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In Germania da qualche anno c'è un detto: con l'Est non si vincono le elezioni, ma si possono perdere. Mancano pochi giorni al trentennale del 9 novembre 1989, storica scomparsa del Muro, e le immagini di folle pacifiche che assaporavano la libertà in una Europa protesa verso un futuro di unità, benessere e democrazia formano il più duro contrasto con il quadro uscito domenica scorsa dalle elezioni in due Laender dell’Est, Sassonia e Brandeburgo. Gli estremisti di destra di Alternative fuer Deutschland
( AfD) non riusciranno a entrare nei governi locali, ma la loro avanzata pone un serio problema alla democrazia tedesca.
Il test di domenica scorsa mette in luce due gravi criticità nella Bundesrepublik. Primo, persiste un disagio all’Est. Gli ' Ossis' ( così vengono soprannominati i cittadini dell'ex Ddr comunista) rimangono diversi. In questa parte di Germania vivono 15 milioni di persone ( erano 17 nell’ 89). La cura capitalista è stata durissima. Per milioni di esistenze, devastante. Tuttavia, stanno lentamente andando a frutto decenni di massicci investimenti dell'Ovest. E’ un paradosso, ma mentre le due parti del Paese si riavvicinano da un punto di vista macroeconomico ( sia pure con tempi geologici), l’anima dei cittadini dell'Est si allontana. Il nuovo paladino della frustrazione, che un tempo era la Linke ( e prima ancora la Pds), insomma i neocomunisti, adesso è il partito xenofobo AfD. Proprio mentre l'Associazione degli industriali mette in guardia: nell’ex Ddr servono più immigrati per sostenere lo sviluppo. Sono soprattutto i maschi adulti e i lavoratori a votare per l’ultradestra.
La seconda crepa è quella nel sistema politico. La Bundesrepublik ha perso una virtù piccolo- borghese e molto tedesca, ma fondamentale: la prevedibilità. Ciò è divenuto lampante dopo il voto federale del settembre 2017, quando i due pilastri del sistema, la Cdu- Csu e i socialdemocratici ( Spd), vennero entrambi puniti. Le trattative per il governo durarono oltre cinque mesi e alla fine si tornò al punto di partenza: una Grosse Koalition tra le due forze. La AfD xenofoba e populista, con il suo 12,6% alle politiche, è stata una delle cause del terremoto. L'altra, la consunzione dei socialdemocratici, stremati dalle grandi coalizioni. Nei sondaggi vengono superati dai Verdi.
A guardar bene, entrambe queste cause sono riconducibili a un nome: Angela Merkel. La Cancelliera ha governato dal 2005, prevalentemente in grandi coalizioni, con un metodo: il saldo delle perdite. Ha rubato temi alla Spd, svuotandola. Così ha guadagnato voti a sinistra, rinunciando a fette di elettorato conservatore. Il sistema ha retto fino alla crisi dei profughi, quel «possiamo accogliere tutti» da lei pronunciato nel 2015 che ha portato un milione e mezzo di persone in più in Germania. Scelta etica coraggiosa, ma che ha finito per dare energia agli xenofobi. Così è successo quello che non si vedeva dagli anni ' 60: in Parlamento siede un partito a destra di Cdu e Csu. I leader AfD hanno dato spesso prova di rozzezza e pericolosa vicinanza al mondo ideologico neonazista. Per ora sono lontani dalle leve del governo. Ma ormai sono in tutti i parlamenti regionali e la loro esistenza ha spostato a destra l’asse della politica. La frammentazione ( i partiti principali sono sette) fa sì che per governare, in molti Laender, sia necessaria una alleanza a tre, non a due. Neanche le grandi coalizioni bastano più. Da domenica in Sassonia è così. Potrebbe accadere anche a Berlino.
L’autunno del sistema si legge anche nei dati dell’economia tedesca, con un Pil in calo dopo anni di crescita solitaria e impetuosa in una Europa in crisi, una spinta retta dal surplus commerciale, da poche spese in infrastrutture e dai tassi bassissimi dell’euro. Ora la parola recessione non è più una nera fantasia. Merkel, cancelliera sopravvissuta a mille tempeste, lasciata la presidenza della Cdu alla finora debole delfina Annegret Kramp- Karrenbauer, ha detto che non ricoprirà altri incarichi dopo le elezioni del 2021. Ma i socialdemocratici potrebbero fuggire dalla Grosse Koalition ben prima. La Germania che nel 2020 avrà la presidenza dell’Unione Europea non è ben leggibile, né prevedibile.