Il papà Fedele il 29 aprile 1945 si trova a Piazzale Loreto, fa parte de i cine-documentaristi che hanno ripreso i cadaveri i scempiati di Benito Mussolini, Claretta Petacci e degli altri gerarchi fascisti appesi a testa in giù dai partigiani. Quel giorno Oliviero Toscani era poco più di un neonato ma il tragico destino del Duce ha segnato in modo indelebile anche la sua avventura di fotografo.

Il suo primo scatto, realizzato all’età di 14 anni mentre accompagnava il padre, è infatti un primo piano afflitto di Rachele Guidi ritratta durante la tumulazione del corpo di Mussolini a Predappio, nel 1957. La foto viene pubblicata dal Corriere della Sera e dà il via a una luminosa carriera consacrata alle immagini e alle provocazioni in cui ha ribaltato il senso della fotografia pubblicitaria facendone una forma d’arte e di comunicazione sociale.

Si diploma in fotografia a Zurigo con l’artista Serge Stauffer, traduttore di Marcel Duschamp e di Eugene Ionesco, ma più che dall’arte in sé, sublime ma autoreferenziale, è attratto dal suo rapporto con comunicazione di massa e il mondo della pubblicità è il campo ideale dove sperimentare l’insolente contaminazione tra i due generi.

Una carriera inseparabile dal sodalizio con Luciano Benetton, suggellato nel 1982, che e amava chiamare «il mio Lorenzo de’ Medici» e per il quale ha ideato campagne che hanno fatto epoca e dato scandalo: l’Aids, il razzismo, la fame nel mondo, la pena di morte, la religione, la guerra, la mafia, l’immigrazione. Si era già fatto notare nel 1973 Oliviero Toscani -suscitando le furie divine dell’Osservatore Romano - con la promozione dei jeans Jesus: dagli enormi cartelloni pubblicitari occhieggiava un sedere femminile avvolto dal pantalone e accompagnato da slogan del tipo “Chi mi ama mi segua” e “Non avrai altro jeans all’infuori di me”.

Accusato di blasfemia (che fino al 1999 in Italia era perseguibile penalmente) viene pubblicamente difeso da Pier Paolo Pasolini che pur detestando la moderna società del consumo vede in quella campagna «una eccezione nel canone fisso dello slogan che rivela ne una possibilità espressiva imprevista» e nelle reazioni «vittimistiche» del Vaticano «la volontà minacciosa del potere... che lavora per sopprimere, cancellare, schiacciare i reprobi».

Toscani ha seminato sconcerto e indignazione a ogni latitudine a seconda delle culture e delle diverse sensibilità: in Italia sono andati fuori testa per il bacio romantico tra un prete e una suora, negli Stati Uniti hanno accusato di razzismo e di apologia dello schiavismo la foto che mostra un bambino bianco allattato da un’afroamericana, in Gran Bretagna hanno provato a far vietare le immagini di Giusy, una neonata ricoperta di sangue e liquido amniotico ancora attaccata al cordone ombelicale. In Arabia saudita, dove il senso dell’umorismo e la soglia di tolleranza sono ancora più in basso, si sono incazzati per la pubblicità di tre adolescenti che fanno la linguaccia.

In Francia rimangono scioccati dalle campagna che utilizza le foto dei malati di Aids, in particolare tre cliché che mostrano le aree di trasmissione della malattia un braccio, un pube, delle natiche marchiate dal tatuaggio violaceo “Positivo all’Hiv”. Toscani finisce sotto accusa per «uso di immagini degradanti che offendono la dignità umana». Tre cittadini sieropositivi lo denunciano con il supporto dell’associazione Aides, un ministro chiama al boicottaggio e invita i francesi a «strappare i maglioni Benetton» da chi li indossa per la strada.

Come scrive Stéphane Wargnier, professoressa all’Istituto francese della moda «Toscani ha operato una rivoluzione concettuale nella pubblicità di moda, sostituendo il prodotto o il modello con una fotografia sociale e con un logo e uno slogan universali».

In effetti, se c’è una cosa di cui Toscani non ha mai parlato e a cui no ha mai alluso, è proprio la qualità dei vestiti Benetton, un aspetto superfluo perché le sue foto conferiscono al prodotto un’aura e un’importanza che trascendono i suoi pregi materiali, associandolo a immagini globali che creano polemiche e divisioni.