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Formalmente si tratta di elezioni locali, ma tutta l’America le aspetta per misurare la febbre da impeachment del trumpismo. Dopo settimane di sondaggi sugli effetti dell’avvio della procedura di alto tradimento per il presidente Donald Trump, oggi arriva il test strategico per capire come si orientano gli americani: due stati storicamente conservatori, Kentucky e Mississippi, votano per eleggere il governatore, mentre in Virginia e New Jersey si rinnovano le assemblee statali. Philadelphia e Houston, poi, eleggono il sindaco. Il 16 novembre, infine, anche la Louisiana eleggerà il governatore.
Per dirla col vice presidente Mike Pence, quello di oggi sarà il primo «referendum su Trump», e il presidente è convinto di vincerlo. In Kentucky e Mississippi il voto dirà se la strategia democratica sull’impeachment abbia creato una crepa nelle certezze del granitico elettorato conservatore della “rust belt”, ma il voto chiave potrebbe essere quello in Virginia. Durante la campagna elettorale, infatti, i temi che più hanno animato il dibattito sono stati il controllo delle armi e l’aborto, i più attuali e divisivi del Paese.
Il 31 maggio lo stato ha vissuto lo shock della strage di massa a Virginia Beach, dove un uomo uccise 12 persone in un edificio pubblico, prima di essere abbattuto dalla polizia. Il governatore democratico Ralph Northam convocò un’assemblea straordinaria per discutere nuove misure sul controllo delle armi, ma i repubblicani, che avevano la maggioranza dell’aula, chiusero la sessione in novanta minuti, bloccando qualsiasi iniziativa. Se i democratici dovessero conquistare la maggioranza, si unirebbero al governatore per avviare un bando sulle armi, prima volta nella storia.
C’è poi il tema dell’aborto: mentre in molti stati, dalla Louisiana all’Alabama, si sono approvate leggi che hanno messo al bando l’interruzione di gravidanza, anche, come in Alabama, in caso di stupro e incesto, legge poi impugnata da un giudice federale, in Virginia si va verso la direzione contraria. I democratici hanno proposto una serie di misure per facilitare il ricorso all’aborto. Quanto il test in Virginia sia importante a livello nazionale, non solo per la prossimità con Washington, lo dimostra la presenza dei big nazionali: domenica è andato a fare un comizio il candidato presidenziale dem Joe Biden, mentre dall’ex presidente Obama è giunto l’endorsement a 17 candidati dem.
Sabato era toccato a Pence. Vincere in Virginia, per il Gop sarebbe un segnale forte: qui, alle presidenziali del 2016, Hillary Clinton aveva battuto Trump. Nel 2017 i repubblicani hanno perso 15 seggi alla Camera statale, nelle elezioni di mid- term del 2018 hanno perso tre seggi al Congresso. I democratici sperano nella terza vittoria, quando tutti i 140 seggi di Camera e Senato statali saranno in gioco. La raccolta delle donazioni, da sempre indicatore della popolarità di un partito, ha visto i democratici raccogliere negli ultimi due anni 34 milioni di dollari, contro i 26 dei repubblicani.
Se venisse indirettamente sconfitto, sarebbe un’altra tegola per Donald Trump, che proprio ieri ha perso anche un nuovo round della battaglia legale contro i magistrati di Manhattan che cercano di ottenere le sue dichiarazioni dei redditi. Un tribunale di appello federale ha stabilito che i documenti dovranno essere consegnati a un grand jury di Manhattan, al quale spetterà eventualmente stabilire se ci sono elementi per un rinvio a giudizio. Tutti e tre i giudici del tribunale di appello hanno respinto le argomentazioni dei legali di Trump, che reclamavano l’immunità per il presidente Usa durante il suo mandato.