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È orgogliosamente israeliana, ma è nata in Yemen ed è vissuta negli Stati Uniti, a New York. A 17 anni però sceglie di trasferirsi con la famiglia in Israele «là dove le radici mi chiamavano». Da allora, Achinoam Nini, in arte Noa, si batte strenuamente per la pace con la Palestina, secondo il principio “Due popoli due stati”. «Voglio aprire ponti e valicare i muri che politici miopi vogliono innalzare», afferma. E’, insomma, cittadina del mondo, anche se vive vicino Tel Aviv, con il marito, il medico Asher Lev, e i suoi tre figli. «E non vorrei vivere altro che in Israele- ribadisce orgogliosa- perché questa è la mia terra, una terra meravigliosa, nonostante la politica dissennata di Netanyahu. E io voglio contribuire a rafforzare la democrazia, a sconfiggere chi predica divisioni e diseguaglianze e a renderla il miglior posto possibile».
E’ seguitissima negli Stati Uniti, in Europa, e perfino in Cina. In Italia, poi, è una star notissima, anche per aver dato parole e voce alla canzone di Nicola Piovani, “La vita è bella”, colonna musicale del film di Roberto Benigni, che vinse l’Oscar. «Quando Roberto mi chiamò pensavo fosse uno scherzo», ride. Ma ormai è diventata anche un’ascoltata voce politica in Europa e nei suoi concerti parla volentieri anche della situazione politica italiana ed internazionale. «Chiedo alla mia amata Italia, terra gentile e fortunata, di non smarrire la sua vocazione alla gentilezza e all’accoglienza, di restare se stessa e di seguire il grande esempio del suo presidente, Sergio Mattarella, uomo saggio e buono», ha scritto in una lettera indirizzata a tutti gli italiani.
Un impegno costante il suo, a favore della pace e della convivenza tra i popoli, tanto che il nostro Capo dello Stato, l’ha nominata commendatore. E tre papi, Giovanni Paolo II, Benedetto XV e papa Francesco l’hanno voluta più volte in Vaticano, dove ha eseguito una meravigliosa versione dell’Ave Maria di Gounod. Con papa Bergoglio, poi, ha un rapporto speciale e l’ha seguito anche a Cracovia per la giornata della pace.
Ieri sera, Noa ha presentato all’Auditorium di Roma il suo ultimo lavoro, “Letters to Bach”, prodotto da Quincy Jones. Una tappa del suo speciale e intenso rapporto con il nostro Paese.
E’ una lunga storia d’amore quella tra l’Italia, Noa, il suo autore e chitarrista, Gil Dor, una eccellenza nel mondo della musica, che nasce molto tempo fa. Nel giugno del 1944, quando le truppe americane ed inglesi liberarono Roma. Il padre di Gil, Ali Dor, pianista e agronomo, emigrato in Palestina dall’Ungheria, dove era perseguitato come tutti gli ebrei, si arruolò con gli inglesi, presenti in Medio Oriente con un protettorato, per combattere il nazismo in Europa. E dopo aver liberato la Francia, arrivò in Italia, a Roma. Furono giorni di ubriacatura di libertà. I ragazzi della Brigata Palestina scoprirono il centro della Capitale, si inebriarono di arte e archeologia.
Ali, in via Nazionale, conobbe una signora ebrea, Celeste Ottolenghi Perugia, che aveva appena riaperto il suo negozio. Incuriosita dallo stemma che portava sulla manica, la stella di Davide, Celeste, che fino a poco tempo prima in quella stella vedeva solo discriminazione e minacce, lo invitò a pranzo con la sua famiglia e in quella casa, sul Lungotevere, tra via Banco Santo spirito e via di Panico, Ali ritrovò un pianoforte che, dopo mesi di inattività suonò con grande emozione. Per un anno, l’ufficiale della Brigata Palestina, padre di Gil Dor, tornò in casa Ottolenghi per suonare accompagnando la figlia, Franca, soprano lirico.
La famiglia Dor e Franca Ottolenghi, nel frattempo sposata con il giornalista Renato Terracina, non si sono più lasciate. Ali ha trasmesso ai figli l’amore per la musica e per l’Italia. E negli anni Ottanta suo figlio, Gil, venne a Roma per un concerto con una sua giovane e straordinaria scoperta, la cantante, Achinoam Nini, che diventò Noa. Cominciò così il sodalizio artistico e musicale tra i due, che continua tuttora e che miete successi in tutto il mondo. Specialmente nel nostro Paese.
Una continua evoluzione. Dalla musica ebraica ed etnica, che riecheggia anche le nenie yemenite, al pop, al jazz, alla canzone tradizionale napoletana e siciliana. Memorabile la sua interpretazione di capolavori come Torna a Surriento, Partono i bastimenti, Era de maggio, Tammuriata nera, nel disco Noapolis. Ma Noa e Gil Dor non si fermano, cercano sempre nuove sonorità e nuove collaborazioni, con Sting, con Pat Metheny, ora con il Solis string quartet, e propongono nuove sfide. L’ultima, appunto, le Lettere a Bach, che secondo la cantante israeliana, «sono la mia protesta contro il trumpismo e il nuovo fascismo. Poiché il mondo sembra scendere sempre più in basso di questi tempi, io punto sempre più in alto. E musicalmente parlando, non c’è niente di più alto di Bach. Mentre tutti sembrano svalutare il merito e l’eccellenza, io voglio invece rendere un tributo a un vero genio della musica». D’accordo con lei il premio Oscar, Nicola Piovani, che ha definito Noa «un moderno incrocio tra la Callas e Mina» e Gil Dor «uno dei più straordinari chitarristi viventi».