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L’opera prima di Francesco Lettieri con Aniello Arena e Antonia Truppo porta in sala e su Netflix il mondo degli Ultras Potrebbe essere ambientato in qualsiasi città d'Italia e forse del mondo, Ultras di Francesco Lettieri che si concentra sui super tifosi di Napoli che dall’amore per una squadra hanno costruito una religione.
Ultras, in uscita evento al cinema il 9- 10 e 11 marzo e su Netflix dal 20 marzo, infatti, pur rimanendo fieramente local, intriso di napoletanità dalla lingua ai colori e luoghi, racconta di uno scontro generazionale di ideali e obiettivi tra “vecchi” e giovani e della voglia di rinascere di un uomo che, giunto a cinquant’anni, si rende conto di aver tralasciato, nella vita, un fondamento importante come l’amore. Protagonista di questo viaggio all’interno dei rituali della fede calcistica, Aniello Arena, già grande interprete di Reality di Matteo Garrone che qui veste i panni tatuatissimi di Sandro, detto O Mohica’, capo della frangia più attiva e violenta del movimento Ultras: gli Apache.
Lettieri che arriva dal mondo del videoclip, rivela da subito di essere stato all’oscuro di questo mondo fino a che non si è trasformato in un terreno fertile per raccontare altro: «Ad un certo punto della mia carriera di regista di videoclip mi sono sentito pronto a scrivere un film e con Peppe Fiore ( co- sceneggiatore) ci siamo messi a cercare una storia» racconta Lettieri che poi si addentra nei dettagli: «È uscito fuori questo vecchio soggetto nato per un videoclip di Calcutta mai realizzato e appunto ambientato nel mondo Ultras a Latina che raccontava di questo Er Mohicano che a causa del daspo, viveva la storia d’amore con la sua squadra del cuore a distanza. Abbiamo spostato questo storia a Napoli».
Quanto ancora conta l’appartenere ad un gruppo e quanto questa appartenenza prende o perde valore con il passare del tempo?
Indaga su questo percorso UItras e lo fa tramite la consapevolezza di Sandro ( Aniello Arena) che si chiede quanta vita sta perdendo, nel momento in cui un daspo lo porta a dover impiegare il proprio tempo diversamente da prima, in cui c’era solo spazio per la devozione nei confronti del suo Napoli. Ed è proprio lì, in queste nuove possibilità, che arriva l’amore, Terry ( Antonia Truppo). Lo conferma Arena che su questo punto si è concentrato nell’interpretazione: «Quando ho letto la sceneggiatura, ho iniziato a farmi una mia idea e dentro di me ho cercato di dividerlo questo personaggio, è capo degli Ultras ma diffidato, quando conosce Terry, inizia a vedere l’amore, un'altra parte di vita. È contrastato come personaggio e io ho cercato di pensare a come Aniello si comporterebbe nella vita verso una donna, verso l’amore» spiega Arena: «Il film parla del fatto che quest'uomo non ha mai avuto una storia d’amore, è timido, frenato, non sa come comportarsi mentre Terry invece è una quarantenne sveglia, decisa».
E chi più di un’artista versatile, eclettica e umile come la due volte vincitrice del David Di Donatello Antonia Truppo per interpretare un personaggio come Terry così determinante seppur di supporto nella storia? Del suo ruolo cardine nel film l’attrice dice: «Ho capito che il mio personaggio, Terry, nella storia aveva il compito di far vedere quanto Sandro fosse il Mohicano con il gruppo degli ultras e una persona in crisi sul fronte della vita. Poi i retroscena del suo rapporto sul set con Arena: «Quando ho conosciuto Aniello, che avevo visto nei suoi film precedenti, da lui mi aspettavo la parte mohicano ma vedendolo così, come i dice a Napoli, “ingrippato” nei confronti di tutte le altre scene intime con me, la mia unica occupazione è presto diventata metterlo in difficoltà», racconta divertita e conclude: «Vedevo che funzionava moltissimo: lui che non capiva se era un gioco, se era vero o falso di fronte a questa donna di chi non sappiamo un granché. Nel film è stato mettere in difficoltà il povero Aniello e vedevo che funzionava moltissimo: lui che non capiva se era un gioco, si trovava di fronte a questa donna di cui non sappiamo molto».
In un discorso più ampio di personaggi sfaccettati e soprattutto di ruoli femminili lontani da clichè, Antonia Truppo ci tiene a precisare un aspetto della sua Terry: «Lei è una persona indipendente, molto diretta e questo mi piaceva anche perchè di solito le donne forti nel cinema devono sempre aver passato un guaio prima per essere diventate tali, invece qui no, non è il caso di Terry».
Il cinema ha già in passato provato ad affrontare il tema del calcio, delle tifoserie più animate ma Francesco Lettieri ammette di non aver fatto riferimento a nessun film in particolare, fatta eccezione per il documentario diretto da Vincenzo Marra, E. A. M - Estranei alla massa: «L’unico film che ho visto sugli ultras è Estranei alla massa di Marra. Mi piacque molto e mi rimase dentro perché guardava al movimento dall’interno, nelle loro vite private» racconta ancora Lettieri che confessa: «Se non avessi visto quel film, non so se avrei fatto Ultras».
Sembra non essersene nemmeno pienamente consapevole Lettieri che dice di non aver voluto introdurre nessuna discussione sociologica nel film ma lo scontro interno che avviene tra i vecchi Apache e i giovani ed anche giovanissimi ultras è lo specchio- metafora di una dinamica che riguarda tutta la società italiana e non solo: l’incapacità della vecchia guardia di lasciare andare e la mancanza di rispetto dei giovani per l’eredità che hanno acquisito senza essersela guadagnata. Ultras, in questa visione involontariamente sociologica, è un film che arricchisce il catalogo Netflix di una riflessione in più e la sala di una possibilità di pubblico in questi giorni di chiusure e paura diffusa.