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«La scrittura è un modo possibile di comprensione non solo di ciò che si è fatto ma anche di quello che si sarebbe voluto fare e di ciò che si vuole fare. La scrittura non è soltanto memoria, non è soltanto un ricordo, non è soltanto ricapitolazione della propria vita ma è anche apertura verso altre vite». Con queste parole lo scrittore Edoardo Albinati, premio Strega 2016, ha introdotto la premiazione, in qualità di presidente della giuria, della prima edizione del premio letterario “Camera con vista” in favore dei detenuti della Casa circondariale di Velletri. L’evento si è tenuto nel teatro del carcere, dedicato ad Enzo Tortora, ed è stato condotto dall’avvocato Sabrina Lucantoni, presidente della Camera penale di Velletri, e ideatrice del progetto: «Con i membri del direttivo abbiamo ritenuto necessario creare un collegamento concreto tra la società civile e la popolazione carceraria. A noi operatori del diritto, a chi rifugge una idea moralizzatrice della giustizia, tocca promuovere queste iniziative culturali. I detenuti ci hanno donato i propri sentimenti, il dolore, il rammarico, la vergogna ma anche la speranza».
E di speranza ha parlato l’esponente radicale Rita Bernardini: «Pannella diceva che non bisogna solo avere speranza ma anche essere speranza. Se tu la incarni ti rendi conto che cambi la realtà intorno a te. Fra questi elaborati c’è questo concetto, alcuni detenuti hanno scritto di volere speranza per se stessi ed esserlo per gli altri. E questo è molto bello perché significa voler costruire qualcosa e dare qualcosa agli altri». Un intervento molto profondo, che ha buttato giù il muro che divide i giusti dagli ingiusti, è stato quello di Maria Antonia Vertaldi, presidente del Tribunale di Sorveglianza di Roma: «Posso dire con certezza, alla fine della mia carriera, che forse i migliori giorni della mia vita sono quelli che ho trascorso all'interno del carcere dove ho avuto modo di capire e principalmente conoscere me stessa, i miei limiti, le mie paure, i miei timori, le mie speranze che sono gli stessi sentimenti di coloro che nel carcere vivono in espiazione di una pena. Noi tutti vorremmo, io voglio e molti come me, che la pena si espiata in condizioni umane, rispettando la dignità».
Per Lia Simonetti, presidente dell’ordine avvocati di Velletri, «ai detenuti, secondo il dettato costituzionale, va data una possibilità concreta di risocializzazione, hanno diritto non soltanto a belle parole ma anche al rispetto sociale, alla possibilità di essere utili, al lavoro e a nuove spinte rigenerative, ad una vita vera futura». L’avvocato Francesco Lodise ha denunciato come «oggi non si tiene la barra dritta sull’articolo 27 della Costituzione, un faro che dobbiamo tenere sempre presente anche nella notte buia di un carcere».
Anche il Dubbio era tra i giurati: «Noi giornalisti siamo abituati a sbattere in prima pagina i mostri, che siano semplicemente indagati o colpevoli. Appena entrano in carcere ci dimentichiamo di loro e decidiamo irresponsabilmente di non raccontare il loro cambiamento». Al termine degli interventi, sulle note del cantautore Stefano Pavan, e con la lettura di alcuni brani del doppiatore Mino Caprio, sono stati premiati i migliori racconti “Talento sprecato”, “La vita in carcer”’, “Cosa mi ha portato qui” – e il miglior disegno. Una casa editrice si è già fatta avanti per pubblicare tutti i racconti ma intanto per chi volesse acquistare le prime copie autoprodotte, i cui proventi andranno ai detenuti vincitori, può scrivere a: s. lucantoni@ gmail. com.