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LA DOCU- SERIE ARIA
Direttamente su RaiPlay dal 29 dicembre sbarca Aria, docu- serie su alcuni italiani, in varie parti d’Italia e del mondo, durante e dopo il lockdown. A supervisionare questo progetto di serie partecipata, un racconto a più voci girato dagli stessi interpreti del documentario, registi non nuovi a questa forma di narrazione: Andrea Porporati, Costanza Quatriglio e Daniele Vicari insieme a Chiara Campara, Francesco Di Nuzzo, Flavia Montini, Pietro Porporati, Greta Scicchitano. Prodotta da Minollo Film la docu- serie si divide in 6 puntate da 25 minuti e i suoi proventi saranno devoluti all’Istituto Nazionale Malattie Infettive Lazzaro Spallanzani.
A raccontarci la genesi del progetto e il suo sviluppo è prima di tutto Andrea Porporati, tra i registi più navigati del piccolo schermo: “Il progetto è nato quando ci siamo ritrovati nel lockdown. Prima abbiamo sofferto ma poi ci siamo detti: ‘ come facciamo a raccontare storie anche in questa situazione? Da lì ci è venuta l’idea- esperimento di cercare persone, italiani, attraverso ogni fonte possibile. Non avevamo neanche idea se avremmo trovato del materiale che avesse senso. La cosa bella è che queste persone ci hanno offerto il loro punto di vista che si è dimostrato un modo di dare al racconto un respiro collettivo, globale che in una sceneggiatura non saremmo riusciti a dare. Ciò che è vero è che questo film lascia una sensazione di provvisorio lieto fine, è successo che alla fine quasi naturalmente le persone nel film hanno vissuto un momento finale di rinascita, termine che potrebbe sembrare retorico ma che indica da una parte una presa di coscienza e di ritorno a godersi il tempo mentre passava, un tempo che prima era congelato e ha ricominciato a scorrere per tutti. Questo credo che sia la più bella sensazione che Aria ci ha dato”.
Daniele Vicari, che fin dal 2007 ha collaudato la formula del film partecipato, si unisce all’entusiasmo dei suoi colleghi e spiega la “missione” in cui si sono imbarcati con questo progetto: “Quando è scattato il lockdown ci siamo detti subito che era quello il momento di prendere in mano il nostro mestiere e restituirgli la parola. Io ho avuto la sensazione fin da subito che gli italiani abbiano reagito con un’energia impressionante. Abbiamo pensato di andare a pescare delle persone che fanno del movimento il senso della propria vita, in Italia e fuori. Abbiamo cercato di restituire ai testimoni lo strumento del racconto audiovisivo: gli italiani che camminano è un'immagine bellissima di costruzione del futuro, non per essere necesariamente ottimisti ma dobbiamo essere capaci di cambiare la nostra esistenza e la nostra vita quotidiana e noi che facciamo il cinema non passeremo alla storia come delle persone che non hanno fatto nulla per raccontare il presente” conclude il regista David Di Donatello per Velocità Massima e per Il documentario Il mio paese del 2007. A dire la sua sul progetto, a completamento dei trio virtuoso di registi impegnati su Aria, Costanza Quatriglio, pluripremiata documentarista: “L’unica cosa che posso aggiungere è che a volte non è scontato nulla, il magma di immagini che abbiamo vissuto e che viviamo a volte passivamente ha bisogno di un'organizzazione del pensiero e questa cosa non è scontata ed è un qualcosa che soltanto l’amore per il linguaggio e la sua scoperta può dare. Nel dialogo perenne tra il privato e il pubblico ci rendiamo conto di come le immagini pubbliche possano essere destinate a essere consumate, e quindi anche rimosse se non vengono pensate in un certo modo. Possono far parte dell'immaginario, penso al Papa in una San Pietro vuota a Pasqua, ma ci deve essere un pensiero. Questo pensiero si può avere nella condivisione di una visione del mondo. Non basta l'immagine in sè perchè siamo totalmente immersi in immagini che sono destinate a colpirci ma anche a svuotarsi di significato se non entrano in un discorso e il discorso lo può fare il cinema”.
Nei 6 episodi in cui è stata divisa Aria, per permettere una fruizione più flessibile e adattabile ai bisogni del pubblico delle piattaforme, facciamo la conoscenza di tanti protagonisti, una famiglia divisa tra Trento e Roma, una volontaria della Croce Rossa, una mamma, papà e figlio bloccati in Brasile e infine un medico, Daniele Sciuto e sua moglie ostetrica che narrano il loro lavoro in Kenya. Su Zoom a raccontare la sua esperienza come regista della sua personale storia di vita durante la pandemia, c’è proprio il dottor Sciuto che rivela anche l’iniziale diffidenza verso il progetto e la gentile richiesta di partecipare, da parte di Pietro Porporati: “quando sono stato contattato a inizio aprile da Pietro Porporati tramite Facebook - dice - eravamo in un momento terribile in Kenya. Si pensava in maniera presuntuosa che il Covid non sarebbe arrivato e stavamo facendo le corse per cercare di organizzare qualcosa per accoglierlo e gestirlo perchè parliamo di un sistema sanitario che ha 50 posti letto con una popolazione di 50 milioni” precisa il dottore. Prosegue poi nel racconto: “prima che mi cercassero ero stato contattato da diversi giornalisti affascinati dal dramma possibile in Africa, perché si diceva che il Covid avrebbe fatto milioni di vittime. Ho avuto quasi la sensazione che si auspicassero il dramma e ho rifiutato l’offerta di Pietro perchè ho pensato fosse l'ennesima spettacolarizzazione di una crisi africana. Ho capito poi che si voleva creare una testimonianza di un evento diverso attraverso il racconto di italiani e io stesso sono rimasto affascinato da questi altri personaggi nel documentario e con questa fiducia ritrovata ho incominciato a fare le riprese. Mi sono innamorato, facendolo, del progetto sociale che questo doc andava a incarnare” dichiara fiero Daniele Sciuto.
Daniele Vicari è già al lavoro ed ha quasi ultimato un progetto di film di finzione, Il giorno e la notte, ambientato durante il lockdown.
Ci lascia con Aria, annunciando l’arrivo del film a breve: “Lo stiamo ultimando, stiamo cercando una distribuzione. Siamo molto contenti di aver fondato una società, la Kon- Tiki Film, che ci permetterà di far vivere i nostri lavori pensati un po’ al limite tra cinema, rete e multimedialità e crediamo molto in questa forma di sviluppo e l’incontro con RaiPlay è una fortuna perché secondo me questo è il futuro della televisione. Ciascuno si fa il suo palinsesto. Lo vedrete presto nel momento in cui avremo la certezza di farlo vivere distributivamente”.