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Mesi fa a Rolling Stone Paolo Sorrentino aveva detto: «Con Toni Servillo ce lo ripetiamo sempre, “Dobbiamo fare un film d’amore”. Ma forse è l’ultima cosa che uno nella vita arriva a conoscere e a capire davvero, quindi questa cosa apparentemente banale del film d’amore non riusciamo mai a farla perché non riusciamo a trovare l’idea che consente di raccontare veramente l’amore, visto che l’amore non sai cos’è veramente». Primo ciak a marzo. Variety ha rivelato che si chiamerà The Grace, questa storia d'amore alla Truffaut. Per l’ottava volta Sorrentino inseguirà con Servillo un film dove parole e immagini riportate all’essenziale, risuonino d’assoluto, partendo dai silenzi dell’ultimo film ma oltre i trionfi estetici ed esoterici di Parthenope.
Il cinema di Sorrentino è sedimentato nell’immaginario, tra costruzione della scena e movimento di macchina, fuoco in attesa di innesco, anche in titoli apparentemente dimenticati. Da alcuni mesi, scomparsi da ogni piattaforma, un’ondata di video sui social fa riparlare di Loro e Loro 2. Una vicenda anomala di diritti acquistati e mancata distribuzione fa sì che a tutt’oggi, dopo una fugace apparizione notturna e a pagamento nel 2019 su Premium Cinema Emotion e una molto più recente proiezione romana alla rassegna lo scorso novembre al cinema Troisi, Loro resta invisibile in Italia. Per scelta d’impresa, e familiare di Mediaset.
Velare il capo a un film, da Salò di Pasolini, fino a Todo Modo di Petri e all’argentiano Quattro mosche di velluto grigio, vale il mito. Che Mediaset sostiene solo in agiografia, bloccandone trasmissione e distribuzione. Un errore, perché affezionati e avversari coglierebbero l’effettiva distanza tra l’istrione rappresentato in maschera e il carisma oscuro di un uomo di potere intento a danzare sull’abisso. Perché guardare sotto la foresta di mangrovie cresciute fra Roma, Arcore, e la Sardegna servirebbe a capire la nostra Storia. Loro pur nell’eccesso grottesco, è lo specchio deformante dell’ambiente sociale che dalla Edilnord del 1973 fino a oggi ha mutato antropologicamente classe dirigente ed elettorato d’Italia. Paolo Sorrentino, con Loro e Loro 2 sancì la chiusura dello scorso decennio scuotendo la primavera 2018 anche se con poca fortuna al botteghino. Ne fu il punto di snodo poetico, appunto verso una progressiva maturità nel racconto in immagini. Loro sceglie il punto di vista di un faccendiere che sogna l’entourage di Berlusconi, in tempi di crisi di consenso politico e mediatico. Loro 2 narra dinamiche di coppia, segnando il tramonto del rapporto con Veronica Lario, per il compulsivo bovarismo del marito. Sorrentino firma un affresco incompiuto forse privo delle necessarie staffilate critiche, con Silvio a latitare beckettianamente per un’ora, per apparire, in un’entrata a metà tra Chaplin e Plauto. Ecco, forse, più Silvio, più che raccontato da una corte che lo implora cercando favori, sarebbe stato più intrigante indagarne cupezze, solitudini, misfatti, ossessioni narcisistiche. Certo, molto più attraente la glassa di canzoni napoletane e groove che ricopre spettacolo e politica in Loro; ma dove il film convince di più è nel ritratto privato, nello spegnimento della dissonanza che in metafora prelude a un’epoca priva d’amore, e persino di carnalità. Berlusconi che teme il viale del tramonto è lui stesso la rondine di un gelo sociale ormai irreversibile. E Loro e Loro 2 segnano la progressione che al rumore e al caos della corte dei miracoli prepara a un complesso fading out che è del Sultano, ma anche di una fase del cinema sorrentiniano. Dopo, il cineasta farà un cinema e una tv diversi, più evocativi. The New Pope aprirà a spazi e tempi di riflessione più intimi. In quest’opera evolutiva di sottrazione, Sorrentino sembra puntare alla vera essenza del dittico parola-immagine. In questo, crediamo che È stata la mano di Dio rappresenti l’ineguagliabile punto di resa, nella rappresentazione dei temi del dolore e della morte, con un ossimorico, ironico vitalismo.