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L’ avevamo lasciato a Cannes a godersi applausi e grandi reazioni dal suo decimo e forse ultimo film, C’era Una volta a Hollywood, ed ora Quentin Tarantino conquista Roma insieme a Leonardo Di Caprio e Margot Robbie, in attesa dell’uscita del film, il 18 settembre, con Sony Pictures. In America è uscito il 26 luglio ed ha già ricevuto grandi consensi, come Tarantino non ne vedeva da tempo.
Sarà per la nostalgia, di cui il suo film è intriso, nei confronti di un cinema che non si fa più, e una passione per un modo di concepire una pellicola, un racconto. Quentin Tarantino si conferma un maestro artigiano, un cultore di immagini, musica, dettagli e messa in scena.
Il suo produttore, David Heyman, che ha in curriculum film come la saga di Harry Potter o quella di Animali Fantastici, di lui dice: «Un privilegio, direi che questa è la prima parola che mi viene in mente. Quentin è un maestro dell’arte cinematografica, controlla tutti gli aspetti della produzione e leggere la sceneggiatura è come leggere un romanzo. Ho lavorato con tanti registi che creano attraverso il dolore, lui crea per piacere».
Nel cast, è Leonardo Di Caprio a rompere il ghiaccio, descrivendo il lavoro fatto con Tarantino sul suo personaggio, l’attore in declino Rick Dalton: «Fin dall’inizio, innanzitutto, la sceneggiatura era talmente brillante, intelligente, questo rapporto così stretto tra un attore e il suo stuntman, la cultura hollywoodiana che cambia. Ci siamo chiesti come ritrarre l’anima di un personaggio in pochissimi giorni. Abbiamo dovuto immaginare come portare alla luce la vera natura di quest’uomo con battute, atteggiamenti. Forse questo personaggio è bipolare, angosciato dalla sua propria mortalità, dal fatto che la cultura va avanti senza di lui».
C’era una volta a… Hollywood è ambientato in anni di forti mutamenti per l’America e l’industria cinematografica. Il 1969, più di tutti, è stato un anno di grandi cambiamenti, dallo sbarco sulla Luna all’efferato assassinio, il 9 agosto, dell’attrice Sharon Tate, all’epoca moglie incinta dell’oggi controverso regista Roman Polanski, brutalmente uccisa dai seguaci di Charles Manson. Ad impersonarla, nel film di Tarantino, Margot Robbie, in una delle sue più silenziose e malinconiche interpretazioni. L’attrice parla di quegli anni e l’effetto di quel cinema su di lei: «Sotto certi aspetti sono felicissima di lavorare adesso, in questo momento storico, come donna. Vedere adesso dei film degli anni ‘ 60 e ‘ 70 però mi appassiona moltissimo, perché tra il 1965 e il 69 Hollywood è molto cambiata».
Mentre Margot Robbie e Leonardo Di Caprio non erano ancora nati in quegli anni, un giovanissimo bambino Tarantino era già un appassionato e ricorda: «Molte delle cose di cui parliamo in questo film le ho viste, nel 69 e nel 70, i film all’epoca restavano nella stessa sala o al cinema anche per un anno. Ricordo di aver visto quel film con Sharon Tate, The Wrecking Crew, e tutti impazzirono per lei.
Questa ispirazione mi ha fatto scrivere parte di quello che ha recitato Margot». Ride sonoramente per qualche minuto, poi, Tarantino, al sentire la traduzione che in Italia abbiamo dato al film citato con la Tate e che viene anche mostrato nel film - Missione compiuta stop. Bacioni Matt Helm - mentre Margot Robbie, su quella scena del cinema, aggiunge: «Il giorno in cui abbiamo girato quella scena, Quentin mi ha raccontato di quando è entrato al cinema per vedere un suo film. È stato questo lo spunto, ci sono i ricordi del regista che ha scritto nella sceneggiatura una storia che mi ha presa, la musica che si sentiva alla radio, la strada che vedevamo. Ha ricreato un mondo senza tecnologia o post produzione. Mi ha fatto sentire di essere a Hollywood in quel periodo».
Se Margot Robbie si è servita dei ricordi del suo regista per entrare dentro la storia, Leonardo Di Caprio si è messo a studiare: «Ho consultato Google su ciò che è accaduto nel 69, i film usciti in quell’anno, un anno di svolta nel cinema americano e nella storia americana. Alcuni registi furono capaci di influenzare la cultura», commenta il premio Oscar.
Conoscendo Tarantino, in un film cinefilo e nostalgico come C’era una volta a... Hollywood, non potevano mancare riferimenti e citazioni a quel cinema italiano da lui tanto amato da sempre: i B- movie, gli spaghetti western, la commedia sexy, i poliziotteschi. Ancora una volta Tarantino spiega il suo amore per quel particolare cinema di casa nostra: «Sono un fan dei film di genere, e sono appassionato dei cosiddetti B- movie, ho sempre amato il modo in cui gli italiani hanno sviluppato il tema del western e della commedia sexy. Hanno preso i western, per esempio, e li hanno reinventati per farne una cosa nuova per un pubblico nuovo. Il primo libro che ho letto su questo è stato Spaghetti western, l’opera lirica della violenza, che è ciò che ho cercato di fare fino adesso».
Rispettando la nostalgia del film, visto in anteprima rigorosamente nel caro vecchio 35mm, non resta che tirare le somme su cosa, di quella Hollywood, ci manca oggi. Risponde Tarantino: «Ai vecchi tempi ma anche negli anni ‘ 90 o ‘ 00 la gente si impegnava a ricreare dei set, non si creavano dopo in post- produzione. Adesso neanche le grosse produzioni costruiscono più i set e credo che abbiamo perso un patrimonio enorme per quanto riguarda le immagini, l’artigianato la capacità di fare, la manualità». Con autoironia poi il regista di Pulp Fiction conclude: «Non voglio fare il vecchio rincoglionito che preferisce le cose come stavano prima però c’erano artigiani, persone capaci di catturare immagini belle veramente, senza il digitale. Non so se il cinema può cambiare la storia ma può esercitare un’influenza».
In attesa di un viaggio amarcord all’interno di una Hollywood che non esiste più, dal 18 settembre in poi, bisogna solo sperare che C’era una volta a... Hollywood non sia veramente l’ultimo film di un grande regista del cinema contemporaneo mondiale, poiché per il mondo della settima arte sarebbe una perdita insopportabile.