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«La brevità è l’anima dell’ingegno», scriveva Shakespeare nell’Amleto. Ma quand’è che la sinteticità supera l’equivoco dell’aridità, per diventare un valore? La (possibile) risposta è anche il cuore, la sfida che ha animato il torneo letterario “7 parole per un racconto”, un progetto ideato da Claudio Calzana e realizzato con il sostegno della Fondazione dell’avvocatura italiana (Fai).
Giunto alla seconda edizione, quest’anno il torneo si è svolto nella cornice della “Rassegna della Microeditoria” di Chiari, che ha avuto luogo nella cittadina bresciana dall’11 al 13 novembre 2022. Lo scorso sabato si è tenuta la cerimonia di premiazione dei migliori racconti, selezionati dalla giuria tra gli oltre 700 testi in concorso. Oltre 200 i partecipanti, più del doppio della passata edizione, e 5 le categorie, per un totale di 7 premi: miglior racconto; miglior Silloge (una raccolta di sette racconti intesa come espressione di un tema comune); miglior racconto under 25; miglior racconto inviato dall’estero, e il premio speciale Fai, dedicato ai temi della giustizia, dei diritti e del mondo carcerario.
Ad aggiudicarsi il podio per il miglior racconto sono stati Roberto Fontana, Maria Cristina Bastillo, e Domenico Tomassetti (primo, secondo e terzo classificato). Mentre Enrica Recalcati ha conquistato il premio Fai con il suo racconto dedicato alle donne iraniane («Senza velo svelo il desiderio di libertà»). Per meglio comprendere la posta in gioco basta leggere alcuni dei racconti premiati, illustrati dalla pittrice Annamaria Gallo, che ne ha fatto dei libricini pregiati. La sfida consisteva nel confezionare una storia impiegando soltanto sette parole, non una di più. Pochi e semplici gli ingredienti, come nelle migliori ricette: la sorpresa e il mistero. Cioè gli elementi che rendono tale un racconto.
«Il romanzo procede per aggregazioni successive, il racconto apparentemente ha la stessa intenzione, ma alla fine scarta di lato e sorprende con un finale inatteso ma non per questo meno vero. È l’irruzione del Mistero, come diceva Flannery O’Connor», spiega Calzana. Che oggi si dice «sorpreso» per il successo ottenuto dal torneo dopo “l’azzardo” della prima edizione. Lo spunto arriva allo scrittore guatemalteco Augusto Monterroso, citato anche da Umberto Eco e da Italo Calvino nelle “Lezioni Americane”. Nella versione originale, un racconto di Monterroso conta per l’appunto 7 parole, 8 in traduzione: «Cuando despertò, el dinosaurio todavìa estaba allì/ quando si svegliò, il dinosauro era ancora lì». Ecco il “miracolo”, la capacità di veicolare una storia attraverso una frase stringata. Con la brevità che assume un significato ancora più ampio.
«Ciò che ho notato - racconta Calzana - è che quando si scrive in breve, quando si va al nocciolo della questione, il nocciolo siamo noi stessi: non scrivi quello che sai, ma quello che sei». Ma la brevità diventa un valore anche, e soprattutto, per gli avvocati, chiamati ogni giorno a misurarsi con la stesura degli atti. Lo spiega bene Francesca Sorbi, vicepresidente della Fai, che ha deciso di sostenere il progetto cogliendo nell’iniziativa una sfida per il mondo legale. «Il tema della sinteticità è dilaniante per noi avvocati - spiega Sorbi -. Il concetto di autosufficienza, all’interno degli atti sottoposti al giudice, viene spesso interpretata come necessità di riempire fiumi di pagine. La sinteticità diventa sinonimo di aridità. Mentre questo torneo gli conferisce una valenza positiva: non si tratta di confezionare uno slogan, ma una storia. Con sole 7 parole».