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La serie tv sul delitto di Avetrana non s’ha da fare. Dopo le polemiche si passa direttamente alle carte bollate, con l’ultimo atto scritto dal Tribunale di Taranto: la messa in onda della fiction in programma dal 25 ottobre su Disney+ per ora è sospesa.
Una decisione (quasi) senza precedenti per una vicenda (quasi) senza precedenti, che pone come arbitro il giudice. Il quale, per ora, ha accolto le ragioni del Comune pugliese, che aveva chiesto di modificare il titolo della serie (Avetrana - Qui non è Hollywood) e di bloccarla in attesa di una visione “preventiva”.
La prossima udienza si terrà il 5 novembre. Intanto il sindaco Antonio Iazzi vuole «appurare se l’associazione del nome della cittadina all’adattamento cinematografico susciti una portata diffamatoria rappresentandola quale comunità ignorante, retrograda, omertosa, eventualmente dedita alla commissione di crimini efferati di tale portata, contrariamente alla realtà».
Le contestazioni riportate nel ricorso cautelare d’urgenza presentato dai tre avvocati del Comune, Fabio Saponaro, Stefano Bardaro e Luca Bardaro, riguarderebbero quindi i «dubbi e le perplessità» della comunità locale, la quale – sottolinea il primo cittadino - ha da sempre cercato di allontanare «da sé i tanti pregiudizi dettati dall’omicidio» di Sarah Scazzi, una ragazzina di 15 anni la cui morte fu annunciata dopo 42 giorni di ricerche estenuanti in diretta tv. Una pagina di cronaca nera che da quell’agosto del 2010 sconvolse l’opinione pubblica nazionale e soprattutto la città in provincia di Taranto, finita nel buco nero della giustizia spettacolo insieme ai protagonisti del caso.
Lo stesso Comune si era costituito parte civile nel procedimento a carico di Michele Misseri, zio di Sara, conclusosi definitivamente in Cassazione con la condanna degli imputati al risarcimento del danno all’immagine in favore dell’Ente. «La messa in onda del prodotto cinematografico rischia invece di determinare, prescindendo anche dal contenuto che al momento si ignora, un ulteriore attentato ai diritti della personalità dell’Ente comunale accentuando il pregiudizio che il titolo già lascia presagire nel catapultare l’attenzione dell’utente sul territorio più che sul caso di cronaca», spiega il Comune. Il quale fonda i propri “sospetti” su una recensione pubblicata sul sito Cinematografo.it, che rimanderebbe «all’idea di “un’Italia oscura e spaventosa abitata da mostri della porta accanto. Una porta verso gli inferi dai quali non si fa ritorno”».
Parliamo di un paese, Avetrana, “militarizzato” dalle telecamere e relegato nell’immaginario collettivo al racconto del crimine, con un’intera comunità che si è ritrovata sotto indagine. Tutti avevano un’opinione, ad Avetrana, e tutti avevano un’opinione su Avetrana. In una vicenda in cui ogni protagonista ha la sua verità. Proprio loro, i componenti della famiglia Misseri-Scazzi, rappresentano i quattro punti di vista attraverso i quali si sviluppa la serie tv di Pippo Mezzapesa prodotta da Groenlandia. Quattro episodi per quattro personaggi: Sarah, la cugina Sabrina Misseri, lo zio Michele Misseri e sua moglie Cosima. «Il rischio era quello di approcciarsi in un modo morboso e voyeristico alla storia, invece ho voluto andare oltre i personaggi che si sono creati per esplorarne le fragilità. Il pericolo era quello di avere un coinvolgimento emotivo troppo forte che minasse la libertà di noi narratori, ma abbiamo raccontato dei fatti emersi dalle tre sentenze e ci siamo limitati a quello, senza in alcun modo spalancare o aprire altre strade. Non siamo giudici, avvocati, né giornalisti di inchiesta», puntualizza il regista. Il cui intento ora rischia di finire seppellito nei lenti ingranaggi nella giustizia italiana.