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La rappresentazione filmica del Vicario di Cristo segue le trasformazioni storiche, da Principe della Chiesa ad amico degli Ultimi. Certo, non può un articolo narrare in maniera esaustiva il rapporto tra mondo dell’audiovisivo e Papato, ma può però rappresentare uno spunto per approfondire figure meno raccontate e più remote nel tempo, o magari per apprezzare lo stacco tra narrazione tradizionale e comunicazione crossmediale odierna, secondo una direttrice che dal Concordato e dalla carta stampata fino al dilagare del web traccia una controstoria nella percezione della figura del Capo della Chiesa rispetto al mondo ecclesiale e laico. Una proiezione utile, di conseguenza, per il pubblico costituito da quanti, fedeli e non, debbano confrontarsi con il successore di Pietro.
E se le opere più interessanti sembrano romanzi, film e telefilm costruiti su realtà ucroniche e papi non esistiti, il filone documentaristico e di finzione che ritrae gli ultimi otto pontefici ha un apprezzabile peso specifico, attualizzando in parte, ormai, il racconto di tradizione agiografica della Chiesa. Non tutta la contraddittoria complessità di Pio XI emerge in Papa Achille Ratti, di Emanuela Rizzotto, quando invece il primo sovrano del Vaticano, uomo di sterminata cultura, sembrava deciso ben prima di morire, a contrastare l’ascesa di Hitler nel 1939, in un discorso scritto e fatto distruggere, sembra, dall’uomo destinato a diventarne il successore al soglio petrino.
Sono gli anni che seguono a quelli terribili della Seconda Guerra Mondiale e della Shoah quando il volto del discusso Pio XII appare per la prima volta in video ai fedeli. Oggi la sua storia è materia di un docufilm che ne scandaglia le azioni fatte per salvare gli ebrei ne Lo vuole il papa diretto da Andrea Tramontano. Tra i protagonisti del Novecento, Angelo Roncalli viene raccontato nel 2003 ne Il papa buono di Ricky Tognazzi mostrando umiltà e coraggio innovatore del breve e intenso pontificato di Giovanni XXIII.
Il Papa Montini rifiutato da Toni Servillo e accettato da Fabrizio Gifuni è quello di Paolo VI – Il papa nella tempesta di Fabrizio Costa, che umanizza la figura ruvida ed epocale del papa che si spese per la liberazione di Aldo Moro. Segue il brevissimo pontificato del successore Giovanni Paolo I, riformatore straordinario, morto precocemente in circostanze mai chiarite, nel film tv Papa Luciani Il sorriso di Dio, diretto nel 2006 da Giorgio Capitani e interpretato da Neri Marcorè, nel racconto di un uomo mite e rivoluzionario, affacciatosi alla Storia nell’incredibile 1978 dei tre papi. E se moltissimi sono stati i tentativi di narrare al cinema e in tv la complessa figura di Giovanni Paolo II, vale la pena ricordare Da un paese lontano, capolavoro del 1981 del cineasta polacco Krzysztof Zanussi.
A metà strada tra fatti storici e libero adattamento, si colloca poi I due Papi, diretto da Fernando Meirelles nel 2019. Il film ha saputo narrare la coesistenza di un papa dimissionario con un papa in carica, usando le interpretazioni di Sir Anthony Hopkins e Jonathan Pryce per raccontare conversazioni private, profonda diversità e rispettosa amicizia alla base del rapporto tra Joseph Aloisius Ratzinger e Jorge Mario Bergoglio, partendo da quando l’allora cardinale Bergoglio confessa la volontà di dimettersi, deluso da quanto vede accadere, ed è proprio Benedetto XVI a farlo desistere, maturando però in futuro, le proprie dimissioni da pontefice, nel mezzo del Concistoro del febbraio 2013.
Daniele Luchetti, regista di Chiamatemi Francesco – Il Papa della gente, ha affermato: «Non ho fede e dovrei essere disinteressato, ma quando penso a Papa Francesco c’è una vicinanza inspiegabile, un mistero che mi colpisce». Luchetti ha intervistato la gente d’Argentina attingendo a documenti inediti che hanno rivelato un Bergoglio triste, oppresso dagli anni, dalla parte degli ultimi anche sotto la dittatura, e liberato dall’elezione a papa, consapevole fino all’immedesimazione della sofferenza altrui, perché capace di vivere grandi travagli interiori.
Ecco che quando la realtà della morte costringe al tempo dell’attesa, si scatenano le ucronie filmiche. Capolavoro di pura finzione è l’Habemus Papam, scritto, diretto, interpretato e prodotto da Nanni Moretti, che già nel 2011 ipotizzava l’inadeguatezza umanissima e pasoliniana di un papa eletto, ben prima degli eventi storici che avrebbero portato alla rinuncia del vero Benedetto XVI. Tra il 2016 e il 2020 Paolo Sorrentino ha scandalizzato con due serial innovativi: The Young Pope, con Jude Law, e The New Pope, con John Malkovich. I papi raccontati sono un Pio XIII papa bello, e ultraconservatore; e un Giovanni Paolo III tormentato, oscuro, intervallati da un Francesco II, votato a una Chiesa povera, nel finale ineludibile di un papa sintesi di ogni possibile compromesso, incarnato dal diabolico cardinal Voiello interpretato da Silvio Orlando.
E dunque eccoci a Conclave che, appena rilasciato su piattaforma streaming, fa registrare un +283% di visualizzazioni, grazie al fascino che offre il thriller ucronico di Edward Berger, tratto dal romanzo di Robert Harris, premio Oscar 2024 per la miglior sceneggiatura non originale: sintetizza speranze e timori per il futuro della Chiesa, di quanti, nella immaginaria successione di Innocenzo XIV all’amato Gregorio XVII, intravedano la possibilità di spezzare la segretezza dei veri rituali di maggio, all’atto della scelta del successore di Francesco, nella dialettica eterna tra fede e dubbio, conservazione e progresso, rimpianto per chi è mancato e attesa di chi verrà.