PHOTO
Mentre spunta fuori la proposta della ministra dell’Interno Luciana Lamorgese che propone l’arresto immediato con custodia cautelare in carcere anche per chi spaccia piccole quantità di sostanze stupefacenti, alla Commissione Giustizia sono in esame – con tanto di audizioni - le proposte di legge in materia di produzione, traffico e detenzione illeciti di sostanze stupefacenti o psicotrope nei casi di lieve entità. Martedì scorso ci sono state le prime audizioni ascoltando i rappresentanti della Comunità San Patrignano e dell’Unione Camere penali italiane.
Sono due le proposte di legge in discussione. Una della Lega a firma di Riccardo Molinari, l’altra a firma del deputato Riccardo Magi di + Europa. Le proposte hanno solo in comune il nome di battesimo dei primi firmatari, Riccardo, ma sono agli antipodi.
La proposta della Lega interviene infatti sulle fattispecie di lieve entità rendendo possibile l’arresto in flagranza ( così come di fatto proposto dalla ministra dell’Interno), aumentando i minimi e i massimi edittali ( e quindi rendendo possibile l’applicazione delle misure cautelari) e cancellando la possibilità di riservare un trattamento di favore in caso di reati commessi da persone tossicodipendenti.
La proposta di legge a firma di Riccardo Magi, invece, riporta il trattamento sanzionatorio in un alveo di proporzionalità, in linea con i principi costituzionali, accentua il carattere di autonomia della fattispecie penale relativa ai fatti di lieve entità, e infine differenzia il regime sanzionatorio in funzione della diversa natura della sostanza, al fine di graduare il trattamento punitivo in relazione alla gravità delle condotte. Si prevede inoltre che non è punibile chi coltiva un numero limitato di piante di cannabis finalizzate alla produzione di sostanze stupefacenti a un uso esclusivamente personale.
La dichiarazione di incostituzionalità della “legge Fini- Giovanardi” da parte della Corte costituzionale nel 2014, infatti, non ha risolto ma al contrario ha reso ancora più urgente la revisione del testo unico sulle droghe dell’art. 73 del DPR 309/ 90. Nonostante tutti i dati siano di dominio pubblico, il carcere viene tuttora utilizzato come strumento di lotta alle droghe. Come si legge nell’ultima edizione ( anno 2019) del Libro Bianco promosso da Società della Ragione, Forum Droghe, Antigone, Cgil, Cnca e Associazione Luca Coscioni con l’adesione di molti altri soggetti, nel 2018 il 30% degli ingressi in carcere è stato legato a un unico articolo di legge, il 73 del Testo Unico sulle droghe, che sostanzialmente riguarda la detenzione di sostanze illecite a fini di spaccio. Su 59.655 persone presenti nelle carceri italiane al 31 dicembre 2018, 14.579 erano detenute con la sola imputazione di questo articolo.
Il sovraffollamento carcerario, in sostanza, è frutto di scelte politiche precise. In questo caso, la scelta è quella di criminalizzare i consumatori di sostanze per i quali il piccolo spaccio è conseguente alla condizione di tossicodipendenza. Abbiamo un testo unico sulle droghe risalente a 30 anni fa. Dopo tutto questo tempo l’impianto repressivo e sanzionatorio che lo ispira non ha impedito l’aumento della circolazione di sostanze stupefacenti e continua, di fatto, ad essere il principale veicolo di ingresso nel sistema della giustizia e nelle carceri.