PHOTO
Quando è ad Aquisgrana, la sua città natale, Armin Laschet non manca mai di assecondare le sue due passioni meno nobili: va dal tabaccaio di fiducia per comprarsi i suoi amati sigari Buena Vista e gioca la schedina della Bundesliga, puntando sempre sulle squadre più «equilibrate» allo scopo di ridurre al massimo il rischio. È un dettaglio della sua vita privata che dice molto dei più marcati tratti politici del nuovo presidente della Cdu, appena incoronato al primo congresso interamente digitale dell’Unione Cristiana Democratica, il partito della cancelliera tedesca Angela Merkel. Con 521 voti contro i 466 ottenuti da Friedrich Merz, Laschet - governatore del Nord-Reno Vestfalia, il Land più popoloso della Repubblica federale - va a sostituire Annegret Kramp-Karrenbauer, dimissionaria da quasi un anno, mentre la scelta del candidato alla cancelleria verrà presa in primavera. Moderato, cattolico, «merkeliano», sia pur con qualche distinguo, così lo definiscono. Soprattutto un uomo del "centro", nel senso che in Germania si usa dare a questa parola: il 59enne Laschet è l’uomo del dialogo «anche con chi non si ama» e della «coesione della società» di fronte alle sfide presenti e future, dalla pandemia del coronavirus alla digitalizzazione, dai cambiamenti climatici alle migrazioni. Così almeno ha ribadito con forza nel suo discorso di candidatura al congresso, ed è quel che commentano a caldo i giornali tedeschi. E ancora: lo considerano un fedelissimo della cancelliera. In realtà la descrizione calza solo in parte, anche se certamente Laschet tra i tre sfidanti nella corsa al vertice della Cdu è quello che dà le maggiori garanzie sul fatto che perseguirà la linea merkeliana in quanto a Europa, migranti, ambiente. «No alle divisioni, niente polarizzazioni», ha ripetuto oggi più volte l’uomo eletto a succedere ad Annegret Kramp-Karrenbauer: evidenti frecciate al suo principale antagonista, Friedrich Merz, l’iper-liberista considerato il capofila della corrente più conservatrice della Cdu. «Io non sono l’uomo della messinscena perfetta e non credo negli ’one-man-show: io sono Armin Laschet’», incalza. E c’è da credergli. Di famiglia cattolica, ministro-presidente del Nord-Reno Vestfalia dopo una vittoria che a molti non sembrò scontata (nel 2017 strappò il governo del Land alla socialdemocratica Hannelore Kraft), l’uomo è considerato l’incarnazione perfetta del progressivo spostamento di vaste aree della Germania dalla socialdemocrazia al centrismo merkeliano. Cresciuto in una famiglia cattolica come figlio di un minatore poi diventato insegnante, ha sempre voluto ricordare che i suoi studi di legge e poi le prime esperienze lavorative da giornalista per alcune emittenti televisive bavaresi non erano affatto ovvie per uno come lui: «Mio padre voleva dimostrare a me e ai miei tre fratelli che il lavoro paga e che l’ascesa sociale è possibile». Non sorprendentemente è stato nell’ambiente cattolico che ebbe i suoi primi contatti nella Cdu, ritrovandosi già a 28 anni consigliere nel comune di Aquisgrana, per diventare poi consulente scientifico dell’allora presidente del Bundestag Rita Suessmuth, e, di conseguenza, deputato e poi europarlamentare. Tornato in Nord-Reno Vestfalia, è da annotarsi il fatto che sia stato dal 2005 al 2010 ministro all’Integrazione nel governo del Land: a livello nazionale il primo con questo dicastero. «La molteplicità culturale, etnica e religiosa non deve esser percepita come una minaccia, ma come un’opportunità e una sfida», ebbe a dire nel 2009 Laschet, attirandosi le critiche delle fasce più conservatrici della Cdu. Ci tiene, il nuovo leader dei cristiano-democratici, a mostrare che il suo percorso nel mondo cattolico non è stato un accidente: da ragazzino è stato chierichetto, non ha mancato ad assumere ruoli di rilievo in parrocchia, sua moglie Susanne - sposata a 24 anni, i due hanno tre figli - l’ha conosciuta nel coro ecclesiastico. La benedizione da Papa Francesco l’ha avuta in un’udienza privata, nella quale ha colto l’occasione di invitare Bergoglio in Germania: «Il Papa ci spinge tutti quanti ad essere pronti al compromesso, in nome di soluzioni globali», ama ripetere. Dal punto di vista della linea politica, se da governatore i suoi tormentoni sono sempre stati la sicurezza interna e l’istruzione, oggi vengono molto criticate - soprattutto dai Verdi, da molti accreditati come futuri alleati di governo della Cdu - le sue posizioni contrarie all’uscita del carbone, poi modificate sotto l’inevitabile spinta merkeliana. Più limpida e netta - in questo perfettamente in linea con il credo della cancelliera - la sua opposizione a qualsiasi forma di collaborazione con l’Afd, il partito dell’ultradestra, mentre il dialogo con i Verdi è ancora tutto da costruire. La spaccatura della società, ha insistito anche al congresso, «è un veleno» alla quale la Cdu si deve contrapporre con la forza del dialogo e della coesione. C’è chi pensa che la sua debolezza (ossia il fatto di non essere proprio il prototipo del leader carismatico) in realtà sia la sua maggiore qualità: e se le chances di una sua vittoria in questi mesi di infinita campagna (il congresso è stato più volte rinviato a causa della pandemia) sono apparse a dir poco altalenanti, è vero che alle spalle Laschet ha due chiare vittorie elettorali nel suo Land e l’appoggio di buona parte dell’establishment del partito nazionale, non a caso cementato dalla sua alleanza in ticket con il ministro alla Sanità Jens Spahn, giovane e soprattutto popolarissimo. Uno dei punti dolenti negli ultimi mesi sono state invece le critiche per come ha gestito la pandemia, che all’inizio aveva colpito soprattutto la sua regione: troppo timido in quanto lockdown e misure dure, e troppo zelante nel cercare le riaperture. Tanto da scatenare l’ira di Frau Merkel, che quando parlò con durezza delle «discussioni orgiastiche sulle riaperture» intendeva chiaramente anche Laschet. Poi il governatore ha avuto modo di cambiare linea, sposando la stessa linea dura del suo collega Markus Soeder, ministro-presidente della Baviera. Com’è come non è, negli ambienti più vicini alla cancelliera molti stanno emettendo sospiri di sollievo con la vittoria di Laschet sull’iper-liberista Merz. Una spaccatura della Cdu, che in diversi hanno paventato, parrebbe scongiurata. «Le attitudini caratteriali del nuovo capo sono adatte a quest’epoca di tempesta», confessa uno dei delegati. Il perchè è presto detto: lo chiamano sovente «zio Armin», per il suo aspetto bonario, ma a Berlino molti assicurano che oltre alle apparenze si nasconda una scorza ben più dura. E ce ne vuole, per arrivare alle fatidiche elezioni del 26 settembre e per gestire il «lungo addio» di Frau Merkel dalla cancelleria.