PHOTO
GIOVANNI PASCUZZI CONSIGLIERE DI STATO
Come sta cambiando il lavoro del giurista, a partire da quello dell’avvocato, in questo momento attraversato da grandi cambiamenti in cui incombe la presenza dell’Intelligenza artificiale? È una delle domande che si pone Giovanni Pascuzzi, Consigliere di Stato dal 2021, per un trentennio professore nella facoltà di giurisprudenza dell’Università di Trento, autore del libro “Il diritto nell’era digitale” (Il Mulino). Il volume giunto alla sesta edizione - si è rivelato un punto di riferimento prezioso per coloro che vogliono conoscere l’evoluzione alla quale è andato incontro il diritto negli ultimi anni. I cambiamenti epocali ai quali stiamo assistendo non si possono fermare, non vanno temuti e il nostalgismo non ha regione d’esistere.
«Un mio caro amico magistrato – dice al Dubbio il Consigliere Pascuzzi - su un social ha scritto: “Ridatemi i fascicoli cartacei, ridatemi l’odore della carta”. C’è stato un tempo in cui la carta era la cornice. Oggi non stiamo più facendo ciò che prima si faceva con la carta. È cambiata radicalmente la cornice. Non credo che l’abbandono della carta possa essere fonte di preoccupazione. Io sono più preoccupato del fatto che tanti, anche tra i giuristi, si affidano in maniera acritica alle “facilitazioni” offerte dall’Intelligenza artificiale. Ho paura della pigrizia mentale: il fenomeno è simile, ma in forme molto più pervasive, a quello che accadeva a chi per il fatto di usare la calcolatrice dimenticava le tabelline. La rivoluzione tecnologica impone di lasciar stare la nostalgia per il passato e di attrezzarci per indirizzare i nuovi ritrovati ad usi del tutto allineati ai bisogni dell’uomo».
L’espressione «era digitale» fa riferimento a precisi fenomeni che la rivoluzione informatica e telematica ha reso possibile. Tali fenomeni tengono conto, come evidenzia Pascuzzi, della «possibilità di rappresentare in forma digitale tutte le forme espressive, testi, suoni, immagini, della possibilità di elaborare i contenuti digitali: gli algoritmi elaborano pluralità di dati per fornire soluzioni ai problemi più disparati; essi sono diventati sempre più sofisticati al punto che oggi parliamo di Intelligenza artificiale». Sono grandi le ricadute per i giuristi. «Il diritto – sostiene Giovanni Pascuzzi - per un verso è chiamato a disciplinare le nuove tecnologie e per altro verso si serve delle nuove tecnologie per perseguire i suoi fini tradizionali. Si pensi alla firma. Un tempo esisteva solo la sottoscrizione manuale, oggi si usa la tecnologia per sottoscrivere i documenti con la firma digitale. Se i sistemi informatici sono progettati bene, l’uomo ne guadagna. In caso contrario tutto diventa più complicato. Mi pare sia il caso del processo penale telematico» .
Tanto sta cambiando anche nelle Università, dove si formano i giuristi di domani. «Occorre impadronirsi - commenta l’autore de “Il diritto nell’era digitale” di nuove competenze. L’era digitale si accompagna all’emersione del concetto di “cittadinanza digitale”, che è un insieme di valori, competenze, atteggiamenti, conoscenze e comprensione critica di cui i cittadini hanno bisogno nell’era digitale. Spesso si sente parlare di “digital divide”. Questa espressione indica le situazioni nelle quali i soggetti non hanno accesso alle tecnologie digitali, non hanno le competenze per usarle o non sono in grado di usarle per migliorare la propria posizione.
Anche agli avvocati sono richieste nuove competenze. Sono la premessa per capire quali conflitti creano le nuove tecnologie, così da apprestare le soluzioni giuridiche più idonee, ma anche per governare l’evoluzione delle professioni legali.
Il giurista deve affiancare i tecnici nel momento della progettazione dei sistemi informatici. Forse, il mancato decollo del processo penale telematico è dovuto proprio a questa mancata cooperazione. Le Università stanno facendo la loro parte nel trasmettere le nuove competenze. Dovrebbero essere più consapevoli dal fatto ormai che l’informatica non è una materia, ma una cornice entro la quale ormai si iscrivono tutti i fenomeni. Non basta insegnare “elementi di informatica per giuristi”, occorre rivedere tutto il sapere giuridico ricevuto alla luce delle caratteristiche delle nuove tecnologie».
In questo contesto il dato è quanto di più prezioso. Va quindi difeso con tecnologie avanzate e i professionisti del diritto devono avere la consapevolezza della sua importanza. «I dati digitali, personali e non personali – afferma Giovanni Pascuzzi - sono il nuovo “oro nero” e certamente vanno preservati. Sempre più spesso si sente parlare di “sovranità digitale”. Questa nuova nozione è legata all’esigenza di limitare la possibilità che infrastrutture hardware, software, architetture di rete, cloud e simili siano per lo più prodotte e detenute da soggetti stranieri. Per questo si usa anche l’espressione “sovranità tecnologica”».