Da diverse ora circola la notizia, clamorosa, della resa incondizionata di Volodymyr Zelensky: il presidente ucraino sarebbe ormai a un passo dal ritirare le sue truppe, pronto a mollare la Crimea e il Donbass alla Russia dell’invasore Vladimir Putin.

Peccato che questa notizia clamorosa sia vera solo per i media italiani perché, a scorgere le principali testate straniere, dalla Bbc alla Cnn, da Le Monde alla Faz, non c’è traccia di tutto ciò. I più apodittici sono la Verità e il Fatto quotidiano, spesso su fronti politicamente opposti, ma stavolta entrambi compiaciuti nel sottolineare l’imminente sconfitta ucraina, ma anche la più sobria Repubblica parla di una «svolta strategica» da parte di Kiev e persino l’Ansa parla di resa, seppur tra virgolette.

Come è possibile? Tutto parte da una frase estrapolata all’interno della lunga intervista che Zelensky ha rilasciato al quotidiano francese Le Parisen, un colloquio in cui non appare affatto remissivo, ribadendo, al contrario la necessità di «rimettere Putin al suo posto», concetto che peraltro dà il titolo all’intera intervista.

Ecco la frase “incriminata”: «Donbass e Crimea oggi sono de facto controllati dai russi e noi non abbiamo la forza di riconquistarli, possiamo solo contare sulla pressione diplomatica della comunità internazionale». Leggendo queste righe si può legittimamente pensare che il presidente ucraino si stia per arrendere su tutta la linea, un po’ come fece Vercingetorige che si inginocchiò, fiero ma sconfitto, davanti Giulio Cesare dopo la battaglia di Alesia. Ma la frase di Zelensky ne segue un’altra che dice tutt’altro: «Noi non possiamo rinunciare ai nostri territori. Non possiamo farlo perché è la stessa Costituzione ucraina che ce lo impedisce». E poi, qualche riga più avanti: «Il Paese combatte da tempo per la propria sovranità. Poco importa il numero di presidenti o di primi ministri che vorrebbero decretare da subito la fine della guerra, noi semplicemente non cederemo, noi non abbandoneremo la nostra indipendenza».

Per Zelensky il pericolo maggiore in questa fase sta nel «congelare la guerra e mettersi d’accordo la Russia» perché questo approccio «inciterebbe altri dittatori a fare lo stesso nell’impunità totale e offrirebbe a Putin la possibilità di ritornare in Cecenia, in Georgia, in Moldavia». La diversità dell’Ucraina consiste dunque nel rifiutare di cedere alla prepotenza del Cremlino e di reagire: «Per la prima volta in quasi trent’anni di potere c’è un Paese che resiste a Vladimir Putin». Ma è anche e soprattutto una questione esistenziale per la sua nazione e per il suo popolo: «Se non lo fermiamo continuerà a distruggerci perché per lui l’Ucraina non esiste».

Quando Zelensky afferma di non avere la capacità militare per riprendersi i territori occupati dalle forze russe, sta solamente fotografando un rapporto di forza, ma mai ha lasciato intendere che alzerà bandiera bianca per venire incontro agli invasori, responsabili di crimini di guerra, del bombardamento delle città, delle stragi dei civili: «Useremo la diplomazia perché la guerra finisca il più presto possibile, ma noi non perdoniamo Putin perché rispettiamo il diritto internazionale, non si può legittimare l’occupazione. Chi è colpevole deve rispondere dei suoi atti perché non esiste vittoria senza giustizia».

Ancora ieri in una conferenza stampa al termini del vertice Ue a cui ha partecipato, Zelensky ha incalzato gli alleati europei e gli Stati Uniti (in attesa dell’insediamento di Donald Trump alla Casa Bianca) a esercitare maggiori pressioni su Mosca esponendo le sue condizioni per far cedere il Cremlino: adesione di Kiev alla Nato e all’Unione europea, nuove forniture militari per il suo esercito che ha bisogno dei moderni sistemi di difesa aerea, inasprimento delle sanzioni economiche e utilizzo dei beni sequestrati ai russi per la ricostruzione delle infrastrutture civili in Ucraina come scuole, ospedali, e strade.

Condizioni che mai e poi mai il Cremlino vorrà accettare. Anche perché attualmente Putin non ha alcuna intenzione di negoziare alcunché con il suo avversario: «Siamo pronti a trattare ma con delle autorità ucraine legittime solo se a Kiev ci saranno delle elezioni».