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“Vendetta, redenzione, riscatto, amore. Una volta usciti ognuno di loro dovrà fare i conti con il mondo che è cambiato mentre erano dentro”, così recita la trama di Il Permesso - 48 ore fuori, il secondo film di Claudio Amendola da regista, in uscita oggi. 48 ore di permesso per quattro personaggi le cui storie si intrecciano, quattro persone uscite dal carcere per soli due giorni, costrette a riaprire ferite o semplicemente a confrontarsi con una realtà che forse non li appartiene più. Per questa sua nuova opera, il regista romano decide di esserne anche protagonista e di farsi affiancare da Luca Argentero e due giovani ed eccellenti attori, Giacomo Ferrara e Valentina Bellè. Bastano pochi minuti all’interno di Il Permesso per capire che Claudio Amendola è tornato nel suo ambiente naturale, quello familiare del noir, del lato oscuro dell’Italia, quello che conosce da trent’anni e che sa maneggiare con attenzione. Il suo primo film, La Mossa del Pinguino, si era distinto come un buon debutto, una commedia delicata e ben bilanciata, complice un cast eccellente ( Edoardo Leo in primis) e dei sottotesti su cui riflettere, ma ci aveva privato dell’Amendola “dark” che ritroviamo invece in Il Permesso.
Come riuscire a raccontare con efficacia i sentimenti che dominano il “fuori”, la realtà che c’è dopo il carcere, l’uscita dalla struttura che do- vrebbe redimere? Amendola lo fa grazie all’intreccio di quattro storie ed un montaggio che conferisce al film tensione continua e voglia di riscatto.
«Era la storia di quattro esseri umani che escono dal carcere ed hanno un certo periodo di tempo per riprendere per i capelli la vita o per perdersi» afferma Giancarlo De Cataldo, uno degli sceneggiatori insieme con Roberto Jannone. Giacomo Ferrara e Valentina Bellè interpretano Angelo e Rossana, due poco più che ventenni, lui l’unico arrestato dopo una rapina con amici, lei rampolla dell’alta società finita in prigione per spaccio di cocaina. Donato, interpretato da Luca Argentero, un uomo desideroso di vendetta, è in cerca della moglie Irina, costretta a prostituirsi proprio dagli uomini dello stesso giro di criminalità di cui l’uomo faceva parte. E poi c’è Luigi ( Claudio Amendola), già da 17 anni in carcere, che in quelle 48 ore deve provare a realizzare l’impossibile: salvare suo figlio venticinquenne dal seguire le sue orme, il suo stesso destino, quello del crimine, dei falsi valori, dell’orgoglio per ragioni sbagliate. «Il film nasce su quattro storie vere che De Cataldo ha avuto la fortuna, la sfortuna o l’onere di vivere in prima persona quando era giudice di sorveglianza a Civitavecchia. Sono un po’ romanzate ovviamente, ma sono storie che si intrecciano» racconta Amendola e aggiunge «mi piaceva che non fosse un film sulla condizione carceraria ma sul fuori, su quello che queste quattro persone sono costrette a fare o scelgono di fare in queste 48 ore che danno un timing, una scadenza al film».
In un noir potrebbe risultare strano o quasi dissonante parlare d’amore eppure è questo sentimento, nelle sue ambigue, violente o distorte coniugazioni il motore di Il Permesso e delle azioni dei suoi protagonisti. Lo conferma lo sceneggiatore Roberto Jannone: «Del soggetto di Giancarlo mi ha appassionato che fossero quattro storie d’amore. Sotto la violenza di certi momenti duri e aspri, i protagonisti sono quattro persone che amano o che scoprono l’amore. Claudio ama suo figlio e per lui agisce, i due ragazzi si innamorano e quindi in quello c’è un riscatto, Luca Argentero agisce per amore di sua moglie. È un modo violento e distorto del film di esprimere questi sentimenti ma profondamente autentico».
E se il personaggio che Claudio Amendola ha scelto di interpretare è tanto nelle sue corde quanto il genere di film che ha scelto di dirigere, non si può dire lo stesso per Luca Argentero, spesso abituato a lavorare con le parole, la dialettica e meno con il corpo e lo sguardo che qui invece sono gli strumenti principali con cui Donato comunica con lo spettatore e con il mondo circostante. Un personaggio scuro e oscuro, che sul suo corpo forte e scolpito ha fondato se stesso. «Questo tipo di condizione fisica del mio personaggio - dice Argentero - è stata una richiesta di Claudio specifica».
In Il Permesso, Amendola sceglie di raccontare con consapevolezza e senza rimuginarci troppo, la difficoltà del redimersi, del riscatto che quasi sempre non si ottiene ma soprattutto di ferite che spesso non vogliamo riaprire ma dentro cui si è costretti a scavare. Lascia delle porte aperte ai due ragazzi ed ai più giovani di questa storia e spera siano capaci di trovare una strada migliore. Ai “più maturi” rimangono delle scelte più estreme, combattere o arrendersi ai fantasmi del passato da cui non ci si può liberare.