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Gli Stati Uniti vantano il 5% della popolazione mondiale e il 25% di quella carceraria. In pratica un detenuto su quattro del pianeta vive dietro le sbarre di una prigione americana. Il cupo ritratto dell’universo carcerario statunitense mostrato dal docu-film Netflix XIII Emendamento è racchiuso tutto in queste raggelanti cifre. Ci sono più detenuti negli Usa che in qualsiasi altra nazione, il doppio della Cina che ha un miliardo e mezzo di abitanti e non proprio un sistema giuridico fondato sulle garanzie e il diritto. Molti di più di qualsiasi Stato autoritario o dittatura, sia in termini assoluti che in percentuale.
Qual è stata dunque la genesi di questa enorme nazione-carcere e quali sono le sue vittime designate? Sono le domande che ripercorre XII Emendamento, individuando come punto di svoltra la fine della schiavitù al termine della Guerra civile. Una svolta che avrebbe dovuto consegnare la comunità afroamericana alla piena cittadinanza ma che di fatto ha segnato il passaggio dallo schiavismo alla carcerazione di massa. Centiniaia di migliaia sono stati i neri arrestati nei mesi successivi alla guerra per reati risibili come il vagabondaggio, Nelle carceri servivano da mano d’opera al comparto industriale degli Stati del sud, che in questo modo compensarono la perdita dei preziosi schiavi, Tutto questo fu possibile anche per la cultura profondamente razzista di cui milioni di bianchi erano imbevuti. Il mito del negro criminale e stupratore, pericoloso come una belva, nasce con la liberazione degli schiavi e con oltre 5 milioni di afroamericani a “piede libero”, un mito che persiste nei decenni successivi. Rappresentato palsticamente in Birth of a Nation, il lungometraggio di David Wark Griffith ambientato durante la guerra di secessione, elogio della nazione bianca e dei cappucci del Ku Klux Klan, dipinto come un’avanguardia di patrioti e giustizieri dei neri feroco e predatori. La pellicola del 1915 ebbe un successo vastissimo, salutata come un capolavoro ridiede forza e vigore al Klan che all’epoca era caduto in disgrazia.
Nel corso degli anni quel razzismo manifesto e sfrontato è stato progressivamente emarginato nella società americana, o meglio è stato sostituito da un linguaggio più burocratico e da una diffusa forma di controllo sociale e repressione dei neri. Il perno di questo sistema naturalmente è il carcere. Dopo la stagione dei diritti civili, da Rosa Parks a Martin Luther King, negli anni 70 comincia l’impressionante ipertrofia dell’universo carcerario Usa, in poco più di trent’anni i detenuti passano da 500mila a oltre 3 milioni, un fiume di detenuti che riempiono le carceri, in gran parte afro e ispanici, grazie alle nuove durissime leggi contro la criminalità. Non più i «negri», ma i «criminali super predatori», e gli «spacciatori» che di fatto sono la stessa cosa. Da Nixon a Reagan, da Bush senior a Clinton, da Bush jr a Trump, passando per Obama tutte le amministrazioni hanno gonfiato il numero di carcerati. Decisivo in questo intreccio tra cultura giustizialista e interessi economici è stato il ruolo dell’Alec, una società di consulenza giuridica finanziata dai grandi gruppi industriali, tra cui la Cca, la maggiore azienda privata per la gestione delle prigioni che da almeno trent’anni influenza la legislazione sulle carceri.
Le leggi restrittive approvate dall’amministrazione Clinton, in particolare il “tre colpi e sei fuori” (ergastolo al terzo reato) e l’aumento delle pene minime sono state praticamente fotocopiate dai “suggerimenti” dell’Alec. Anni dopo Bill Clinton in persona si scusò pubblicamente per quelle leggi, ammettendo che furono un grave errore. Ma il circolo vizioso che porta la Cca a generare profitti per ogni nuovo detenuto che entra nei suoi circuiti penitenziari, non si è mai interrotto. Di fatto le prigioni piene sono un business troppo lauto perché la politica possa svuotare le celle. Negli ultimi quattro anni la Cca ha gestito i centri di detenzione per immigrati che durante l’amministrazione Trump sono spuntati come funghi sul territorio statunitense, E per il futuro l’Alec già sta architettando progetti di legge da mettere sul tavolo degli amministratori per la video- sorveglianza, per il controllo della libertà condizionata e per l’ottimizzazione del lavoro dei detenuti all’interno delle carceri, un altro fiorente business che fa gola alle imprese. Proprio come duecento anni fa.