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Non la voleva cantare. S’era impuntata. Una ragazzina capricciosa e testarda. Lei, sedici anni, era Gigliola Cinquetti, che oggi compie 70 anni, auguri. E il luogo e il tempo erano il XIV Festival della Canzone Italiana del 1964. Presentano Mike Bongiorno e Giuliana Lojodice. Ci mise del bello e del buono, il suo impresario per convincerla. Con lei che gli diceva – ma non mi piace questa cosa che aspetta e spera, l’amore non è un fatto anagrafico. E lui che le diceva – sei la faccia giusta, la voce giusta. E con lei che gli diceva – quelli della mia età penseranno che sto fingendo. E con lui che le diceva – sei la faccia giusta, la voce giusta. Aveva ragione lui, l’impresario.
Non ho l’età ( per amarti) , di Mario Panzeri, Nicola Salerno e Gene Colonnello, cantata da Gigliola Cinquetti e Patricia Carli vince la XIV edizione del festival di Sanremo. Non solo, diventa un successo internazionale e regala all’Italia la prima vittoria all’Eurofestival. Un mix perfetto di malizia e pudore.
Un successo da dare alla testa – resta a tutt’oggi la più giovane vincitrice del festival, ma la ragazzina tenace aveva la testa sul collo – e che diventa un trappolone per la sua carriera, un tormentone, un modo proverbiale che entra nel linguaggio colloquiale italiano. Esattamente cinquant’anni dopo, il 24 febbraio del 2014, Matteo Renzi si presenta davanti al Senato per chiedere la fiducia inizian- do il suo discorso così: «Io non ho l’età per sedere al Senato. Non vorrei cominciare con la citazione colta di Gigliola Cinquetti ma è così. E fa pensare che oggi davanti a voi siamo qui non per inseguire un record anagrafico, non per allungare il curriculum, siamo qui per parlare un linguaggio di franchezza» . Quel festival comunque segnò una vera svolta. Per la presenza di giovanissimi cantanti: tra i debuttanti di Sanremo 1964 ci sono i due giovanissimi vincitori del Festival di Castrocaro, la sedicenne Gigliola Cinquetti e il diciottenne Bruno Filippini, ma anche altre importanti promesse come Robertino ( 17 anni), Bobby Solo ( 18), Lilly Bonato ( 16) e Fabrizio Ferretti ( 18). Per l’abolizione del voto in sala e la decisione che le venti giurie dislocate nel territorio siano composte per metà da minorenni. Per la decisione della Rai di trasmettere non solo la serata finale ma anche la seconda serata. E, soprattutto, per l’introduzione dei cantanti stranieri, ai quali viene affidata la seconda esecuzione dei brani in gara. E così, nella città dei fiori arrivano grandi stelle internazionali come il ventiduenne canadese Paul Anka, diventato famoso sette anni prima con Diana, successo
mondiale bissato in seguito da You Are My Destiny. Anka è abbinato al debuttante Roby Ferrante, in gara con Ogni volta. È tra i favoriti.
Dagli Stati uniti arrivano Ben E. King, Frankie Avalon, Bobby Rydell, Frankie Laine. Dall’Inghilterra invece sbarca Gene Pitney, abbinato a Little Tony ( Quando vedrai la mia ragazza) e a Fausto Cigliano, in gara con E se domani. Nomi grossi. Quasi tutti gli stranieri cantano in italiano. Diventerà uno stile, un modo, una moda.
Ci sono nomi grossi anche tra i big italiani: Claudio Villa, Domenico Modugno, Pino Donaggio, Tony Renis, Milva, Giorgio Gaber e Gino Paoli. Modugno non vuole cantare abbinato con Paul Anka per una vecchia storia tra di loro, ma è sicuro di vincere. Quando il verdetto lo colloca al secondo posto, con la sua Che me ne importa a me, si lascerà andare a esclamazioni irripetibili qui. Terzi arrivano Tony Dallara e Ben E. King che cantano Come potrei dimenticarti.
Ma il vero casino lo combina Bobby Solo. S’è beccato una faringite e non può cantare. Allora, i suoi discografici lo convincono a cantare in playback. La squalifica è assicurata ma la canzone avrebbe avuto comunque il miglior palcoscenico possibile. Alla fine viene deciso che Una lacrima sul viso, qualora sia ammessa alla finale, sia considerata fuori concorso. Ed è proprio ciò che accade. Poi, sarà il vero successo del festival: in poche settimane, un milione di copie. Una cosa incredibile: credetemi, io c’ero. Piccola curiosità: E se domani di Fausto Cigliano passa senza lasciare traccia; ci penserà Mina, anni dopo, a farla diventare una hit, un classico del suo repertorio e della canzone italiana nel mondo.
Quell’anno, il 1964, sarà segnato, fra l’altro, da due episodi importanti per la storia del nostro paese. Uno era “il piano”. Il “piano” era che se la sinistra comunista fosse scesa in piazza, organizzando scioperi e manifestazioni contro una deriva reazionaria, allora loro, i Carabinieri, sarebbero intervenuti e avrebbero assunto il potere per mantenere l’ordine e la democrazia. Era il Piano Solo. Tutto era cominciato nel dicembre del 1963, quando si era formato il primo governo di centro- sinistra, presidente del Consiglio Aldo Moro e vicepresidente Pietro Nenni. Finirà – quel “tintinnar di sciabole” – con un notevole passo indietro sui programmi del precedente governo.
L’altro è la morte, in agosto di Palmiro Togliatti a Yalta, in Ucraina, dove era in vacanza ed era stato colpito da un malore. Aveva 71 anni. Ai funerali, che si svolgeranno il 25 a Roma, partecipano oltre un milione di persone e tutti i leader del comunismo mondiale. Il 26 agosto Luigi Longo è eletto segretario del Pci.
A settembre, per decisione di Longo, viene pubblicato Il Memoriale di Yalta, sorta di testamento politico di Togliatti. C’è una virulenta polemica nel movimento operaio internazionale tra cinesi e russi e Togliatti critica i cinesi. Ma fa anche caute aperture a che si discuta delle difficoltà economiche e politiche dentro i paesi socialisti. Sempre con prudenza. Riporto comunque qui solo questo breve passaggio del Memoriale, a proposito degli Stati uniti: «Dagli Stati Uniti d’America viene oggi il pericolo più serio. Questo paese sta attraversando una profonda crisi sociale. Il conflitto di razza tra bianchi e negri è soltanto uno degli elementi di questa crisi. L’assassinio di Kennedy ha palesato fino a che punto può giungere I’attacco dei gruppi reazionari. Non si può in nessun modo escludere che nelle elezioni presidenziali debba trionfare il candidato repubblicano ( Goldwater), che ha nel suo programma la guerra e parla come un fascista. Il peggio è che l’offensiva che costui conduce sposta sempre più a destra tutto il fronte politico americano, rafforza la tendenza a cercare in una maggiore aggressività internazionale una via d’uscita a contrasti interni e la base di un accordo con i gruppi reazionari dell’Occidente europeo. Ciò rende la situazione generale assai pericolosa».
E insomma, la geopolitica sembra non avere mai l’età.