PHOTO
In fuga dal Camerun per motivi politici, negli Usa i richiedenti asilo sono vittime di abusi dei servizi d’immigrazione, vengono rimandati nel loro Paese, dove «scompaiono». A lanciare l’allarme sulla tragica sorte dei potenziali rifugiati camerunensi e di altri Paesi africani sono politici, avvocati, e gruppi di difensori dei diritti umani statunitensi. In prima linea in loro difesa c’è il senatore democratico Chris Van Hollen, che si è appellato al Dipartimento di sicurezza interna per chiedere di bloccare le loro espulsioni, soprattutto verso il Camerun, teatro di un conflitto interno tra regioni anglofone, in lotta per la secessione, e il governo centrale dominato dai francofoni. Il senatore dem e diversi attivisti hanno denunciato al Guardian la frettolosa attuazione delle procedure di espulsione dei richiedenti asilo africani nelle ultime settimane del mandato del presidente uscente Donald Trump, in una sorte di rush finale. Inoltre hanno puntato il dito sulla brutalità degli agenti della United States Immigration and Customs Enforcement (Ice), l’agenzia federale statunitense, parte del Dipartimento della Sicurezza Interna degli Stati Uniti, responsabile del controllo della sicurezza delle frontiere e dell’immigrazione. Per giunta, sottolineano, le espulsioni vengono eseguite nonostante l’anno scorso le autorità Usa abbiano avuto conferma che le autorità del Camerun sono responsabili di gravi violazioni dei diritti umani internazionalmente riconosciuti. La maggioranza degli espulsi dagli Usa nel Paese di origine sono attivisti della minoranza anglofona che di ritorno sono costretti a nascondersi - quando sono fortunati - oppure scompaiono, diventando veri e propri "desaparecidos", rischiando di finire vittime di esecuzioni extragiudiziali. Per questo motivo difensori dei diritti umani e legali statunitensi hanno bollato i voli di rimpatrio come «aerei della morte», quella che attende i passeggeri al loro arrivo in patria. Il senatore Van Hollen ha riferito che di 57 camerunensi, saliti lo scorso 13 ottobre su uno di quei voli diretti a Douala, si sono perse in parte le tracce mentre alcuni di loro si nascondono per non finire in prigione e subire altri abusi. Nei giorni scorsi un volo charter decollato da Fort Worth ha riportato in Africa 38 uomini e 10 donne richiedenti asilo, di cui 37 originari del Camerun, 6 angolani e tre congolesi. Per giunta in diversi casi i richiedenti asilo vengono costretti con la forza a firmare il proprio decreto di espulsione per accettazione mentre i tribunali statunitensi stanno ancora esaminando la loro domanda o sono in procinto di valutare un ricorso. Almeno in un caso un richiedente asilo detenuto è stato torturato sotto la doccia con una pistola elettrica Taser, poi trasferito in ospedale per ricevere cure vitali. Le donne, in numero inferiore, vengono spogliate davanti a tutti, i loro piedi vengono bloccati da agenti anti-immigrazione donne per costringerle a firmare la documentazione, oltre a subire violenze e abusi. Gli avvocati esperti di queste procedure hanno confermato che su scala nazionale in media l’80% di quelle presentate da cittadini del Camerun vengono accolte, ma alcuni giudici cumulano record di respingimento, oltre il 90% dei casi esaminati. Alla guida del Camerun da oltre 30 anni c’è l’autocrate 87enne Paul Biya, uno dei più longevi capi di stato del continente africano. Da oltre 3 anni il Sud-Ovest del Paese è teatro di violenti scontri tra separatisti anglofoni e forze governative, in realtà un contenzioso storico che si è riacceso. Due settimane fa ha fatto scalpore l’orrenda uccisione con machete e armi da fuoco di almeno 8 bambini in classe, di età compresa tra 9 e 12 anni, da un comando di criminali che ha attaccato la scuola media bilingue internazionale Mother Francisca nella città di Kumba. I responsabili sarebbero separatisti che indossavano le divise delle forze armate camerunensi, ma ci sono anche sospetti di un possibile coinvolgimento delle forze di sicurezza, che ovviamente hanno respinto ogni accusa. Dal 2016 i secessionisti chiedono il riconoscimento dell’Ambazonia, il nome che gli anglofoni hanno dato alla loro regione, di cui rivendicano l’autonomia dalla maggioranza francofona che fa capo al presidente Biya. Dal 2017 negli scontri con la polizia e negli attacchi, almeno 3 mila persone hanno già perso la vita e oltre 700 mila sono dovute scappare rifugiandosi nella savana, nelle regioni francofone limitrofe e nella confinante Nigeria. «Tacciano le armi e il Paese ritrovi la pace» è stato l’appello lanciato da Papa Francesco dopo l’uccisione di piccoli innocenti.