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Il mondo ha tradito la Chiesa, o la Chiesa ha tradito il mondo? Il Papa a Dublino ha detto tutte le cose giuste e politicamente corrette che i giornali si aspettavano dicesse e che hanno poi correttamente riportato. Ha riconosciuto il fallimento della Chiesa. Ha chiesto scusa alle vittime. Ha rafforzato la “tolleranza zero” verso i pedofili e tutti coloro che li coprono.
Se avesse detto solo questo si sarebbe comportato come il dirigente di una multinazionale che gli scandali sessuali hanno messo in difficoltà. La norma è stata trasgredita, ripristiniamo la norma e, per garantirla, comminiamo sanzioni più pesanti ai rei, inventiamo nuove fattispecie di reato per colpire comportamenti anche semplicemente ambigui, stabiliamo più efficaci misure di protezione. È quello che, in una situazione diversa e pure analoga, ha fatto lo show business di Hollywood davanti allo scandalo Weinstein.
Sul fatto che queste misure abbiano successo e riescano a sradicare la mala pianta dell‘ abuso è lecito dubitare, anche se certamente quelle misure sono opportune e necessarie. Il problema, infatti, è l’uomo. È l‘ uomo che è marcio. Ogni qual volta si presume di dividere con nettezza il mondo in due, mettendo da una parte i buoni e dall’altra i cattivi, si scopre che i buoni alla fine sono cattivi anche loro, come ha mostrato di recente il caso di Asia Argento. Quelli, del resto, che oggi sono i cattivi, sia nella Chiesa che nello show business, fino a ieri erano i buoni e, anzi, i più buoni dei buoni.
Cantava una volta il mio amico Claudio Chieffo: “C’è bisogno di qualcuno che ci liberi dal male... “ e proprio questo ha detto il Papa nella parte dei suoi discorsi che la stampa ha echeggiato di meno. Ha pregato Dio di risanare il cuore dell‘ uomo e di liberarlo dal male. Ha ringraziato Dio per il dono della grazia, perché Dio in Gesù Cristo già è venuto e continua a venire a risanare il cuore degli uomini. Ha parlato di peccato e di redenzione. Ha parlato del potere e della tentazione che esso sempre porta con se, la tentazione di considerare l‘ uomo come una cosa da usare per il proprio piacere, oppure come uno strumento da usare per conseguire ancora più potere. Il Papa, infatti, non é il capo di una multinazionale ma il Vicario di Cristo in terra, e per questo può parlare di peccato, di grazia, di perdono e di redenzione come il capo di una multinazionale non potrebbe fare. Fin qui le cose che il Papa ha detto valgono per tutti gli uomini, anche per quelli che lavorano in una multinazionale, anche se quelle parole non sarebbero state bene in bocca al dirigente di una multinazionale. Ognuno di noi porta nel proprio cuore la tentazione del potere ed ognuno di noi contribuisce ogni giorno a costruire una società ed una cultura in cui la preoccupazione del successo e del piacere, la cultura dello sballo, rende ciechi alla dignità ed alla bellezza della persona umana.
C’è poi una terza parte delle cose che il Papa ha detto che vale in modo particolare per chi esercita il potere spirituale, per chi parla in nome di Dio, per i vescovi ed i preti della Chiesa Cattolica. Il Papa ha pronunciato la parola clericalismo, ha condannato il clericalismo ed ha anche spiegato che cosa è il clericalismo. Il clericalismo non è altro che la tentazione del potere mondano che diventa però di molto più orribile quando ad essa cedono coloro che parlano in nome di un Dio che è venuto al mondo non per essere servito ma per servire. Il clericalismo deforma il volto di Cristo e trasforma il sacrificio del Figlio di Dio in uno strumento di potere mondano. Allora diventa possibile mettere a tacere la voce del violentato e dell’offeso e proteggere il colpevole per difendere il prestigio della istituzione. Si pensa infatti che la salvezza venga dalla istituzione e non dalla grazia, dall’ esercizio di un ruolo e non dalla presenza dello Spirito, dall’occultamen-to del proprio peccato piuttosto che dal suo riconoscimento e dalla umile invocazione del perdono. Davanti al popolo il prete si attribuisce allora il ruolo di guida infallibile e Salvatore piuttosto che quello di umile strumento ed intermediario della grazia. Jorge Mario Bergoglio si è sempre definito, invece, come un peccatore. Un peccatore che, nella sua imperscrutabile misericordia, Dio ha scelto per essere strumento della salvezza di molti. Questo ci fa comprendere in modo assai più drammatico lo scandalo dei preti pedofili. Le famiglie consegnano i propri figli alla Chiesa perché essi siano educati ed essi vengono invece violentati. I fanciulli si affidano al prete vedendo in lui l’amico di Gesù è questo si rivela invece un ausiliare di Satana.
Capiamo anche in modo diverso il dramma del prete pedofilo che, prima di arrivare a consumare quell’atto sacrilego, ha vissuto nel tormento la crisi e la morte della sua vocazione umana e cristiana. Dov’erano allora i suoi fratelli nella fede? Dov’erano i suoi confratelli nel presbiterato? Dov’era il suo vescovo? Possibile che nessuno si sia accorto di niente? E se nessuno davvero si è accorto di niente la cosa è, per certi aspetti, ancora più grave. Quanto parlano con i loro preti i vescovi nelle cui diocesi si sono verificati dieci o venti casi di preti pedofili? Qual’è il colloquio paterno che intrattengono con il loro clero? Possibile che non si siano accorti del dramma che vivevano questi uomini? Non è che per caso questi vescovi esercitavano un ruolo invece di vivere una paternità?
Davanti alla apostasia del mondo ( occidentale) T. S. Eliot si domanda, in un testo spesso citato da don Luigi Giussani, se sia stato il mondo a tradire la Chiesa o piuttosto la Chiesa a tradire il mondo. Tutte e due le cose sono vere. Don Giussani diceva che la forma del tradimento della Chiesa è il clericalismo.
Negli ammonimenti del Papa di oggi sembra di sentire l’eco delle sue parole.