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Associated Press/LaPresse
La sua foto, scattata mentre si faceva un selfie con l’allora cancelliera Angela Merkel, aveva fatto il giro del mondo: Anas Modamani, arrivato in Germania dalla Siria nel 2015 con l’ondata di rifugiati accolti quell’anno nel paese, aveva avvicinato la cancelliera durante una sua visita nel centro di prima accoglienza di Berlino-Spandau e con lei aveva voluto immortalarsi in un selfie.
Oggi, il 27enne spiega alla Bild perché non vuole tornare nella sua città dopo la caduta del dittatore Bashar al-Assad, spiega le sue paure e le preoccupazioni per la sua famiglia che ancora vive nel paese devastato dalla guerra. Dal 2015, Modamani ha cercato, senza riuscirci, di portare i suoi genitori in Germania. Ora teme che quanto accaduto possa rendere tutto ancora più difficile. «Da quando sono arrivato mi sono rivolto a diversi centri di consulenza. Ma la riunificazione familiare comportava sempre spese molto alte. E il fatto di avere più di 18 anni complicava le cose».
Ora, le cose sembrano ancora più complicate. A seguito della destituzione di Assad, diversi Paesi europei come Austria, Belgio, Croazia, Danimarca, Francia, Germania, Grecia, Italia, Norvegia, Svezia e Regno Unito hanno annunciato che avrebbero rivisto le loro prassi in materia di asilo alla luce di questi sviluppi, principalmente considerando o attuando una sospensione delle domande di asilo in corso presentate da persone di nazionalità siriana. «La Germania non vuole più rifugiati, anche se c’è ancora la guerra in Siria. Non vedo la mia famiglia da molto tempo, sarei felice se potessero presentare una domanda di asilo». Il suo desiderio, offrire ai genitori la possibilità di una vita migliore e più sicura: «La mia famiglia di recente ha dovuto dormire in cantina e nel corridoio a causa dei raid aerei su Damasco. È ancora pericoloso. Il paese è distrutto, non ci sono più soldi, a lungo termine non è un paese in cui vivere».
Il 27enne non pensa dunque di rientrare: la sua vita ora è in Germania, dove lavora come cameraman freelance, ha studiato comunicazione aziendale, è fidanzato con una ragazza ucraina con cui vive. Ha la cittadinanza da due anni e non teme di dover rientrare. «Perché dovrei tornare avendo tutto qui», si chiede. «In Siria, non ho casa, non ho lavoro, non ho amici. Volerò in Siria solo per le vacanze e per vedere la famiglia, probabilmente l’anno prossimo, quando l’aeroporto tornerà operativo».