Il cinema Savoy di Roma ha riservato a “La vita da grandi”, opera prima di Greta Scarano, la sua sala migliore. E il film, uscito nelle sale italiane il giorno successivo a quello dedicato alla Giornata Mondiale per la Consapevolezza sull'Autismo, merita lo spazio che occupa.

Critica e pubblico possono così finalmente avvicinarsi al tema della diversa abilità della persona senza lasciarsi andare a morbosità ne’ pietismi, accostandosi all’avventurosa normalità della condizione di chi vive il disturbo dello spettro autistico con l’umiltà e l’entusiasmo necessari a capire. Questo perché la regista, che ha voluto fortemente narrare questa storia, riesce nell’obiettivo di ribaltare ogni luogo comune, mostrando la persona autistica nelle sue capacità, nelle pulsioni vitali, nella voglia di esistere. Ed è lo stesso Yuri Tuci, per la prima volta sullo schermo, con la spontanea spavalderia dei grandi attori, a provarlo.

Con lui, sorella in scena, un’eccezionale Matilda De Angelis, impegnata a squarciare il sipario sui rituali e sul velo di ipocrisia che tante famiglie mettono sulle piccole ossessioni, sugli inciampi verbali e caratteriali, sulla paura del rifiuto, sulle chiusure, sul desiderio di volare alto del familiare autistico. I due attori, in splendida sintonia, non esitano a mettere in scena se stessi, nell’atto di interpretare la vita vera del duo di artisti I Terconauti Damiano e Margherita Tercon, che nel film hanno un piccolo cameo, per come descritta nel bel libro edito da Mondadori che ha ispirato il film, Mia sorella mi rompe le balle. Una storia di autismo normale.

Quella frase, che i pregiudizi non vorrebbero mai riferita a un ragazzo con disturbo autistico, segna l’inizio di una consacrazione, e il traguardo di una normalità inseguita con il coraggio di chi è giovane per sempre. Di più: nell’arco del film sottolinea la necessità di un dubbio che sgretoli le false certezze che in tanti hanno sull’autismo.

In fondo è forse più la ragazza a soffrire la sua diversità, di fronte a una vita lavorativa e affettiva che sembra subire senza averla mai davvero scelta. Il fratello grande, che all’occorrenza gioca fino alle estreme conseguenze tutte le sue carte, non si ferma invece mai, neppure davanti a genitori iperprotettivi come quelli interpretati da Maria Amelia Monti e Paolo Hendel: sa che se non ci crede lui per primo, nessuno lo sentirà mai cantare. Così, in “La vita da grandi” la regia di Greta Scarano affronta molteplici temi, senza compiacimento né sconti.

Certo, più di ogni altro è presente quello del sogno, declinato come carburante imprescindibile per chi voglia vivere fino in fondo la vita. In sua assenza, senza la volontà di una fuga verso la realizzazione della scommessa impossibile, tutto appassisce, e di colpo la poesia di Rimini in bassa stagione ridiventa desolazione e voglia di gettarsi nel mare buio. Le immagini mostrano che più dell’autismo, che anche in forma lieve scompiglia la vita, sono a volte convenzioni e divieti familiari ad impedire l’ascolto delle necessità di chi vive una vita non convenzionale.

Ma al sogno si accompagna il tema della felicità, che spesso confligge con i limiti imposti o che ci siamo dati, al punto da scivolare via, lasciando sul terreno vite tutte ugualmente vuote. Quello che invece Damiano Tercon che voleva cantare la lirica, e Margherita, che sognava un futuro da attrice comica, vogliono dirci, nell’interpretazione di Tuci e De Angelis è che a volte le persone arrivano, e le cose accadono, se riusciamo a trovare il giusto spazio.

Nel video della vera semifinale dello show Italia’s Got talent Damiano improvvisa sulle note di Farfallone amoroso, una strofa eretica, cantata platealmente a sua sorella in uno sketch comico di grande impatto, davanti agli attoniti giudici del programma. E quell’equilibrio, complesso ma saldo, tra due mondi, Greta Scarano ha inteso ritrarre, con l’amore, tra le difficoltà e i malumori di ogni famiglia, riuscendo a ridefinire i canoni della narrazione sociale, senza puntare alle lacrime, con il risultato di restituire la dignità e l’individualità che troppo spesso la sfida di una qualsiasi diversità pone alla persona e alla sua famiglia. Memorabili alcuni scambi sulla sessualità, uno dei tabù principali riferiti all’autismo, e importanti anche alcuni scambi sulla morte, sul bullismo, sull’identità, sull’amore.

Matilda De Angelis, e Yuri Tuci, con la complicità della notte di Rimini, tornata quella delle spiagge di provincia e non più quella discotecara di decenni fa, salgono insieme la scala verso il cielo, diventando forse non adulti, ma certo più consapevoli e felici, terremotando famiglia e legami affettivi, e insegnando, con l’esempio della vita concreta, che la sofferenza più grande che ci si possa infliggere da soli è nell’abbandonarsi alla autocommiserazione e alla rinuncia. I sogni, anche i più folli, a volte sono solo davanti agli occhi. La distanza ce la costruiamo noi, con la maledetta paura di volare che ci ingabbia tutti.