di Giusi Giustino che, secondo il progetto di Federica Castaldo ( presidente della Pietà de' Turchini), condurranno il pubblico nel ' ritratto sonoro' delle tre talentuose cantanti e compositrici.
Angela Di Maso è musicista, filosofa, drammaturga, regista e giornalista. Docente universitaria di Storia del Teatro e Storia della Musica e dell’Opera lirica; premiata col prestigioso “Franco Enriquez” per la migliore drammaturgia italiana. Ha pubblicato inoltre “Teatro”, Guida Editori, ed ha collaborato alla sceneggiatura del film “Una festa da ballo” di Pupi Avati. Dirige “Controscena”, edita Divergenze, collana dedicata alla drammaturgia contemporanea italiana.
Teatro e musica un binomio che mette insieme le sue due anime…
Quando penso a me penso esattamente a questo: la mia anima si compone, scompone e ricompone dello sposalizio tra il suono e la scrittura. La scrittura che rende eterne parole che a voce il vento porterebbe via con sé. La musica che è in tutte le cose. Nasce tutto da lì. Dalla musica che si transcodifica in teatro. Le note diventano parola serbandone il suono. Il suono è parola. La parola è suono. E le pause, il ritmo, i silenzi, l’agogica diventano drammaturgia. Non invento storie. Osservo la realtà, l’essere umano e disumano. Sono i personaggi che mi vengono a cercare, si siedono ai piedi del mio letto e cominciamo a parlarmi all’orecchio. E così poi per tutti i giorni e le notti fino a quando non trascrivo tutto quello che hanno da dire. Cercano un finale. Cercano anche loro la pace e la ritrovano solo in scena perché vogliono che tutti conoscano la loro storia. Storie spesso brutte, tristi, ma forti del fatto che attraverso di esse possano redarguire l’altro a diventare una persona migliore.
Chi sono queste tre protagoniste Adriana Basile, Giulia De Caro e Anna Maria Scarlatti?
Sono delle “famosissime puttane” in musica. Detto in questo modo può suonare strano ma la verità è che queste tre musiciste, cantanti, direttrici di teatri e soprattutto donne bellissime, hanno saputo unire la loro maestria artistica a doti fisiche capaci di inebetire gli uomini più potenti del loro tempo. E lo scopo non era ricchezza, fama o potere – come i nostri, di tempi, insegnano - ma avere la possibilità di fare musica e teatro.
Come nasce questa sua drammaturgia?
Dall’idea di Federica Castaldo, direttrice artistica della Fondazione Pietà de’ Turchini, unita alla lettura di documenti storici e saggi dei musicologi Maione, D’Alessandro e Cotticelli, le partiture individuate dal direttore d’orchestra Stefano Demicheli, nei quali è fortemente evidente la scalata di queste donne verso il successo musicale - erano comunque cantanti di indubbia abilità - con ogni mezzo avessero a disposizione e che spesso andava ben oltre le sole qualità vocali.
Storie comunque di grandi passioni?
Storie di passioni, di intrighi di palazzo, in cui duchi, viceré e cardinali erano diventati burattini nelle loro mani, ammaliati da donne che sapevano di essere brave ma soprattutto belle e affascinanti.
Cristina Donadio è Adriana, Giulia e Anna Maria….
Attraverso la sua voce le famosissime armoniche rivivono prendendoci per mano e presentandoci musiche e canti che accompagnano i racconti delle loro vite fortunate e disgraziate al contempo, narrandoci di un secolo, il Seicento nel Regno di Napoli, che per vizi e virtù mai sembra essere trascorso.
In ciascuno di esse quale aspetto di contemporaneità ha ritrovato?
La loro audacia, il fatto di non avere problemi a scambiare sesso in favore di potere, fare concerti e spettacoli. Sembrerebbe che nulla sia mutato poiché anche ai nostri giorni certi favoritismi sono ancora attuali. Tuttavia ciò che è diverso è l’intento. Oggi siamo tutti assetati di potere, fama e soprattutto ci sentiamo forti quando non facciamo lavorare chi non ci è “simpatico” e questo accade spesso senza nemmeno conoscere le persone e il loro lavoro, perdendo così il vero senso del fare arte, per pochezza e mediocrità d’animo. Le mie tre donne invece lo facevano solo per poter continuare a fare musica e tenere il teatro aperto e dare lavoro a tante persone, come nel caso della maitresse di bordello e impresaria, Giulia De Caro.
Insomma un traguardo prestigioso la partecipazione a questo festival.
Molto. Il Festival di Utrecht è il più importante del mondo, con una storia musicale di quasi quarant’anni alle spalle. Con noi si apre per la prima volta anche al teatro. Ma sarà solo uno dei tanti luoghi in cui con la Fondazione approderemo. Altri progetti e debutti importanti sono stati già firmati. Napoli sarà solo un punto di partenza.
Che ruolo hanno le drammaturghe in Italia?
Ci vuole molta consapevolezza di sé e pulizia d’animo per non temere i meriti degli altri. Dovremmo fare rete, scambiarci idee, progetti, unire la creatività e dare vita al più bello dei Teatri aperto a chiunque abbia qualcosa da dire. Confido che ciò possa accadere e so per certo che è inutile affannarsi o dispiacersi se qualcuno che ci sembra abbia poteri non ci dia la giusta importanza. Da gregorianista so che tutto è scritto. E quello che deve essere sarà.