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Meryl Streep parla. Meryl Streep si commuove. Meryl Streep usa un tono serio. Meryl Streep si indigna. No, non è la nuova interpretazione di un nuovo film dell’attrice che ha ricevuto più nomination agli Oscar nella storia del cinema ( sono ben diciannove, e ha vinto tre statuette, due come miglior attrice protagonista e una come non protagonista) e anche più nomination ai Golden Globe ( ne ha vinti otto, con trenta candidature). È il suo breve, brevissimo discorso alla cerimonia di ieri l’altro dei Golden Globe – che si svolge due mesi prima degli Oscar e è uno dei più importanti riconoscimenti. Le davano il Cecil B. De Mille Award, una sorta di premio alla carriera – e che carriera.
Ma lei non ha parlato della sua carriera. Ha speso i pochi minuti che le erano con- cessi per dire del clima sociale e politico che si sta vivendo con l’elezione di Trump, anche se non ha mai nominato il neo- presidente.
«Ho perso la mia voce ma anche la mia testa, quest’anno, perciò, perdonatemi, ma devo leggere» – è così che ha esordito. E poi ha invitato tutti a pensare a questo: «noi, noi attori e la stampa, siamo in questo momento la categoria più oltraggiata e disprezzata.
Buona parte di quelli che sono qui vengono da posti strani, lontani, o sono cresciuti in posti strani, lontani. Siamo stranieri. Hollywood è zeppa di stranieri, e di outsider. Ma se vuoi prendere a calci tutti quelli che sono stranieri e outsider, non resterà più nessuno a Hollywood, e allora non vedrai più il cinema e i film, ma soltanto il football e il kickboxing, che di sicuro sono intrattenimento, ma non sono arte.
Il lavoro dell’attore è entrare nella vita di persone diverse da noi e farti sentire cosa si prova» – ha continuato la Streep. E ci sono state tante, tantissime, straordinarie interpretazioni quest’anno, lavori da spezzarti il fiato, lavori pieni di pietas. «There was one performance this year that stunned me / c’è stata un’interpretazione, quest’anno, che mi ha sconcertato», è stato questo il momento in cui l’attrice è parsa più emozionata. Si riferiva all’orribile e grottesca caricatura che Trump fece, durante la campagna presidenziale, di un giornalista disabile che aveva “osato” raccontare episodi della sua vita “precedente” – quando era un “imprenditore di successo” – che inquietavano. Trump fu disgustoso, ma ottenne quello che voleva: fece ridere, fece ridere del giornalista e della sua disabilità. «It wasn’t in a movie. It was real life / non era un film, era la vita reale».
Poi, ha ammonito: «Disrespect invites disrespect. Violence incites violence / la mancanza di rispetto spinge alla mancanza di rispetto, la violenza incita alla violenza». E quando chi ha tutto il potere, lo usa per tiranneggiare gli altri, tutti noi perdiamo.
C’era grande commozione, nella sala dei Golden Globe mentre la Streep pronunciava il suo discorso. Era difficile che lì ci fosse seduto un qualche sostenitore di Trump, il cuore di Hollywood batte liberale e democratico. La Streep stessa si era spesa, in campagna presidenziale, per il voto a Hillary. E è su questo che Trump ha cominciato a twittare, in risposta alla denuncia dell’attrice. «È un’attrice overrated, sopravvalutata», ha scritto. «È una fan di Hillary, che ha perso malamente», ha scritto. «È la solita voce liberal di Hollywood», ha scritto, «liberal movie people», con sufficienza, qualcosa che suona tra la caccia alle streghe del senatore McCarthy che considerava un- american quel mondo, e il “culturame” con cui Scelba tacciava gli intellettuali italiani troppo vicini ai comunisti.
Ma non è solo il mondo del cinema che fa resistenza a Trump. «Abbiamo rifiutato il suo invito perché non siamo mai stati d’accordo con le sue idee: non possiamo appoggiare un uomo che ha basato la sua ascesa politica sul populismo oltre che su atteggiamenti xenofobi e razzisti» : sono le parole con cui i tre giovani tenori de Il Volo hanno rifiutato di esibirsi alla cerimonia di insediamento il prossimo 20 gennaio. Peraltro, i tre ragazzi sono popolarissimi negli Stati Uniti. Prima di loro, anche Andrea Bocelli aveva declinato l’invito. Ma la lista è lunga.
Adele, Cher, John Legend, Miley Cyrus, Neil Young, R. E. M., Ricky Martin, Shakira, Usher e decine d’altri. È lungo l’elenco dei musicisti che tramite i social network hanno espresso la loro opposizione a Trump. Axl Rose dei Guns N’ Roses ha messo su una scenetta sul palco, durante uno degli ultimi concerti, contro The Donald.
Gli artisti del cinema e della musica sono già in campo. Lo sono come cittadini, lo sono come artisti. È la politica, quella che sembra fare più fatica a riprendersi dallo sconcerto per l’elezione di Trump.
Tranne Obama. Ma Obama ha sempre giocato in un altro campionato.