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“A chi serve e cosa è una buona informazione?” Questa la domanda secca dell’editore Giuseppe Laterza nel presentare il tema del dialogo “Indifferentemente? L’informazione e Napoli” promosso da Laterzagorà e a Voce Alta, che si è tenuto nello spazio libreria del Teatro Bellini di Napoli. Al dibattito hanno partecipato il filosofo Biagio De Giovanni, l’imprenditore Michele Pontecorvo, il direttore de il Corriere del Mezzogiorno, Enzo d’Errico, il caporedattore de la Repubblica, Ottavio Ragone, e Pietro Sorrentino in veste di coordinatore. “Un dialogo per indagare il rapporto che sta instaurandosi – scrivono i promotori - in quest’epoca sempre più dominata dai social, tra l’informazione e la classe dirigente”. Laterza ha messo sul piatto diverse problematiche, come quella sul rapporto tra proprietà editoriale e finalità d’impresa, ma anche il tema del web e della proprietà intellettuale che riconosce il diritto d’autore a chi scrive sui siti. Questo è un confronto che va aldilà di Napoli – sottolinea Laterza – vogliamo che questo spazio libreria diventi il luogo del confronto. In questo scenario politico è fondamentale il ruolo delle idee”. E' stata l'occasione per cercare di capire quanto gli imprenditori e i professionisti di ogni settore abbiano realmente a cuore una informazione che consenta a chi opera di sentirsi stimolato e controllato, a seconda del caso, nelle sue iniziative. A partire innanzitutto da una classe dirigente che è consapevole del suo ruolo e delle sue responsabilità. “E’ così intensa e profonda la svolta – ha detto Biagio De Giovanni - il cambio di scenario cui stiamo assistendo; l’opposizione politica viene presa di sorpresa in un momento così radicale. Occorrono luoghi di aggregazione e di confronto, linguaggi differenti, per cercare di capire i cambiamenti in Italia e nel mondo. Le riflessioni devono contribuire a formare di nuovo una opinione pubblica – ha aggiunto De Giovanni - entrata in crisi negli anni, che è decisiva per la società moderna”. Ma in sostanza cosa sta succedendo? “C’è una preponderante autoreferenzialità della politica, chiusa nel circuito di parole, dette e nel contempo contradette, dove le mediazioni sono in crisi. La rete ha un carattere diretto, in mezzo ci dovrebbero essere le mediazioni che implicano argomentazioni culturali, ma tutto ciò' manca”. A proposito delle responsabilità dell’informazione, De Giovanni ha rilevato che “la responsabilità del giornalismo di fronte al potere è fondamentale, ti consente di farti vivere in mezzo alla società e di portare la mediazione culturale ad un certo livello”. E poi ha aggiunto: “Il dibattito sull’Europa deve essere complesso e competente, il giornalismo italiano deve essere capace molto più di adesso di analisi e di intervento”. Michele Pontecorvo, vicepresidente della Ferrarelle, ha parlato del ruolo di una impresa nella creazione del valore di una comunità e quanto incide la responsabilità sociale di una impresa applicata in tutti i campi. “Resta fondamentale l’etica e la visione di impresa – ha sottolineato Pontecorvo – anche se la tua sede si trasferisce in altri luoghi – la cosa importante è che si resti custodi di certi valori”. Enzo d’Errico, ha detto: “Il trasferimento della sede de il Mattino è una ferita all’industria culturale della città, e se c’è o meno una matrice politica dietro l’allontanamento del direttore Alessandro Barbano non lo so, ma quello che si è visto è che ha interessato poche persone, nessuna voce dei giornalisti si è levata ma neanche delle Istituzioni”. E poi ha detto: “Si è perso il senso di comunità, non c’è più un luogo delle contrapposizioni e delle discussioni dove si misura l’avanzamento culturale, l’idea di comunità si è sgretolata. Siamo in un nuovo mondo con l’ingresso della tecnologia, è una rivoluzione pervasiva, dove la rete è il regno dell’autoreferenzialità, non c’è nessuna discussione offerta alla comunità”. E riguardo la crisi dei giornali e dell’editoria, ha aggiunto: “C’è una regressione delle vendite, i giornali resistono con grande fatica. Ma c’è anche una miopia dell’industria culturale editoriale perché è il giornale che va dal lettore, occorre dunque una politica distributiva dei giornali, le edicole stanno chiudendo. I giovani non hanno nel panorama visivo i giornali”. Quanto al web: “nessun sito si mantiene economicamente da solo, la Rete è un sistema imperialista, assorbe tutta la pubblicità”. Ciro Pellegrino, giornalista di Fanpage.it, ha sottolineato che la sua testata si sostiene con progetti imprenditoriali: “C’è un blocco sociale dei giornalisti che ce l’hanno fatta mentre avremmo bisogno di più giornalisti giovani, di un giornalismo da ripensare e di un nuovo linguaggio da rifondare”. Ottavio Ragone ha rilanciato: “Va colta l’opportunità enorme dei social, l’informazione passa con i nuovi supporti, così Napoli è riuscita a veicolare una immagine della città diversa attraverso i blog stranieri. Ma occorrono più regole, i profitti di internet non devono essere nelle mani di poche persone. La proprietà intellettuale si paga”. Discutere di giornalismo di qualità, fatto bene nel nuovo quadro globale, su questo si concentra la discussione tra i partecipanti: “Siamo nell’anticamera del regime autoritario - continua Ragone – è in corso una battaglia per salvare il giornalismo e il diritto di tutti ma la mediazione dà fastidio, resisterà nella tempesta la propria identità culturale?” La risposta di Ragone: “Stare nell’informazione in questo mare agitato della politica ma collocarsi criticamente rispetto al potere, avere un’autonomia critica rispetto agli urlatori con squilibrio semantico”.